Cultura

Le parole che cambiano / Opera

Spulciando i vocabolari ci si accorge con sorpresa come “opera” sia una delle parole dalla definizione più generica, larga. La parola trova specificazione solo in una moltitudine di declinazioni...

di Riccardo Bonacina

Si parla di opera artistica, opera manuale, opera della natura, ect. Definizioni che, ovviamente, non possono bastare a Giorgio Vittadini che esattamente vent?anni fa, insieme a don Luigi Giussani, stavano ragionando su un?intuizione avuta qualche anno prima: dar vita alla Compagnia delle Opere. Per il cinquantenne professore di statistica e presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, ?opera? è un lemma che vale l?impegno di una vita. Altro che pensare all?opera come ?un?attività di vario tipo?… opera, s.f. 1. Attività di vario tipo rivolta al conseguimento di un risultato o di un fine specifico, alla produzione di qualcosa; 2. I risultati concreti di un?attività in campo materiale. (dal Dizionario italiano Sabatini Colletti) Giorgio Vittadini: Le definizioni che mi hai letto sono così riduttive, generiche. E anche il De Mauro è limitato. Davvero, come state facendo, bisogna metter mano ai vocabolari. Vedi, opera è una parola propria della storia della Chiesa, sin dall?inizio, a partire dalla lettera di San Giacomo, ha questo significato: un intervento nella realtà volto a modificarla e fatto a partire dalla fede. Il termine opera, è connaturato alla storia e all?esperienza della Chiesa perché la fede senza le opere muore. La prima opera della Chiesa è del resto documentata nella seconda pagina degli Atti degli apostoli, quando i discepoli della prima comunità cristiana si domandarono chi avrebbe dovuto pensare alle vedove, e i diaconi, tra cui santo Stefano, decisero di prendersene direttamente cura. Allora, nell?esperienza cristiana, l?opera non è una semplice attività, ma un gesto concreto in cui la fede entra a modificare la modalità con cui l?uomo si rapporta con la realtà. Del resto, tu non puoi pensare di avere fede senza che, prima o poi e in modo originale, questa generi un modo diverso di intervenire sulla realtà. In tutte le epoche e in modi diversi, questa è da sempre una caratteristica della vita della Chiesa: il mettersi all?opera, il fare opere: dalle opere artistiche alle opere sociali, opere culturali. Dall?architettura alle miniature, dalle università agli ospedali, pensiamo solo a quanti santi nella storia della Chiesa sono legati proprio ad un?opera, pensiamo a cosa rappresentò nell?Ottocento l?Opera dei congressi. Questo termine è stato poi ripreso da don Giussani come risposta organica (cioè che dà vita a un organismo) ai bisogni dell?uomo. Nella sua visione l?opera ha due caratteristiche: a) non è un progetto che fa nascere l?opera ma l?esperienza della Chiesa che dilatandosi ti raggiunge e cambia il tuo ?io?, un io che pian piano esprime carità e una coscienza tale da suggerire una struttura, ?forme di vita nuova per l?uomo? come disse Giovanni Paolo II al Meeting di Rimini nel 1982. È per questo che don Giussani, parlando del rapporto tra Stato e persone, disse che lo Stato deve aiutare la vita di opere nate dai movimenti che hanno come scopo non solo e non tanto le cose da fare ma il rinnovarsi del desiderio di felicità dell?uomo. Ecco la seconda fondamentale caratteristica. L?esperienza cristiana invita ciascuno a verificarsi nella fede incontrando la realtà e appassionandosi ad essa. Vita: L?opera, quindi, nell?esperienza cristiana è una modalità di verificare e rinnovare la fede? Cioè? Vittadini: L?opera è il fatto che io di fronte alla realtà vedo un bisogno e mi muovo, agisco, intervengo, mi metto a lavorare per qualcosa che è utile a me e agli altri. Così nasce l?opera, ripeto, non come progetto a tavolino, ma come sviluppo della tua vita cristiana. Mi scuso di citare sempre don Giussani, ma io sono ciò che da lui ho imparato. Ecco, non troppo tempo fa (il 15 ottobre 2004) ci ha ricordato in un?intervista al Corriere della Sera che: «Tutto l?inizio nuovo dell?esperienza cristiana – e quindi di ogni rapporto – non si genera da un punto di vista culturale, quasi fosse un discorso che si applica alle cose, ma avviene sperimentalmente. È un atto di vita che mette in moto tutto». Perciò, al cristiano non basta dire la parola ?Cristo?, anche questa può essere ridotta a un moralismo o a uno spiritualismo: l?opera è propriamente una concezione del cristianesimo come fatto, come avvenimento. E si vede che è un avvenimento proprio per il destarsi di persone che vivono questo impeto di totalità. Vita: È se opera, è il titolo di una famosa riflessione di don Giussani? Vittadini: Certo, le opere nascono quando uno dice ?io?. Non c?