Non profit
le raccolte fondibnon sono tutte uguali
risorse Diverse regole a seconda che siano "pubbliche" o no
O ggetto di un recente convegno è stato il controllo sulla raccolta fondi che, si è detto, va regolata. Come non condividere? Peccato che, a mio modesto avviso, abbiano mischiato le carte e confuso in qualche modo l’uditorio.
Vi ricordate la teoria degli insiemi? Io poco, ma rammento che la logica matematica parla di inclusione nel caso in cui gli elementi di un sottoinsieme (che chiamiamo nell’occasione raccolta pubblica di fondi – rpf) appartengono anche a un insieme più ampio, che chiameremo raccolta fondi (rf). Si noti che non tutti gli elementi dell’insieme maggiore (rf) sono interni (appartengono) all’insieme minore (rpf), altrimenti ci sarebbe identità. E identità non c’è!
I riferimenti normativi
Basta capirsi. Se parliamo di rpf, gli elementi per fare controlli ci sono quasi tutti: manca la definizione di occasionalità (quante volte, figliolo?), ma si sa cosa è il modico valore, è noto il concetto di manifestazione, siamo consapevoli di cosa vuol dire offrire beni e/o servizi, siamo consci dell’obbligo di redazione di un rendiconto separato per ogni rpf. Sappiamo tutto ciò perché la legge è stata abbastanza chiara (art 2, c 2, dlgs 460/97; art 143, c 3, lett a, dpr 917/86; art 20, dpr 600/73). È un momento di defiscalizzazione completa, e pertanto non bisogna abusarne.
Le raccolte fondi
Se parliamo di raccolte fondi, invece, dobbiamo rifarci all’esperienza. Cosa è la rf? Sono tutte quelle attività di sollecitazione all’erogazione di fondi che l’ente mette in cantiere e comunica a soci e terzi.
Attenzione: qui si parla di tutte quelle attività che non partono da un concetto di corrispettività, ma di erogazione liberale, di donazione, di offerta contro nulla. Non rendo nulla al mio donatore; non trova, esso, una valida ragione economica per sovvenzionarmi, se non una riconosciuta utilità sociale della mia azione.
Esempi? Incontro l’amico e chiedo se mi sottoscrive un’erogazione; metto sul sito i riferimenti delle mie coordinate postali o bancarie e aspetto che i websurfers, vedendo quante belle cose faccio, versino il loro obolo. Chiedo a un’azienda di aiutarmi offrendomi risorse (denaro, beni di propria produzione o commercializzazione, servizi). Organizzo una campagna pro lasciti.
Di volta in volta farò presente ai miei interlocutori i casi e le condizioni di deducibilità delle erogazioni. Non sono, invece, raccolta fondi le quote sociali versate dai soci, i corrispettivi degli stessi per servizi inerenti le finalità sociali, le sponsorizzazioni propriamente dette, la vendita non occasionale di beni e servizi a terzi.
I controlli
Infine ci sono due tipi di controllo. Sulle entrate e sugli impieghi. Sulle entrate vi è una questione di fiscalità; le attività per la raccolta fondi sono attirate o meno nell’area dell’esenzione o esclusione della fiscalità? Sono lecite per questa o quella tipologia di organizzazione? Bisogna studiare caso per caso. Il convegno di cui sopra si è concluso, invece, con tre esempi lampanti (tra il comico e il tragico) di distrazione delle risorse. Il problema non era la raccolta fondi, ma l’impiego delle risorse comunque raccolte. Tutto bene: viva i controlli. Basta centrare l’obiettivo, però.
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