Non profit

Le parole&Le cose. Giovani

Il rapporto fra generazioni visto da Tito Boeri

di Maurizio Regosa

Vita: In una società sempre più giovanilista, in cui ci si definisce ragazzi ben oltre l?adolescenza, non si sa più bene chi siano i giovani?
Boeri: In Italia sono considerate giovani persone che all?estero non sarebbero considerate tali. Da noi la vita professionale inizia molto tardi: si fanno concorsi per giovani architetti under 50?

Vita: Come spiega questo ritardo?
Boeri: Con barriere all?ingresso molto forti, con un dualismo nel mercato del lavoro che penalizza fortemente le giovani generazioni e con un sistema di protezione sociale fortemente squilibrato a loro svantaggio. Per ogni euro destinato a politiche a favore dei giovani ne versiamo tre e mezzo per persone che hanno più di 65 anni.

Vita: Lei affronta da economista il rapporto fra le generazioni. Che cosa può portare uno sguardo di questo tipo nella comprensione di un fenomeno così delicato?
Boeri: Nel senso comune le generazioni si succedono. Agli occhi degli economisti è chiaro che esistono fortissime interazioni fra generazioni diverse, che appunto le generazioni si sovrappongono. Possono cooperare, ma anche calpestarsi i piedi.

Vita: Nel libro parlate di familynet e ne sottolineate le luci e le ombre?
Boeri: Documentiamo la situazione grave dei giovani e ci chiediamo quale ne sia la causa. La risposta che ci diamo è che non si tratta di egoismo: gli italiani sono molto altruisti e attenti ai loro figli, dedicano loro molte attenzioni e molto tempo, fanno moltissimo per i loro figli. Ma sono egoisti sul piano pubblico, quando si tratta di decidere su questioni fondamentali come scuola, pensioni, mercato del lavoro, condizioni di mobilità urbana, etc…

Vita: Una sorta di schizofrenia?
Boeri: Già, in cui egoismo pubblico e altruismo privato si alimentano l?un l?altro. Fanno parte di una visione esclusiva della famiglia, molto radicata in Italia: ci si fida e si hanno interazioni fra generazioni diverse solo all?interno della famiglia, mentre all?esterno si ha poca fiducia negli altri. Ma un genitore, sia pure altruista verso il proprio figlio, non riuscirà mai a compensare l?assenza di un intervento pubblico a favore dei giovani. Così assistiamo al paradosso che la famiglia rischia di ingessare la struttura sociale e dare protezioni che possono non andare bene ai figli. Se è lo Stato che aiuta i giovani ad entrare nel mondo del lavoro, avremo condizioni di ingresso più favorevoli ai giovani e ammortizzatori sociali. Se invece è la famiglia, il giovane, finché cerca un lavoro, e anche oltre se ne trova uno ad alto rischio di disoccupazione, dovrà rimanere in casa. Magari rinunciando a ottime opportunità, che gli richiederebbero di cambiare città. Quando è il padre che ?sistema? il figlio si riproducono le stesse gerarchie sociali e si ricreano le stesse condizioni di lavoro dei genitori.

Vita: Protezione contro autonomia?
Boeri: Come dicono gli economisti, nessun pasto è gratis. Neanche il vitto e alloggio offerto dai genitori. Stare nella casa d?origine obbliga a parecchie rinunce, a rinvii. La bassa fertilità, per esempio, è legata al fatto che le donne in età fertile fanno un figlio solo, nonostante dichiarino di volerne più di uno. Qualcosa impedisce a loro di arrivare a questo risultato.

Vita: La famiglia oggi è oggetto di una celebrazione anche un po? retorica.
Boeri: Sarebbe bene rinunciare all?enfasi e permettere alla famiglia, su questi aspetti, di fare un passo indietro. Bisogna alleggerire questa pressione indebitamente esercitata sulla famiglia. Se no si rischia di rimanere bloccati nel senso che si diceva prima, non avere mobilità sociale e impedire che persone di qualità possano emergere.

Vita: Quali iniziative auspica?
Boeri: Sono davvero tante, se davvero si vuole cambiare l?atteggiamento della società nei confronti dei giovani. Basterebbe partire da cose che possono sembrare in qualche modo ovvie ma che invece non lo sono affatto. Il problema è che i giovani sono schiacciati dalla dimensione tutta privata dei rapporti fra generazioni. Mentre d?altra parte non c?è una classe politica in grado di far capire agli elettori che c?è un problema dei giovani e che è proprio interesse di tutti schierarsi dalla parte dei giovani.

Vita: Non è che i giovani un po? si accontentano?
Boeri: Più che accontentarsi, non capiscono la dimensione vera in cui avviene la redistribuzione fra generazioni. I giovani per esempio non sanno che il sistema pensionistico pubblico avviene a ripartizione: pensano che sia a capitalizzazione, che quello che loro versano venga messo da parte per loro anziché utilizzato per pagare le pensioni agli attuali pensionati.

