Un’azione immediata dopo il decreto. Con trattative “one to one” e una proposta di calare da 0,28 a 0,22 centesimi. Ma tutte le non profit hanno risposto «no grazie» Amolte associazioni non profit pare che, in questi giorni, Poste Italiane stia facendo il classico gioco delle tre carte. Ovvero metta in mostra la destra per non far vedere come si muove la sinistra. E così mentre i vertici si preparano a partecipare al tavolo di confronto con il non profit (dovrebbe essere convocato al più presto dal sottosegretario Letta), il marketing aziendale sta conducendo, nei confronti del terzo settore, una capillare e meno vistosa operazione avviata subito dopo la pubblicazione del decreto interministeriale che ha sospeso le agevolazioni. Una scelta che ha scatenato molta perplessità e suscitato diversi interrogativi.
Una proposta (in)decente?
Sostenendo di voler presentare tariffe postali migliori di quelle in vigore dal 1° aprile, diversi account di Poste hanno contattato i loro migliori clienti del terzo settore (quelli, per intenderci, che spediscono di più: Airc, Lega del Filo d’oro, Unicef, Amnesty, Cesvi…) offrendo loro di sottoscrivere contratti commerciali più vantaggiosi. Le non profit, potrebbero essersi detti, non hanno al momento alternative, se vogliono continuare a comunicare con i loro sostenitori e intendono proseguire le raccolte fondi. E dunque il (modestissimo) sconto di un pugno di centesimi proposto (il costo contatto sarebbe passato da 0,28 al massimo a 0,22) dev’essere parso, agli uomini del marketing delle Poste, gran cosa. Avrebbero dovuto sapere che spesso, se non sempre, domanda e offerta ragionano in modo differente.
Tant’è che i dirigenti delle non profit interpellate, consultatisi in via informale, hanno deciso di non farne nulla. «Non avrebbe senso discutere prima del tavolo a Palazzo Chigi», afferma Rossano Bartoli della Lega del Filo d’oro, che ha rinviato l’appuntamento alle prossime settimane. Analoga risposta hanno avuto da chi sono riusciti a incontrare personalmente. «Grazie, ma al momento preferiamo aspettare nella speranza che siano ristabilite le agevolazioni», si sono sentiti dire da Niccolò Contucci, direttore generale di Airc.
Non è una strategia?
Poste Italiane sostiene che non si è trattato di una strategia pianificata all’indomani del decreto interministeriale che ha sospeso le agevolazioni: «Sono le normali visite con cui l’azienda promuove i suoi prodotti e sono state effettuate nell’ottica di venire incontro alle esigenze dei clienti», fanno sapere a Vita. Sarà. Ma non è curioso che si verifichino negli stessi giorni in regioni diverse e alla stessa tipologia di soggetti? Viene il dubbio che l’azienda, posseduta al 65% dal ministero dell’Economia, preferisca procedere a trattative individuali. Organizzazione per organizzazione. Magari concedendo sconti maggiori a chi movimenta di più. «Una logica che senza dubbio va rifiutata anche perché dividerebbe il settore fra grandi e piccole associazioni», sottolinea Bartoli. Vorrebbe dire sostituire le agevolazioni ad accordi bilaterali. Quello in sostanza che la società guidata da Massimo Sarmi (con l’avallo del governo) sta proponendo agli editori cui offre contratti addirittura pluriennali. E forse non è un caso: entro il 2010 l’Italia dovrà recepire la Direttiva europea che chiede, da anni, di introdurre concorrenza anche in questo settore (l’ha ricordata, giusto qualche settimana fa, l’Antitrust). A quel punto la posizione dominante di Poste, fornitore unico del servizio universale, potrebbe essere fortemente ridimensionata.
La concorrenza che non c’è
In effetti, conferma Moreno Martelloni di Aidim (l’associazione italiana per il direct marketing), «al momento altre opzioni non sembrano praticabili. Le aziende che fanno spedizioni, ad esempio, coprono le città, grandi e medie, ma non i piccoli centri». L’idea di ricorrere ad altri vettori sta tuttavia facendosi sempre più strada. «Se non cambia nulla, nel giro di un mese proveremo a guardarci attorno», dice Jacopo Brusca di Coopi. «Oggi non ci sono competitor», incalza Contucci, «nel momento in cui si presentassero, senza dubbio ragioneremmo. In questo modo potremmo diversificare i fornitori». Una buona idea: spedire con Poste là dove non arrivano gli altri. «Sono discorsi prematuri», ribatte Giangi Milesi, presidente di Cesvi, «quanto ad altre aziende, non è detto che non ce ne siano già. Ma prima di una trattativa, è meglio non scoprire le proprie carte».
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