Politica

Le politiche Ue? Contrarie alla cooperazione allo sviluppo

Il rapporto di Concord, la piattafiorma delle ong europee

di Joshua Massarenti

Bruxelles – Ieri la piattaforma delle organizzazioni non governative europee, Concord, ha presentato a Bruxelles un rapporto (che puoi scaricare qui) sulla coerenza delle politiche portate avanti dall’Unione Europea a favore dello sviluppo (Policy Coherence for Development, PCD). Sfiorando la totale bocciatura, il rapporto mette in evidenza le gravi lacune della strategia adottata nel 2005 dalla Commissione europea (in foto il presidente Barroso) per “creare delle sinergie tra politiche che non riguardano direttamente la cooperazione allo sviluppo, ma che hanno un’incidenza evidente sui paesi in via di sviluppo”.

“A sei anni di distanza dall’adozione del PCD, le politiche europee rimangono in gran parte incoerenti con lo sviluppo economico e sociale” dei paesi poveri, “contribuendo così a minare il buon lavoro effettuato in tema di aiuti allo sviluppo” ha dichiarato Laura Sullivan, responsabile della sezione “Campagne e politiche europee” presso ActionAid International.

Un dato sintetizza il fallimento annunciato da Concord. “Dei 164 studi d’impatto realizzati dalla Commissione europea tra il 2009 e il 2011 per l’elaborazione di nuove politiche europee, “soltanto sette si sono rivelati attenti alle incidenze sui paesi in via di sviluppo, quando almeno 77 studi riguardavano politiche che avrebbero avuto un impatto su questi paesi” si legge nel rapporto.

Violazione dell’articolo 208 del Trattato di Lisbona

L’incoerenza delle istituzioni Ue viola l’articolo 208 del Trattato di Lisbona (entrato in vigore dal 1 dicembre 2009), in base al quale “l’obiettivo principale della politica dell’Unione” in tema di cooperazione allo sviluppo “è la riduzione e, a termine, l’eliminazione della povertà”. Soprattutto, “l’Unione tiene conto degli obiettivi della cooperazione allo sviluppo nell’attuazione delle politiche che possono avere incidenze sui paesi in via di sviluppo”.

In altre parole, chi all’interno delle istituzioni Ue (ovvero Commissione, Consiglio e Parlamento) è incaricato di elaborare legislazioni europee su settori quali l’agricoltura, l’energia o i consumi, deve farlo senza mettere a rischio lo sviluppo dei paesi poveri. Per capire se le politiche europee sono coerenti, Concord ha preso in esame quattro tematiche: la sicurezza alimentare, le risorse naturali, la sicurezza e le migrazioni.

Sul fronte agricolo, il rapporto cita l’esempio degli aiuti all’esportazione di latte targato Ue, in piena ripresa dal 2009 per colpa della crisi in cui è sprofondato il settore in Europa. “Nel 2010, questi aiuti hanno provocato un boom delle esportazioni di latte in polvere europeo verso l’Africa sub-sahariana pari al 62%” rivela Laust Gregersen di Concord Danimarca.

Riforma della Pac: l’appello del Parlamento europeo ignorato

Peggio. La richiesta effettuata nel giugno scorso dal Parlamento europeo nella sua risoluzione sulla riforma della Politica agricola comune (Pac) per il periodo 2014-2020 “è stata totalmente ignorata nel progetto di riforma presentato nell’ottobre scorso dalla Commissione europea”. In giugno, il Parlamento europeo aveva adottato una risoluzione in cui chiedeva all’Ue di garantire “la coerenza tra la Politica agricola comune e le sue politiche commerciali e di sviluppo”, esortando “l’Unione a prestare attenzione alla situazione nei paesi in via di sviluppo e a non metterne a repentaglio la capacità di produzione alimentare, la sicurezza alimentare a lungo termine e la capacità delle loro popolazioni di provvedere alla propria alimentazione, nel rispetto del principio della coerenza delle politiche per lo sviluppo”.

Sul versante energetico le cose non vanno certo meglio. Concord denuncia ad sempio le conseguenze dell’obiettivo fissato dalla Commissione europea nel 2008 per cui da qui al 2020 in ogni Stato membro l’energia consumata nel settore dei trasporti deve provenire per almeno il 10% da energie rinnovabili. “Questo target incoraggia le imprese europee specializzate nei biocarburanti ad acquistare terre arabili in Africa”.

I danni dei bio-carburanti: il caso di Nuove Iniziative Industriali Srl

Il rapporto cita il caso di una compagnia italiana – Nuove Iniziative Industriali Srl – che minaccia la foresta del Dakatcha, una regione ricca di biodiversità situata nel sudest del Kenya e dove vivono 20.000 piccoli contadini indigeni delle etnie Giriama e Watha che coltivano manioca e mais.

Secondo un’inchiesta pubblicata da ActionAid nel maggio 2011, Nuove Iniziative Industriali srl aveva chiesto alle autorità keniote il permesso di trasformare 50mila ettari di terreno in piantagioni di  jatropha, i cui semi sono ricchi di un olio che può essere impiegato per fabbricare bio-diesel.

In cambio l’azienda milanese si era impegnata a migliorare le infrastrutture locali attraverso la costruzione di una scuola, di una strada e di una clinica. Tutte promesse che non comparivano nell’accordo siglato con le autorità keniote. Non solo. I contadini non sono mai stati coinvolti nei negoziati.

La conquista delle terre arabili è tanto più sensibile che le importazioni nette di cibo da parte dell’Ue richiedono all’incirca  35 milioni di terre arabili extraeuropei, “cioè l’equivalente della superficie della Germania” rivela il rapporto.


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