Sostenibilità

Le parole che cambiano / Omosessuale

Per decenni accostato ad altri aggettivi come sordido o squallido, oggi viene considerato perfino trendy. Ma per Giovanni Dall’Orto scoprirsi omosessuali è ancora un dramma. Non solo in provincia

di Sara De Carli

«Io sono omosessuale», dice un ragazzo, facendo outing davanti a un conoscente. «Ma tu hai soldi? Sei potente?» gli chiede l?altro. «No». «Allora non sei omosessuale, sei ricchione». È una barzelletta, ma per Dall?Orto descrive bene la realtà di oggi. Altro che orgoglio gay: il sentimento più diffuso tra gli omosessuali italiani è ancora la vergogna. Il problema? L?ignoranza. Cioè il fatto che ragioniamo per cliché che non corrispondono al vero. E che di omosessualità non vogliamo sentir parlare. A meno che si tratti di Platinette?

omosessuale, agg. Attratto da persone dello stesso sesso; riferito a passione, amore, rivolto a persone dello stesso sesso. s. m. e f. Chi prova inclinazione amorosa e attrazione sessuale per individui dello stesso sesso (si contrappone a eterosessuale)

(dal Dizionario italiano Sabatini Coletti)

Vita: Dolce & Gabbana, Elton John, il mercato che coccola gli omosessuali come i consumatori perfetti? Davvero non è cambiato nulla? Dall?Orto: Un?evoluzione sociale dei costumi e del giudizio c?è stata, però è molto lenta. La parola omosessualità è nata per sostituire sodomia e pederastia. Il punto è che uno può inventare tutti gli eufemismi che vuole, ma le parole veicolano idee: sono le idee che devono cambiare e ancora oggi i ragazzini per insultarsi si danno del gay. E poi Dolce & Gabbana sono di moda in quanto sono dei trend setter, non in quanto vanno a letto con un uomo? Vita: Vip a parte, come si vive oggi la scoperta della propria omosessualità? Dall?Orto: La maggior parte delle persone omosessuali ancora si vergogna. Per questo dire che l?omosessualità è alla moda è una percezione distorta della realtà. Poco fa parlavo con un ragazzo di 20 anni, gli ho dato un numero di Pride e lui non l?ha preso perché «magari poi mi vedono»: questa è Milano nel 2006, una grande città. Figurarsi in provincia. Lì i racconti sono gli stessi di trent?anni fa: isolamento, convinzione di essere l?unico omosessuale al mondo, difficoltà a venire a patti con se stessi, doppia vita. Vita: Nella moda e nell?arte l?omosessualità è più accettata? Dall?Orto: Il ragazzo che lavora per lo stilista famoso, se è palesemente omosessuale passa più guai che se stesse in fabbrica: perché in fabbrica conta che tu renda, nella moda invece devi fare immagine ed essere coerente con l?immagine aziendale. Ha presente la campagna di Toscani di quest?autunno, quella dei due uomini che si toccavano su un divano? Ho chiesto quell?immagine per metterla in copertina su Pride e mi hanno detto di no, perché l?azienda non vuole essere associata al discorso omosessuale. Telefono a Toscani, il trasgressore dei trasgressori, che mi dice: «Hanno fatto bene, quell?immagine non è omosessuale: sono due persone normalissime che stanno scherzando». Come mai? Vita: Come mai? Dall?Orto: Evidentemente in Italia questo continua a essere un problema. Quando ho iniziato a fare militanza omosessuale, mi sentivo dire: «Voi omosessuali fate schifo. Stai zitto, brutto frocio, io questi discorsi non voglio neanche sentirli». Adesso ti dicono: «Ah, l?omosessualità, sì, sì. È un problema che per fortuna è stato risolto. Grazie al cielo è diventato inutile parlarne». Il risultato è lo stesso. Da noi gli unici omosessuali cui è concesso parlare in pubblico sono quelli un po? macchiette, tipo Solange o Platinette. Nel mondo gay ci sono intellettuali, persone preparate, avvocati, ma in tv ci va sempre l?isterica di turno: quelli che potrebbero dare un?immagine diversa non li chiamano. Vita: Quali sono gli ostacoli al vivere serenamente l?omosessualità? Dall?Orto: Il problema fondamentale è l?ignoranza, non conoscere chi è e cosa fa un omosessuale, leggere l?omosessualità secondo stereotipi: cambiar sesso o prostituirsi, è l?uomo che si veste da donna o la donna che fa la camionista, è l?uomo – scusi – che lo prende in quel posto. Non si immagina un?affettività vissuta in modo positivo tra persone dello stesso sesso, né una sessualità che abbia un fine diverso da quello procreativo. A questo per gli stranieri si aggiunge il fatto che in altre culture l?omosessualità non è una tendenza interiore, ma dipende dal ruolo sessuale che si gioca. Se hai movenze, atteggiamenti, preferenze da femmina, sei omosessuale e va be?, sei una donna mancata, un figlio così non l?avrei mai voluto ma tant?