Vita: Ma a parte le questioni tecniche, l?atteggiamento complessivo è di attesa?
Boeri: Si tratta della mancata consapevolezza di questa dimensione pubblica dei problemi. I giovani pensano che il loro sia un problema tutto interno alla famiglia e non percepiscono la dimensione pubblica.
Vita: Però sono persone cresciute al tempo di internet. I precari, ad esempio, fanno rete, hanno i loro blog, sembrano piuttosto consapevoli?
Boeri: Sì e no al tempo stesso. I blog denunciano il disagio percepito. Ma quando dico consapevolezza mi riferisco alle ragioni che stanno alla base. I giovani pensano che il mercato del lavoro funzioni offrendo un numero fisso di posti di lavoro per cui pensano che se gli anziani vanno in pensione prima si liberano dei posti per loro. Credono sia bene aumentare le pensioni dei loro genitori perché appunto sono i loro genitori, e non capiscono che tra questo e le loro opportunità di lavoro c?è una relazione moto stretta perché imporre una tassazione più alta del lavoro comporta il fatto che sia più difficile trovarne. Non capiscono che l?istruzione ha un valore intrinseco, che quello che conta è quanto si impara davvero e non è il pezzo di carta? Non si rendono conto che la precarietà è il portato del fatto che ci sono due regimi diversi nel mercato del lavoro: l?asimmetria stridente fra contratti a tempo indeterminato e quelli flessibili fa sì che i datori di lavoro abbiano tutto l?interesse a ricorrere ai secondi. Non capiscono che versare bassi contributi previdenziali vorrà dire avere basse pensioni e perciò non si battono perché il loro datore versi contributi più alti. Sono tanti esempi. Manca nei giovani la consapevolezza del legame fra questi vari aspetti e i loro problemi. Lo dicono le indagini campionarie: avvertono il malessere, ma non ne capiscono le cause.

Vita: E qual è l?origine di questa inconsapevolezza?
Boeri: La classe politica dovrebbe far capire gli interessi generali. Non lo fa sistematicamente un po? perché ha timore ad affrontare questi temi, un po? perché lei stessa non ne è consapevole.

Vita: Cosa pensa dell?assemblea del Pd: in tv si son visti tanti giovani?
Boeri: Penso che il Pd e le primarie in generale siano un?opportunità. Sarebbe importante far votare i sedicenni anche alle prossime politiche. Non impedirebbe l?invecchiamento dell?elettore mediano, ma sarebbe uno shock salutare: potrebbe obbligare i partiti a concentrarsi su questo milione di nuovi elettori, ascoltando le loro istanze, i loro problemi.

Vita: Se la società avviasse queste riforme, quale dovrebbe essere il ruolo dei giovani?
Boeri: Un ruolo fondamentale, simile a quello che hanno avuto nella crescita economica del dopoguerra. È duro vivere in un Paese che non investe più nei giovani. I quali dal canto loro devono darsi una mossa. Devono sottolineare questi problemi, darsi strutture organizzative e rappresentanze di interessi adeguate. Qualcosa hanno già fatto ma credo debbano fare molto di più.

Vita: In Italia però c?è un ministero ad hoc?
Boeri: È un modo per scaricarsi la coscienza, una mossa demagogica. I contratti speciali per i giovani, le agevolazioni per i giovani sono spesso delle trappole. La questione è il rapporto con le altre generazioni. Affrontare questo nodo vuol dire cercare di risolvere i problemi dei giovani: lavoro, istruzione, pensione, eccetera. Mi sembra che un ministero senza portafoglio sia più uno specchietto per allodole che altro.

Vita: Cioè?
Boeri: Se ci fosse davvero un?attenzione ai giovani, nella Finanziaria in discussione in Parlamento avremmo, al posto dell?operazione sull?Ici, uno stanziamento maggiore per gli asili nido. Non avremmo chiuso una trattativa che fa aumentare la spesa pensionistica, ritardando l?operazione sui coefficienti di trasformazione: si sarebbe agito su questi ultimi e si sarebbero destinate nuove risorse per creare un sistema di ammortizzatori sociali che contrasti la povertà, oggi concentrata sui giovani. Queste sono le scelte su cui si giudica quanto una classe politica e un governo siano dalla parte dei giovani.

Vita: Da questo punto di vista, non ci sono differenze tra destra e sinistra?
Boeri: Ci sono responsabilità di entrambi gli schieramenti. Maggiormente colpevoli sono i governi fra il 1982 e il 92: hanno fatto esplodere il nostro debito pubblico e generosamente regalato a chiunque inizi oggi a lavorare un debito di 80mila euro a testa. Fra l?altro, alcune di queste persone sono ancora in giro. È pazzesco che non abbiano pagato un prezzo politico per lo sconquasso che hanno prodotto?

Vita: A chi si riferisce?
Boeri: Ad esempio a Giulio Andreotti, che qualcuno recentemente voleva seconda carica dello Stato, o a Paolo Cirino Pomicino, che oggi presiede un gruppo parlamentare alla Camera. Quest?ultimo ha risposto alle tesi del nostro libro sulle colonne de La Stampa sostenendo che il debito pubblico è esploso perché c?erano le Brigate rosse. Spero che oggi non si chiami in causa Bin Laden per giustificare le politiche contro i giovani! Sostiene Cirino Pomicino anche che si doveva pensare all?inflazione, come se debito pubblico e inflazione non fossero tra di loro strettamente intrecciati. Ma Cirino Pomicino, come tanti altri ministri del Tesoro succedutisi nel Dopoguerra, si era formato come medico e non deve avere mai trovato il tempo di studiare l?economia.

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