Non profit
Le scarpe sbagliate della sinistra
La fine del governo Prodi, ennesima sconfitta per la sinistra italiana.
Ve li ricordate i lavavetri? Era la scorsa estate e dopo un primo segnale di guerra lanciato dal sindaco di Bologna, Cofferati, era stato il suo collega di Firenze, Dominici, a passare alle vie di fatto: 200 euro di multa e sino a tre mesi di arresto a chi venisse ancora sorpreso ai semafori con secchiello e spugna. Non sappiamo quanti provvedimenti siano stati presi. Con ogni probabilità è finito tutto nel nulla, perché il problema era figlio di un allarmismo sociale che la politica invece che governare aveva pensato bene sciaguratamente di cavalcare. Abbiamo ripreso questo episodio perché, secondo noi, spiega, ben più di ogni esegesi politichese, il patatrack che ha portato alla fine del governo Prodi e all?ennesima sconfitta per la sinistra italiana. Il lavavetri, suo malgrado, ne è diventato l?emblema. A qualche mese di distanza la vicenda prende contorni paradossali. C?era stato un evidente errore di misura, in quanto quel problema era stato ingigantito in maniera parossistica: segno che che era venuta a mancare una capacità di leggere la realtà. E che i meccanismi mediatici avevano preso il sopravvento anche sulla salvaguardia di quei valori di solidarietà sociale che dovrebbero essere il collante culturale di una politica di sinistra. Nella bella intervista a Citto Maselli pubblicata in questo numero, il regista ricorda uno straordinario giudizio di Luigi Pintor: «La terra trema sotto le nostre scarpe ben calzate». In un certo senso la vicenda dei lavavetri rivelava che la sinistra era davvero entrata in quelle ?scarpe? non sue registrandone tutte le fibrillazioni, anche le più insulse. Si può obiettare che l?atteggiamento contrario sarebbe stato ancor più perdente: prendere le difese dei più marginali avrebbe sepolto la sinistra al governo sotto un vero bombardamento moralistico-mediatico. Obiezione corretta, che però parte dal presupposto (questo nient?affatto corretto, anzi molto malsano) che in politica non si possa dire o immaginare nulla di nuovo. Invece sulla supposta emergenza dei lavavetri qualcosa di nuovo si poteva certamente immaginare, magari partendo, prima ancora che dal bisogno, dallo spirito di iniziativa e dall?intraprendenza di cui quelle persone, pur ultramarginali, avevano dato prova.Ma una politica che sia capace di questo ha bisogno di alcune precondizioni. Per esempio non deve arroccarsi nella difesa degli interessi consolidati; cioè non deve essere conservatrice come è accaduto invece alla sinistra di governo, che, come dimostra la questione delle pensioni, ha difeso i diritti di pochi per aprire pesanti incognite sulle generazioni future. In secondo luogo si deve avere la convinzione che la più grande risorsa di una società sono i suoi corpi intermedi. E che quindi la soluzione di tanti problemi passa attraverso le reti che questi sanno costruire, se sono messi nelle condizioni di costruire: le infinite pene del 5 per mille dimostrano che invece la sinistra guardava con sospetto alla libera iniziativa di questi corpi intermedi. Quasi si fidasse di più degli apparati e della cultura statalista che esprimevano. Ma quella era una strada terminale.
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