è. Invece se non ti travesti, se hai comportamenti maschili normali, allora diventa incomprensibile, vuol dire che il tuo è un vizio e te lo faccio passare a mazzate. È un problema che esploderà nei prossimi cinque anni, con la seconda generazione di extracomunitari, quelli che oggi sono alle medie. Per loro fare una scelta di vita omosessuale implicherebbe rompere con il contesto da cui provengono. Vita: E per gli italiani? Dall?Orto: Anche qui mancano gli strumenti concettuali per pensare l?omosessualità in modo diverso dal sentirsi di un altro sesso. Non è un caso che a Milano nove transessuali operati su dieci vengono dal Sud. L?omosessuale medio, l?adolescente, quando si confronta con la propria omosessualità non si confronta con la realtà, ma con un?immagine stereotipata e negativa che l?educazione gli ha messo in testa. Torno a dire: non riesce a immaginare una relazione omosessuale di tipo positivo e propositivo. Questo provoca danni non solo a livello di nevrosi e conflitti interiori, ma anche nel modo in cui l?omosessualità è fruita. Vita: Nella relazione di coppia spesso viene riprodotta la dinamica dei ruoli uomo-donna: non è sintomo di una irrinunciabilità antropologica del principio della differenza? Dall?Orto: Il modello della coppia eterosessuale è l?unico culturalmente codificato, tutto qua. Una coppia eterosessuale starebbe in piedi anche senza ruoli fissi? Sì? Allora la risposta vale anche per la coppia omosessuale. Tutti i ruoli vanno bene, ma nella misura in cui sono accettati dalle due persone e non un?imposizione. Vita: Tra gli ostacoli ci sono anche fattori religiosi? Dall?Orto: Non le religioni, ma le gerarchie e le scelte che esse stanno facendo. In Italia i Valdesi hanno fatto un discorso di accoglienza nei confronti degli omosessuali. Idem gli anglicani o i presbiteriani nordamericani, che hanno stabilito che se l?omosessualità è vissuta in una dimensione di oblatività, disponibilità verso l?altro, fedeltà reciproca, ha la stessa dignità dell?eterosessualità. Molte coppie di omosessuali cattolici italiani ragionano così, e non vanno più in chiesa solo perché questo ripetere che non puoi essere contemporaneamente omosessuale e cattolico sta allontanando gli omosessuali dalla Chiesa. Tra l?altro nessuno vive male la sessualità come gli omosessuali cattolici indecisi: sono persone non disponibili a relazioni affettive stabili e paritarie, che vogliono solo sfruttare sessualmente il corpo di una persona. Non vivono l?affettività, l?amore, il dono. Vita: Omosessuale: si nasce o si sceglie? Dall?Orto: Non si nasce, non si sceglie, non si diventa: lo si è. Ma un conto è esserlo, un altro ammetterlo. Negli ultimi quindici anni l?età a cui lo si fa è scesa, perché ci sono più informazioni. Prima era sui 25 anni, oggi sui 15; cioè ragazzini inaccoglibili per qualsiasi gruppo gay, per il rischio pedofilia. A Milano a questo bisogno hanno risposto i genitori dell?Agedo, che hanno creato un gruppo per adolescenti. È un problema serio, perché nel gruppo di adolescenti l?omosessuale diventa di default il capro espiatorio: in questa fascia d?età ci sono dati di suicidi e tentati suicidi altissimi. Ma il problema dell?accettazione è lo stesso per tutti: essere qualcosa che non vuoi essere. Non è che non si possa discutere in astratto delle cause dell?omosessualità, quello che importa però è che omosessuale lo sei, non scegli deliberatamente di diventarlo, è un ospite che ti trovi dentro, ti piaccia o no. È chiaro che chi legge il comportamento omosessuale come colpa morale non accetterà mai che uno nasca così: infatti c?è un?offensiva della destra cristiana americana che dice che l?omosessualità è una malattia da cui si può guarire. Dimenticano che l?omosessualità non è stata tolta dall?elenco delle malattie mentali per capriccio, ma perché gli studi di psicologi e psichiatri hanno dimostrato che l?adattamento psicologico di un omosessuale è indistinguibile da quello di un eterosessuale. Vita: Come definisce lei l?omosessualità? Dall?Orto: Un modo di vivere la sessualità. Ci sono persone destrine e mancine, bionde e more, con gli occhi marroni e con gli occhi azzurri, omosessuali e eterosessuali. Secondo noi l?omosessualità rientra in questo range di possibilità. Banalizzo? No. O forse è una banalizzazione a cui è giusto arrivare. Chi è Giovanni Dall’Orto, uno scrittore militante Giovanni Dall’Orto è nato a Milano nel 1958. Giornalista e scrittore, dal 2000 dirige il mensile Pride. Per due volte presidente dell’Arcigay di Milano, Dall’Orto ha un curatissimo sito sulla cultura omosessuale, www.giovannidallorto.com, che spazia dall?attualità a interventi di taglio storico, con documenti rarissimi. Ha collaborato all?Encyclopaedia of Homosexuality e al Who?s who in gay and lesbian history. Tra i suoi ultimi libri ricordiamo Figli diversi, scritto insieme alla madre Paola e Manuale per coppie diverse.

Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA