Volontariato

Le ragioni della nostra sfida

Una scommessa imprenditoriale che vogliamo condividere con i nostri lettori

di Riccardo Bonacina

Il diario di un percorso iniziato dieci mesi fa: i pensieri, i fatti, gli incontri, le difficoltà e le conquiste. L’obiettivo? Far crescere la nostra impresa e con lei le istanze e i soggetti che l’hanno originata quindici anni fa

Entro settembre Società editoriale Vita sbarcherà in Borsa, nel segmento dedicato alle piccole e medie imprese, Aim (Alternative Investment Market). L’obiettivo è quello di finanziare il piano di crescita e di sviluppo nel segno dell’innovazione, disegnato a fine 2009. Un piano, già avviato in questo primo semestre, che prevede il ridisegno del magazine e la sua crescita all’insegna di un aumento di pagine, contenuti e collaboratori e una sua declinazione per le nuove piattaforme digitali di distribuzione e di lettura; un rilancio di Vitaconsulting che prevede l’arricchimento delle professionalità coinvolte e una maggior capacità progettuale in grado di promuovere in maniera più efficace il cambiamento delle realtà non profit e delle imprese; infine il decollo della nuova società Vitaweb che ha il compito di diffondere sul digitale 15 anni di contenuti, di servire al meglio la community di vita.it che conta ormai 70mila registrati e di offrire alle associazioni e agli individui strumenti digitali finalizzati all’impegno e alla mobilitazione personale e collettiva.
La quotazione di Società editoriale Vita sarà il primo caso al mondo di quotazione sul mercato di capitali di una società per azioni che non distribuisce dividendi per previsione statutaria, aprendo così la strada dell’accesso al mercato di capitali di un nuovo tipo di impresa e di un nuovo profilo di azioni.
Una bella sfida, ma non è la sola. C’è la riorganizzazione interna, i cantieri sui nuovi prodotti e servizi, lo sviluppo delle nostre capacità progettuali, l’adeguamento a tutti i parametri di trasparenza e di certificazione richiesti, l’adeguamento della governance a una sfida così difficile e, più in generale, il mettersi alla prova per capire se siamo in grado, in un momento di congiuntura economica e morale, di dare futuro alla nostra impresa e all’Italia responsabile. Da qui al prossimo settembre avremo modo di dettagliare i nostri piani, le scelte e le novità. Ma vogliamo cominciare col restituirvi il percorso fatto sino ad oggi, cioè il filo dei pensieri, degli eventi, dei fatti e degli incontri di questi ultimi dieci mesi.

30 settembre 2009: con gli azionisti non profit
Sono 16 le organizzazioni non profit azioniste di Vita (tra loro Acli, Arci, Focsiv, Airc, Telefono Azzurro, Fondazione Aiutare i Bambini, Arché, Lega del Filo d’oro) che detengono il 50,25% del nostro capitale sociale. Non potevamo che incominciare da un confronto con loro per immaginare il nostro futuro. In questi anni, infatti, il valore della nostra impresa è cresciuto e si è consolidato anche grazie alla natura di public company che dal 2001 abbiamo acquisito e che ha garantito nel tempo la nostra indipendenza, la spinta ideale, una fonte d’informazione su cui poggia la nostra originalità. In un momento tanto complicato, per noi, come editori indipendenti alle prese con la doppia crisi, economica e del settore editoriale, e per il terzo settore alla ricerca di una ripartenza possibile (come pensiero e funzione), non potevamo che partire da questo confronto. Alla fine di un pomeriggio di confronto arriviamo ad una comune convinzione: per provare a spingere avanti il mondo e promuovere il cambiamento bisogna pensare in grande il futuro della nostra impresa, senza se e senza ma, e con la disponibilità a innovare.

24 ottobre 2009: dall’Editoriale per i 15 anni di VITA
Esattamente quindici anni fa, il 27 ottobre 1994, nasceva questo settimanale. In bianco e nero con una sola battuta di colore, il rosso, la grafica disegnata dal più grande creativo italiano, Gavino Sanna che ancora ci accompagna con la sua imperdibile galleria di caricature politiche: «La via trucis». I 15 anni passati da allora, sono stati lo sviluppo della prima intuizione: la realtà della nostra vita e della nostra società non trovava rappresentazione nel sistema dei media, oggi ancor più di ieri. Quindici anni dopo, quella sfida e il suo sviluppo si sono fatti più difficili. Per questo dobbiamo, insieme, rilanciarla, con coraggio. Per questo stiamo lavorando per fare di Vita un gruppo ancor più forte, per poter parlare ad una fetta ancor più grande della società, per influenzare di più politiche e comportamenti. Vogliamo sfidarci in questo e vogliamo sfidare anche voi lettori.

28 novembre 2009: lettera a Giovanni, Giuseppe e Marco
Abbiamo scelto, quindi, di metterci alla prova sulla strada della crescita. Non per un omaggio al nostro Pil (indicatore che per altro contestiamo), o per cedere a qualsiasi tentazione di potenza. Mi pare, piuttosto, che questa strada sia iscritta nel nostro stesso dna: il bisogno di esercitare la nostra professione in maniera meno “costretta” di tanti nostri colleghi, il bisogno di far crescere un luogo in cui sia possibile raccontare la società italiana e non solo i suoi salotti, il bisogno di uno spazio di racconto libero che permetta l’espressione di giudizi meno telecomandati di quanto in genere accade, il bisogno di un luogo che aggreghi intelligenze non banali. Sappiamo che tutto questo, la storia di questi 15 anni, per permanere, ha bisogno di crescere e di irrobustirsi per resistere alle intemperie e alle nostre debolezze e sappiamo quanto è importante che ciò che ci è stato dato di fare vada oltre le nostre biografie e i nostri sforzi. Sappiamo che perché questo accada bisogna che il nostro “tran tran”, se così si può chiamare, deve essere sconvolto, deve cambiare, e che la sfida insita nel nostro lavoro deve essere rilanciata.
Non sono certo dei risultati di questa sfida, ma sono certo che valga la pena provarci. Così che si possa perseguire il nostro autentico scopo: non crescere in dimensione e potere, ma consolidare un’opera che sia esempio di una diversità di saperi e pratiche che la gente vede e da cui è colpita.

30 novembre 2009, incontro con Stefano Zamagni
Abbiamo un problema nel nostro percorso verso la quotazione, Società editoriale Vita è una spa che non distribuisce dividendi per previsione statutaria e questo, in un mercato di capitali abituato alla massimizzazione dei profitti e allo stress da cedole trimestrali, rappresenta una novità assoluta e difficilmente digeribile da Borsa, crediamo. Affrontiamo questo nodo nel dialogo con alcuni professori, Gualtiero Brugger, Marco Vitale, Giulio Sapelli e Stefano Zamagni. Dialoghi che ci danno la spinta decisiva. Come riassunto da Stefano Zamagni: «Il fatto che Vita sia una spa che non distribuisce dividendi perché questa è stata la scelta originaria, non costituisce impedimento. Né dal punto di vista giuridico, né dal punto di vista economico, né da quello sociale io vedo obiezioni sensate. Per questo, vi invito a tener ferma la vostra identità ben espressa nel vostro statuto, questa è la vera e più interessante scommessa, una volta tanto, poi, l’Italia potrebbe dare lezioni al resto del mondo, sareste davvero il primo caso al mondo, e potreste aprire la strada ad altre imprese con le vostre caratteristiche».

22 dicembre 2009: all’assembleadi dipendenti e collaboratori
Da settembre scorso, partendo dalla convocazione dei nostri azionisti non profit, abbiamo aperto un vero cantiere (qualcuno tra voi ha partecipato a dei focus sui prodotti), e abbiamo inaugurato un lavoro profondo sulle forme della nostra libertà per il futuro prossimo. Consapevoli che non si possono affrontare tempi difficili con soluzioni provvisorie. Occorre qualcosa di più per costruirci un futuro. Occorre un grande progetto e occorrono soldi a sostegno di un grande progetto. Perciò, abbiamo definito un piano industriale importante che segni una discontinuità anche strutturale e di prodotti nel nostro percorso. In questi due mesi ho fatto un giro per confrontarmi su quanto stiamo immaginando e mi ha colpito l’entusiasmo con cui si guarda al nostro progetto. Un entusiasmo dovuto alla percezione diffusa di stima per la nostra storia e per la nostra capacità di reinventarla ogni volta.
Personalmente, ho dovuto cercare una risposta alla domanda: «Ma è necessario crescere? È necessario complicarsi la vita?». Mi sono dato due risposte, risposte su cui ho cercato il confronto e il conforto delle persone a me più vicine.
La prima risposta l’ho trovata nella frase di Charles Péguy che vi ho proposto per i nostri auguri di Natale: «Bisognava ricominciare sempre (e bisognava ricominciare sempre nel tempo questi ordini, queste opere, queste fondazioni che erano frammenti di eternità, bisognava sempre ricominciare temporalmente quelle fondazioni eterne, di origine eterna, di regola eterna, di intenzione eterna). Citeaux, Cluny, Vézelay, alla lunga intiepidivano, e occorreva ricominciare sempre: la perpetuità spirituale si conservava solo attraverso riinizi temporali, attraverso precarie temporanee riprese».
Anche l’idealità che è all’origine di Vita, e che è riassunta nei dieci princìpi del nostro lavoro, ha bisogno di una ripartenza e di una rifondazione perché rischia di intiepidirsi nell’abitudine.
La seconda ragione riguarda il nostro Paese e il pezzo di società che raccontiamo da 15 anni: i tempi esigono che le nostre ragioni (che sono le ragioni di chi fa società e economia civile) siano espresse in maniera più forte e perciò più diffuse.

