Welfare
Le Regioni bocciano il Governo
Il piano casa è insufficiente. E le risorse, soprattutto, continuano a non arrivare
Le Regioni bocciano il Governo sulla questione casa. Ormai è una emergenza nazionale e non può essere affrontata più con misure episodiche. Misure, sostengono gli Enti locali, che affrontano il tema delle politiche abitative con «interventi isolati e disomogenei», «senza prospettive di lungo respiro» e, soprattutto, distogliendo per altri scopi le risorse limitate che sono stanziate occasionalmente. La dura presa di posizione è contenuta in un documento approvato dalla Conferenza delle Regioni in relazione all’Indagine conoscitiva sul mercato immobiliare promossa dalla Commissione Ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera.
Federalismo avaro
Il Documento delle Regioni parte da un’analisi dell’evoluzione del mercato della casa nell’ultimo trentennio per giungere a una conclusione. Il flusso costante di finanziamenti che ha consentito la realizzazione di un consistente patrimonio, sia di edilizia sociale che agevolata, si è interrotto in «ambigua concomitanza» col trasferimento di competenze alle Regioni operato dal D.Lgsl. 112/98. È cessata la principale fonte di finanziamento delle politiche per la casa: il prelievo Gescal dalla busta paga dei lavoratori dipendenti. Una circostanza, sottolinena la Conferenza, che ha segnato «l’inizio di una crisi profonda per il settore». Da allora non è stato più oggetto di un’organica programmazione.
Accordi dimenticati
Un segnale positivo di ripresa del dialogo Stato-Regioni si è avuto, secondo la Conferenza, con l’approvazione della legge 9/07 che, sebbene indeterminata in alcuni passaggi, prevedeva comunque la convocazione di un “Tavolo di concertazione sulle politiche abitative”, propedeutico al Programma nazionale. Una scia in cui si era incanalato anche l’accordo siglato tra il Presidente del Consiglio dei Ministri (Berlusconi) ed il Presidente della Conferenza delle Regioni del primo ottobre 2008 (Errani). L’accordo prevedeva di attivare un tavolo per la definizione e la gestione del “Piano casa” ma, lamentano le Regioni, l’intesa «sino ad oggi non ha avuto alcun seguito».
I famosi 550 milioni
L’emblema della “strategia” disorganica messa in campo dall’attuale Governo è la gestione del fondo di 550 milioni di euro (stanziati dal Governo Prodi col D.L. 159/07) destinato al “Programma straordinario di interventi di edilizia sociale”. Programma che puntava alla realizzazione di circa 12mila nuovi alloggi in locazione a canone sociale. Il programma è stato approvato, i lavori sono iniziati in molti casi ma, ecco l’inghippo, con la legge 133/2008 (Governo Berlusconi) la relativa dotazione finanziaria è stata «requisita» e destinata ad un nuovo Piano casa nazionale previsto dall’articolo 11 della stessa legge 133/2008. C’è voluto un duro braccio di ferro delle Regioni perché il Programma straordinario fosse rifinanziato, sebbene con risorse più che dimezzate (200 milioni di euro).
I limiti del Piano casa
Secondo la Conferenza delle Regioni il “Piano casa” della legge 133/2008 si rivela insufficiente per più ragioni. Perché, innanzitutto, non rappresenta «un intervento pubblico di medio periodo, che individui, a seguito di approfondite valutazioni, gli obiettivi più necessari da raggiungere». Perché avrebbe bisogno di risorse economiche più consistenti di quelle previste; perché, inoltre, non si impegna in una politica urbanistica «che consenta di reperire aree edificabili a costi compatibili per la locazione a canone sociale, bensì sembra favorire interventi in project financing che solo in parte possono soddisfare la realizzazione di “alloggi sociali” ai sensi del D.M. dell’aprile 2008 e che sovente presuppongono interventi non conformi alle previsioni dei PRG».
Il partenariato con i privati
Il Piano casa del Governo Berlusconi sarebbe insufficiente, secondo le Regioni, anche perché si affida prevalentemente al partenariato pubblico-privato per la realizzazione degli interventi in locazione a canone moderato senza stanziare risorse statali per incrementare il patrimonio abitativo pubblico da destinare alle diverse forme di locazione. Le Regioni, tuttavia, non giudicano negativamente l’apertura al privato. È da «valutare con attenzione ed interesse» l’introduzione del Fondo immobiliare nazionale e del Sistema integrato con Fondi locali a cui possono aderire investitori istituzionali di lungo termine, finalizzato alla valorizzazione e all’incremento dell’offerta abitativa in locazione. Per apprezzarne a pieno le potenzialità, dice però la Conferenza, bisognerà attendere che siano definiti la disciplina e gli obiettivi del Fondo.
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