L’agenzia con la “a” maiuscola è quella per le Onlus che ha chiuso l’anno con un allegato alla sua rivista Aretè dedicato a un progetto di legge sul terzo settore e ha aperto quello nuovo con un seminario che si terrà il prossimo 28 gennaio a Milano dove verrà presentata una ricerca sulla borsa per le imprese sociali. C’è un filo che le unisce? In apparenza no. E non solo per l’oggetto di interesse, ma anche per questioni di tempestività e di priorità in agenda, come direbbero i policy maker. Onestamente il progetto di legge sul terzo settore sembra fuori tempo massimo. Arriva in un momento in cui la legittimazione “materiale” della base è indebolita (ho anche perso le tracce del libro verde promosso dal Forum del terzo settore) e c’è il rischio che la proposta – qualora venisse discussa e approvata (e ne sarei sorpreso) – metta il cappello giuridico su un movimento frammentato che non si riconosce in questa ennesima etichetta normativa. Un pessimo viatico per la sua efficacia. All’opposto il progetto della borsa sociale mi sembra fin troppo tempestivo rispetto alla realtà attuale dell’imprenditoria sociale italiana. Mi chiedo: ma quante sono le imprese sociali oggi che si potrebbero quotare? O che hanno capacità di investimento tale da accedere a quei capitali? A meno che non ci si aspetti che la nuova arena mercantile contribuisca a creare imprese sociale di nuova specie, peraltro in un paese dove anche le aziende tradizionali sono riluttanti verso i mercati borsistici (non è un merito ma è così). Dunque nessun file rouge? A ben pensare un legame tra le due iniziative esiste. Sono entrambe scorciatoie che tentano di togliersi dalle sabbie mobili di un dibattito che non c’è, né all’inteno né tantomeno all’esterno del settore. Perché scornarsi per far applicare una legge sull’impresa sociale di cui importa poco o nulla? Eppure sarebbe la strada giusta, anche se con diverse curve e strettoie, per definire il terzo settore non solo traslando concettualizzazioni teorico-scientifiche (perché l’origine è tale), ma piuttosto normarne in senso promozionale (come direbbe uno degli inventori di questo stesso concetto) le funzioni concretamente svolte, distinguendo tra advocacy, redistribuzione e produzione di beni e di servizi. Dopodiché si potrà anche andare in borsa.
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