Gennaio 2010: si parte
Si parte, il team che ci affianca nel complicato percorso verso la quotazione di Vita è definito. Sugli aspetti legali e statutari ci affiancano (e ci giudicano) lo Studio legale Pedersoli e Associati, nella persona di Carlo Pedersoli e il suo staff, e come notaio, Mario Notari, docente di Diritto commerciale e Diritto delle operazioni straordinarie d’impresa all’Università degli Studi di Brescia e alla Bocconi di Milano. Per la due diligence e le problematiche fiscali, lo Studio Marino e Associati, nella persona di Roberto Franzé, docente di Diritto tributario all’Università della Valle d’Aosta. Per la certificazione e la revisione di bilancio, Bdo associati, nella persona di Sergio Amendola e il suo staff. Come advisor finanziario, gli indipendenti di EnVent. Come nomad, broker e global coordinator, UGF merchand, nelle persone di Marco Zanchi e Stefano Taioli.

28 aprile 2010: assemblea dei soci
L’appuntamento è all’Associazione Nocetum, un caso di eccellenza nel recupero sociale di una cascina alla periferia di Milano. Qui sono convocati i 41 soci di Vita, presidenti di associazioni, consulenti e legali: la partecipazione è dell’82% dei soci. Si delibera la quotazione. Poi buffet etnico preparato dagli ospiti di Nocetum. La città qui sembra lontana, come le nostre paure e i nostri dubbi. Ci ritorniamo infatti, una settimana dopo, per presentare a tutti i collaboratori e dipendenti il Piano di impresa e i nuovi ingressi: Enrico Morandi, fuoriclasse della comunicazione che sarà amministratore delegato di Vitaconsulting, ed Edoardo Quaglia, già responsabile del marketing di Last minute Italia, come responsabile di Vitaweb.

6 maggio 2010: il nuovo cda
Eletti dall’assemblea si insediano i nuovi membri di un cda attrezzato per la nuova sfida. Come amministratore delegato c’è Paolo Migliavacca, manager e docente di Strategia e di Csr all’Università Bocconi e all’Università di Torino. Accanto a lui tre consiglieri indipendenti: Andrea Agnelli, che raccoglie idealmente il testimone di Carlo Caracciolo, già socio di Vita; Andrea Olivero, presidente delle Acli e portavoce del Forum del terzo settore; Aldo Bonomi, sociologo. In cda anche Enzo Manes, presidente di Fondazione Vita e Fondazione Dynamo, e Claudia Fiaschi, presidente di Cgm.

11 maggio 2010: il professore laico di finanza aziendale e il Papa
Stefano Taioli, nostro nominated advisor (nomad) oltre che professore di Finanza aziendale all’Università di Bologna, mi manda questa email. Capisco che il contagio è reale: «Credo che le parole del Papa ai giornalisti in volo per Lisbona siano illuminanti per leggere il nostro piccolo casus di <+corsivo>Vita<+risposta>. È anche divertente vedere come il mondo finanziario sembra non capire. Noi insieme andiamo avanti, ci miglioreremo. Ci deve essere la possibilità dell’incontro di queste due culture e ci sarà. A presto, Stefano».
Le parole di Benedetto XVI: «Direi che proprio questa crisi economica, con la sua componente morale che nessuno può non vedere, è un caso di applicazione e di concretizzazione del fatto che due correnti culturali separate devono incontrarsi, altrimenti non troviamo la strada verso il futuro. C’è un positivismo economico che pensa di potersi realizzare senza la componente etica, o malgrado essa, regolato solo da se stesso, dalle pure forze economiche, dal pragmatismo dell’economia, l’etica sarebbe una cosa estranea… In realtà vediamo adesso che un puro pragmatismo economico che prescinde dalla realtà dell’uomo che resta etico, non contribuisce positivamente ma crea problemi. Perciò, adesso è il momento di vedere che l’etica non è una cosa esteriore ma interiore alla razionalità e al pragmatismo economico».

15 luglio 2010: eppur si muove
Corrado Faissola, presidente uscente dell’Abi, dice nella sua relazione all’assemblea dei banchieri: «È il tempo del coraggio: di intraprendere, investire, riformare, di trarre stimoli nuovi dagli insegnamenti che la crisi ci ha fornito con la consapevolezza che modelli di business del passato non possono essere più ripetibili». Qualcosa si muove, dunque, anche dentro il circuito finanziario. Ne abbiamo la prova anche nell’atteggiamento di Borsa verso la quotazione, ora guardata con interesse e come a una case history.

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