Non profit

Le regole dell’iva in un bar per i soci

C'è una serie di regole per somministrare bevande e cibo agli iscritti delle associazioni di promozione sociale

di Redazione

Siamo un circolo culturale a carattere dopolavoristico, non avente scopo di lucro, che gestisce, fra le attività sociali, un piccolo bar riservato ai soli soci che corrispondono un corrispettivo pari al costo delle consumazioni effettuate. Si chiede se tale attività debba considerarsi commerciale e quali siano gli adempimenti ai fini dell’imposizione diretta. (email) Risponde Salvatore Pettinato Ai fini delle imposte dirette l’articolo 111, terzo comma, del D.P.R. 917/1986 (come modificato dal Decreto Legislativo 460/1997) dispone che per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività. Il comma 4-bis dello stesso art. 111 prevede, inoltre, per le associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all’art. 3, comma 6 lett. e), della L. 287/1991, che non si considera attività commerciale, sempreché tale attività sia in diretta attuazione con gli scopi istituzionali, la somministrazione di alimenti e bevande effettuate, nei confronti degli iscritti, degli associati, presso le sedi in cui viene svolta l’attività istituzionale. Anche tale deroga alla commercialità dell’attività di gestione di bar è subordinata anche al fatto che le associazioni interessate si conformino alle clausole, da inserire nei relativi atti costitutivi, elencate nel comma 4-quinquies dell’art. 111 del Tuir Ne consegue che nel caso in cui l’esercizio di bar, anche se svolto da enti non commerciali, risulti effettuato da soggetti diversi dalle associazioni di promozione sociale di cui alla L. 287/1991, ovvero anche da tali soggetti ma in mancanza delle clausole di cui all’art. 111, comma 4-quinquies, dà luogo ad un’attività di impresa con conseguente determinazione del reddito secondo i risultati delle scritture contabili. Si dovrà quindi instaurare la contabilità rapportata al volume di ricavi e di reddito (magari attraverso le semplificazioni forfetarie varie: v. art. 4 del D. Lgs. 460/1997 che ha esteso agli enti non commerciali le semplificazioni contabili di cui all’art. 3, comma 166, della L. 662/1996) nonché presentare la dichiarazione annuale dei redditi e dell’Iva (probabilmente più semplificate sin dall’anno prossimo).


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA