Welfare

Le proposte innovative della cooperativa Koiné

Intervista a Paolo Peruzzi sul rapporto sugli anziani nell'aretino

di Sara De Carli

Il welfare «vagheggia» di assistenza personalizzata e di welfare comunitario, ma si basa su modelli «tarati sulle grandi città», che nella realtà italiana, fatta di millimetri e microcosmi, «producono fatalmente sradicamento, isolamento e istituzionalizzazione». La dura diagnosi è di Paolo Peruzzi, direttore della cooperativa sociale Koiné, di Arezzo, che il 5 dicembre presenterà il rapporto di ricerca “Nuove opportunità nel campo dei servizi alle persone anziane”.

Qual è il contesto dell’aretino?
Il 22,5% della popolazione della provincia ha più di 65 anni. La ricerca ha messo in luce che circa il 65% di essi vive solo o in una coppia di anziani; l’8% di essi è non autosufficiente e quasi il 20% degli old old, con più di 75 anni, è fragile. In generale quindi ci sono almeno 14mila persone che hanno bisogno già subito di una forte assistenza, contro 1.250 posti tra RSA, centri diurni, strutture semiredisenziali.

E un decimo della possibile utenza…
Sì, anche se il problema è innanzitutto qualitativo. L’offerta è concentrata tutta nei grandi centri, e la provincia di Arezzo ha solo 5 Comuni oltre i 15mila abitanti su 39, con una vastissima area montana. Vuol dire che l’anziano di Chitignano o non riceve alcuna risposta o è preso con un cucchiaio e messo a Poppi, a 40 km da casa, dove ovviamente non ha nessuna relazione. Il welfare teorizza la prossimità, ma in realtà è tarato su Milano: questa visione distorta del welfare genera fatalmente sradicamento e istituzionalizzazione.

Perché?
La ricerca ha sfatato con l’esperienza la tesi per cui strutture con più posti ridurrebbero i costi, in base all’economia di scala. A prescindere dalla critica teorica, i fatti dimostrano che è vero il contrario: costano di più. O meglio, le strutture piccole, con standard qualitativi e relazionali infinitamente maggiori, non costano più delle grandi strutture.

Qual è la vostra proposta?
Pensare e modellizzare una rete di servizi di piccole dimensioni, da 8/10 posti letto, posizionati in maniera articolata sul territorio e nei quartieri, inseriti dentro i condomini, dentro le comunità. Andare concretamente verso una comunitarietà del welfare. Noi l’abbiamo già sperimentato in tre strutture, due ad Arezzo e un residence a Loro Ciuffenna, un comune in montagna con meno di 5mila abitanti. Una delle sue strutture aretine accoglie non autosufficienti per un perdiodo di 7-90 giorni, per dare sollievo ai care givers ed evitare l’istituzionalizzazione.

Chi dovrà farlo?
Insieme, enti pubblici e terzo settore. Per questo proponiamo un patto sociale provinciale per gli anziani, con la creazione di una Fondazione di comunità del territorio aretino.


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