è opera se non si è! Da qui la nostra insistenza sull?importanza dell?educazione; perché per fare l?opera occorre l?io. Sembra una banalità dirlo, ma è più evidente che mai che questo, che in altri tempi si dava per scontato, non si può oggi continuare a darlo per scontato. Lo si dava tanto per scontato che nessuno si poneva la questione di come generare l?io: eravamo convinti che, nell?alveo della tradizione in cui siamo nati, l?io veniva fuori, cioè che la società in cui vivevamo era in grado di educare delle persone, di farle diventare mature, con un senso di responsabilità davanti alle sfide della vita. Oggi vediamo che non è più così. E ce ne rendiamo conto ogni giorno. Lo vediamo dappertutto, nella scuola, nella famiglia, nel lavoro. E tutto questo, ovviamente, non può non riguardare l?operosità dell?uomo, la presa di iniziativa, la creatività, cioè la messa in moto dell?io nel reale, nell?accettare le sfide che la realtà ci mette davanti. Non sempre si è consapevoli della situazione e spesso si cade nell?errore di dare per scontato che il soggetto che deve fare l?opera ci sia. Ma questo soggetto è così frammentato, così indebolito che è difficile, ogni volta più difficile, trovare in atto questa energia umana che lo costituisce. È difficile trovare degli ?io? che rischino nel fare un?opera: per fare un?opera, per rischiare nel reale, occorrono un?energia e una capacità che non sempre si trovano. È come se non ci fosse un io con la potenza di generare, fino all?opera. Perciò il futuro che ci aspetta sarà di chi è in grado di generare l?io. Vedi, fare opera vuol dire sentire la ferita che il bisogno dell?altro ti pone, perciò ti muovi, perché senti la ferita di una realtà incompiuta. Vita: Compagnia delle opere nasceva, almeno come ragionamento, vent?anni fa. Puoi ricordarci come? Vittadini: Nasce come compagnia di amici. Don Giussani all?inizio diceva che ci voleva una sorta di ?Fiera delle opere?, diceva che bisognava valorizzare ciò che era vivo e ciò che operava, perché l?assetto di queste opere si facesse compagnia, e non rimanesse in balia di una concezione atomizzata dell?impegno, chiedeva che si fosse capaci di aggregazione per crescere assieme. Compagnia delle Opere è un ambito per non stare da soli. Per il resto don Gius ci lasciava completamente liberi nell?azione, ci telefonava e si faceva vivo quando incontrava qualcuno che aveva bisogno o quando incontrava qualcuno alla cui esperienza annetteva un valore particolare. «Non puoi dare una mano ai nostri amici che hanno studiato a Milano, sono tornati a vivere in Calabria e stanno cercano di cominciare a lavorare lì?». «Questa persona sta cercando lavoro e non lo trova, non si può fare niente?». «Ti voglio presentare questo professionista che era mio alunno al Berchet e vorrebbe rendersi utile». «Cosa fai nel luglio prossimo? Non mi accompagneresti in Brasile così puoi incontrare quelli che stanno lavorando per l?Avsi?». Così abbiamo condiviso il bisogno di studiare, mentre in quegli anni mancavano i libri; il bisogno di abitare, mentre mancavano le case; il bisogno di mangiare, mentre mancavano le mense. Di fronte alla disoccupazione abbiamo dato vita ai Centri di solidarietà per rispondere ai bisogni di chi non aveva lavoro. Così, oggi, si è creata una ?rete? di opere che affronta i problemi del mondo attuale. Una rete aperta alle grandi espressioni di opere nel mondo cattolico. Collabora con la Cisl nel mondo del lavoro, con le Acli, con le cooperative. Con le grandi centrali imprenditoriali italiane per creare occupazione. Coopera con le banche per aprire linee di credito ai meritevoli che non hanno padronati politici. Un?opera che si inserisce nella tradizione cattolica e si pone al servizio dell?intera comunità per il bene comune. Vita: Il Meeting di Rimini è quindi un?opera? Vittadini: Sì è un?opera nel senso vero e pieno, pensa a quanti attraverso i 26 anni del Meeting hanno potuto esprimersi, incontrarsi, fare cultura (e non penso ai politici ma i ragazzi del rione sanità di Napoli). Vita: Che differenza tra impresa e opera? Vittadini: Impresa è una definizione tecnica-aziendale. Opera, come ho provato a spiegare, è un termine squisitamente cristiano. Vita: Che c?entra la sussidiarietà in tutto questo? Vittadini: C?entra eccome! Uno dei criteri che ci diede Giussani fu: aiuta ognuno ad esistere, fa sì che il tentativo di ciascuno possa permanere e svilupparsi. Non permetterti di dire questo sì questo no. C?è una definizione più bella di sussidiarietà? Ma che ci sto a fare allora io? Domandavo. E lui: tu aiutali a capire le ragioni per cui hanno fatto la loro iniziativa. Vita: Il più grande pericolo di un?opera? Vittadini: La fede senza le opere è morta, ma le opere senza la fede è peggio. Quando, cioè, uno continua a fare le cose senza più la spinta ideale che l?ha mosso. Ed è ancora peggio nelle opere di carità, perché quando uno cerca il profitto sa di essere in fondo un po? figlio di buona donna, ma chi fa le opere di carità pensa di essere dio. E, appunto, è peggio. Chi è Giorgio Vittadini. Il professore all’opera ? Giorgio Vittadini, classe 1954, è ordinario di Statistica all?università di Milano-Bicocca. Ha guidato la Compagnia delle Opere dal 1986 al 2004 e oggi è presidente della Fondazione per la Sussidiarietà. ? Le parole che cambiano. La serie di interviste-ragionamento di Vita attorno ad alcune parole chiave del proprio tempo Settimana prossima sarà la volta di scuola con Massimo Borghesi, docente di Filosofia all?università di Perugia


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