Bufera, caos, crisi nelle adozioni.
Queste le parole che leggo, e ne leggo anche altre, con attenzione, dure e tristi e a volte, concedetemelo, pure un po’ livorose.
La questione non è usare altre parole più o meno confortanti.
Io sono convinta che la fiducia delle famiglie non possa risiedere in parole più belle o più brutte o nei toni più o meno alti. Credo altrettanto fermamente che urlare e inveire sia una prassi consolidata nel nostro Paese nella quale non mi riconosco e mi spaventa, soprattutto perché distoglie l’attenzione dalle vere questioni.
La crisi dei numeri c’è in primis nel numero delle famiglie che si avvicinano al progetto adottivo e che poi ricevono il decreto di idoneità. Come ho più volte già detto questo è il sintomo di un malessere profondo della nostra società che non vede speranza nel futuro e non accoglie i figli, l’unica vera grande risorsa insostituibile di ogni Paese.
E i genitori adottivi, che già sono pochi, sono sempre stati trattati male: dalle Istituzioni e dagli stessi Enti. Costretti a trafile lunghe ed estenuanti, a volte umilianti, con esposizioni di costi esorbitanti e tempi di attesa infiniti. Certo non per tutti è stato così, ma per molti si.
E i bambini adottabili: certo che i milioni di bimbi abbandonati non sono tutti adottabili, ma vogliamo anche dire che ben pochi si preoccupano di scoprirlo? Ci si affida a facili e ipocriti slogan per non prendersi la responsabilità, da adulti, di garantire ad ogni bambino l’unico vero diritto che ogni bambino del mondo deve avere: una famiglia che lo ami.
E sono sempre i soldi e il potere a fare da padrone, non certo i diritti dei più deboli.
Non mi interessa il carattere della attuale Presidente: che sia simpatica o antipatica non solo non mi interessa ma non mi deve interessare.
Mi interessa:
Che sia esplicitamente dalla parte della legalità in Italia e nei Paesi dove operiamo.
Che lavori giorno e notte perché la macchina delle adozioni riparta dopo anni di silenzio e inattività colpevole delle Istituzioni.
Che sia dalla parte dei bambini.
A me questo basta per continuare a lavorare e collaborare con chiunque ci sia e al momento lei c’è.
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