Mondo

Le spie giocano in doppio

Un confronto sui servizi segreti nelle democrazie

di Maurizio Regosa

Per uno di quei percorsi che non capiamo e che perciò chiamiamo coincidenze, arrivano nelle sale in contemporanea due interessanti pellicole, in qualche misura simmetriche. Affrontano il tema spigoloso del passato: una dal punto di vista della democrazia non ancora realizzata (<i>Le vite degli altri</i>) e l?altra della democrazia raggiunta solo in parte (<i>The Good Sheperd</i>, ovvero ?il buon pastore? chissà perché tradotto da noi con <i>L?ombra del potere</i>, diretto da Robert De Niro, che molto ha imparato da Martin Scorsese).

La Stasi e la Cia. Rispettivamente il servizio segreto della Repubblica democratica tedesca e la più famigerata agenzia di spionaggio e controspionaggio. L?una vista in un inconsapevole fine mandato (siamo nel 1984, meno cinque al crollo del muro), l?altra rappresentata al suo sorgere, quando cioè i cannoni del secondo conflitto mondiale cedevano il posto alle più discrete cimici della guerra fredda. Situazioni storiche differenti ma sostenute da analoghe coperture ideologiche. Il male lo si può fare per la Patria. L?essenziale è la salvaguardia dello status quo. Complici una propaganda a buon mercato e una totale assenza di informazioni. I limiti sono quelli che si stabiliscono da soli, al di là e al di sopra delle leggi. L?individuo è un irrilevante dettaglio. Sono opere molto diverse: Florian Henckel von Donnersmarck – al suo fortunato esordio dietro la macchina da presa e già Oscar come miglior film straniero – sceglie una narrazione rigorosa, essenziale, in qualche momento volutamente asettica. De Niro al contrario opta per un discorso frammentato e sfuggente (specie per la prima parte), ricco di spunti e pronto a debordare. D?altronde sono differenti i modelli: Henckel ha memoria del cinema europeo che ha rappresentato il nazismo, De Niro filtra il racconto per il tramite delle tante famiglie mafiose che ha interpretato.

Vi è però una significativa convergenza. In entrambi i casi il protagonista subisce una trasformazione radicale (nota bene: e per alcuni aspetti anche casuale). Dentro la spirale di trucchi e controtrucchi, fra le mille ambiguità quotidiane, lo spione e il federale si perdono. Il primo (un bravissimo Ulrich Mühe) si farà complice dei cospiratori. Il secondo si lascerà succhiare l?anima (quel che ne resta) passo dopo passo divenendo sempre più simile ai nemici (interessante, in questo senso, il rapporto con il suo omologo sovietico). Ma – questo è l?interrogativo comune – se gli uomini finiscono nel labirinto.


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