Formazione

Le ricche banche dei poveri

Nel 2004 i soldi inviati dagli immigrati ai Paesi d’origine hanno superato di quattro volte gli aiuti allo sviluppo.Christian Benna

di Redazione

Profitti superiori al miliardo di dollari e un giro di affari per 3,4 miliardi. È il business stellare e in crescita costante (+14% nel 2004) di Western Union Financial Services, la società americana, dal 1871 leader mondiale nel trasferimento di denaro, che ha in Italia una delle sue roccaforti, con un fatturato stimato attorno ai 200 milioni di euro. Oltre 220mila ?sportelli? sparsi in 195 Paesi spiegano la forza trainante di Western Union, pari al 34% del giro d?affari della casa madre First Data Corporation, gigante dei servizi di pagamento elettronici che recentemente ha messo sotto il suo capello anche il ramo processing di carte di credito di Finecobank (Capitalia). Ma qual è il segreto del successo di Western Union nel Belpaese? Riservatezza, velocità, efficienza del servizio (5minuti per far arrivare il denaro a destinazione), 500 (su oltre 6mila) location gestite da immigrati, ma soprattutto una posizione pressoché dominante nel mercato che consente alte commesse (dal 4 al 14%, a seconda della cifra di denaro che si spedisce) e alti tassi di cambio, fissati tre volte al giorno direttamente da Western Union. La differenza fra il tasso di cambio offerto ai clienti e quello ottenuto da Western Union è trattenuto dalla stessa compagnia (e, in alcuni casi, dalle sue agenzie) in aggiunta ai costi dell?operazione. Tanto per farsi un?idea, spedire 500 euro nelle Filippine (primo Paese per trasferimenti di denaro dall?Italia) può costare 50 euro di sole spese: 35 di commissione più altri 15 euro circa che vengono mangiati dal cambio. La stessa operazione attraverso bonifico bancario costerebbe pressappoco la metà. E l?Italia è una vera e propria miniera d?oro per la compagnia del Colorado tanto da guadagnarsi il secondo posto, dietro gli Stati Uniti, nella classifica mondiale dei migliori mercati di Western Union. Il tutto grazie a una presenza capillare sul territorio, agenti dinamici (Angelo Costa spa, Finint spa, American Express, Omnia Finanziaria, Banco di Sassari), ma anche grazie a un sistema bancario nazionale non altrettanto attento alle opportunità finanziarie legate alle rimesse degli immigrati e al cosiddetto social banking (microcredito, pacchetti di servizi bancari per lavoratori stranieri regolarizzati). Anche dal tabaccaio «Nel 2001», ha riferito Giuseppe Zadra, il direttore generale dell?Associazione delle banche italiane, «solo 750 milioni di dollari su 4miliardi stimati sono ufficialmente transitati dall?Italia verso l?estero. Circa due miliardi sono transitati attraverso canali sommersi e informali». Certo, le location di Western Union sono spesso ricevitorie, bar/tabacchi, consegne/invio pacchi, phone center che hanno il valore aggiunto di essere luoghi di ritrovo e socializzazione. Inoltre hanno orari flessibili, non richiedono un conto bancario e basta un documento d?identità per effettuare un?operazione. Tutte condizioni che mal si coniugano con la rigidità degli istituti di credito. Insomma, l?Italia appare come un approdo sicuro con la soglia minima di concorrenza (circa il 70% del mercato è di Western Union, il 25% di Moneygram, il resto va a piccoli operatori e phone center). Western Union lo sa bene e ha rafforzato negli ultimi sei mesi la propria presenza nello stivale acquisendo il 30% dell?Angelo Costa spa e il 30% di Finint spa, cioè dei suoi principali agenti sul mercato italiano. Una quota minoritaria del capitale anche se occorre specificare che, grazie ad accordi parasociali, chi mette l?ultima parola è sempre Western Union: il cda viene infatti nominato e revocato a maggioranza qualificata del 71%, e per le decisioni importanti, come acquisizioni o la vendita di rami d?azienda, occorrono 5 voti su 6 del cda. L?Antitrust, autorità garante per la concorrenza, ha dichiarato corrette le operazioni d?acquisizione non ravvedendo nella concentrazione di aziende una posizione dominante. L? unico vero concorrente del colosso è l?americana MoneyGram (altro gigante del money transfer appartenente al gruppo Viad), che dal 2001 ha ricevuto in appalto 14mila sportelli delle Poste italiane per offrire servizi del tutto simili a quello di Western Union, se non per commissioni ritoccate all?ingiù: spedire il denaro costa in media un euro in meno. Tuttavia sarebbe ingeneroso addebitare al sistema bancario l?anomalia del ricco mercato delle rimesse italiano. Infatti gli agenti principali di Western Union, forti di un marketing innovativo, hanno creato un piccolo impero del business etnico. Mercato delle rimesse, ma non solo. Se la Angelo Costa spa è diventata anche editrice (Etnocommunication) di 30 giornali per stranieri (275mila copie), di un portale internet (www.stranieriinitalia.it) offrendo servizi assicurativi e telefonici con la società Isi, Finint spa (società appartenente al gruppo Fineffe della famiglia Fiorelli, che ha in franchisig la licenza di Mail Boxes Etc) con Ethnicity offre servizi creditizi e polizze vita per gli immigrati. Torna il mercato nero Tutt?altra musica negli Stati Uniti, dove nel 2003 ben 31miliardi di dollari sono stati inviati dai lavoratori stranieri alle famiglie di origine. La concorrenza per accaparrarsi il mercato delle rimesse è senza esclusione di colpi, resa ancora più competitiva dalla ferma volontà politica di chiudere i canali informali di money transfer poco trasparenti come la hawala e il black market peso. Fumo negli occhi di Washington per i timori di collusioni con il finanziamento del terrorismo. Così il panorama statunitense è mutevole a vista d?occhio: poche settimane fa Moneygram si è aggiudicata i servizi di trasferimento di denaro attraverso la catena Wal Mart; altri istituti di credito come Bank of America stanno creando servizi finanziari ad hoc, personalizzati per gli immigrati. La prima mossa di Bank of America è stata quella di ridurre a otto dollari la commissione per l?invio di denaro, ma entro l?anno la tariffa verrà eliminata del tutto. La scelta di ?bancarizzare? gli immigrati si è rivelata una scelta obbligata. Da una parte l?appetito per l?enorme flusso di denaro delle rimesse e dei possibili depositi bancari; dall?altra l?intraprendenza della forte comunità latina, regolare e non, stanca di veder evaporare i propri soldi tra commissioni ed elevati tassi di cambio. La Cooperativa comunitaria latina de credito, 220mila soci per 17 milioni di dollari in attivo, fondata nel 1992 a Durham in North Carolina, ne è un brillante esempio. Creata come istituzione senza fine di lucro, offre diversi servizi finanziari alla comunità latina statunitense (meno del 50% ha un conto in banca), che vanno dal prestito al money transfer (per circa 10 dollari di commissione fissa) fino all?educazione finanziaria e al deposito bancario.


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