Formazione

Le scuole migliori? Si vedono col bilancio sociale

La legge di stabilità decide che dal 2014 le scuole riceveranno fondi in base ai loro risultati. Una proposta indecente? No, a patto che anche le scuole siano coinvolte. E che più che ai test Invalsi si guardi alla rendicontazione sociale

di Sara De Carli

«Nessun tabù. Siamo anzi interessati a costruire un sistema di valutazione delle scuole che ha come obiettivo non quello di dare un premio o una sanzione a una scuola, ma di valutare se un’attività intrapresa è stata efficace o meno. D’altronde l’autonomia scolastica non è qualcosa che ti regalano per decreto, sei tu che devi riempirla di contenuti»: così Marco Bianchi, della Cisl Scuola Lombardia, che questa settimana debutterà su Vita.it con un suo blog sul mondo della scuola, commenta l’articolo 1, comma 149 della legge di stabilità (legge 288/2012), approvata la vigilia di Natale, che a partire dal 2014 distribuirà i soldi del fondo di funzionamento alle scuole (cioè il fondo con cui le scuole pagano cose come telefono, carta, tassa sui rifiuti ma anche tablet e pc, oggi distribuiti secondo parametri come il numero di alunni, di plessi e di personale) in base (anche) alla valutazione dei loro risultati.

Il comma, per l’esattezza, dice così: «A decorrere dal 2014 i risultati conseguiti dalle singole istituzioni sono presi in considerazione ai fini della distribuzione delle risorse per il funzionamento». Per Bianchi si tratta di un passaggio «molto generico, una linea di indirizzo che va riempita di contenuti, e tuttavia – ripeto – non c’è alcun tabù. Non si tratta di sottrarre soldi a qualcuno per premiare altri, ma – determinato il livello minimo di standard – di dare soldi in più e favorire, giustamente, delle linee di lavoro che si sono dimostrate positive».

Quali “risultati”saranno valutati, il testo della legge non lo dice. «Di certo non solo i risultati dei test Invalsi, come ho sentito dire con preoccupazione», precisa Bianchi. Perché se è vero che ad oggi non esiste in Italia un sistema compiuto per la valutazione delle scuole, è altrettanto vero che questo sistema nelle ultime settimane sta prendendo forma, con il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione (CNPI) che a inizio dicembre ha dato parere positivo sul testo dello schema di regolamento (in allegato) sul sistema nazionale di valutazione in materia di istruzione e formazione, cioè «l’elemento da cui partire per ragionare sulle linee di indirizzo e su come riempirle di contenuti».

Proprio il CNPI ha insistito su quella che, per Bianchi, è una condizione importantissima: l’autovalutazione delle scuole. «Le scuole non devono essere semplici oggetti di valutazione, ma soggetti essi stessi, con una partecipazione attiva al sistema. Se no è solo un voto, che non serve a nulla. Perché è ovvio che la valutazione dovrà riflettere le differenze territoriali», prosegue Bianchi. Che non pensa tanto alla distanza geografica tra via della Spiga a Milano e Scampia quanto alla differenza tra Milano centro e Quarto Oggiaro. E allora si torna a quell’autonomia delle scuole e al fatto che «devi essere capace di giocarti dentro un territorio, e per fare questa valutazione allargata al territorio c’è solo uno strumento, il bilancio sociale. Noi lo diciamo da tempo». Adesso lo dice anche lo schema di regolamento sul sistema nazionale di valutazione, che all’articolo 6, comma 1 prevede la «rendicontazione sociale delle istituzioni scolastiche: pubblicazione, diffusione dei risultati raggiunti, attraverso indicatori e dati comparabili, sia in una dimensione di trasparenza sia in una dimensione di condivisione e promozione al miglioramento del servizio con la comunità di appartenenza».

Bianchi poi aggiunge una cosa, che fa davvero impressione. Accanto al fondo di funzionamento, in base alla contrattazione collettiva, le scuole hanno dei soldi da utilizzare per i progetti e le attività che coinvolgono i docenti e richiedono un loro impegno extra. I soldi ammontano a circa un miliardo di euro. «I soldi ci sono, ma talvolta non vengono utilizzati». Un vero spreco. Che solo in Lombardia, nell’anno scolastico 2011/12, ha visto rispedire al mittente, senza venire utilizzati, una cifra vicina ai 15 milioni di euro.


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