Famiglia

Le parole che cambiano/ Cittadino

O meglio “cittadina”. Per Gregorio Arena in quest’epoca in cui tutti siamo stati trasformati in “clienti”, sono le donne le depositarie dell’idea di cittadinanza

di Francesco Maggio

Cittadino, s.m. 1. Chi vive in città, specialmente un tempo usato in contrapposizione all?abitante del contado. 2. Membro di una collettività organizzata in Stato. 3. Chi appartiene a una comunità ideale (dal Dizionario italiano Sabatini Colletti) Cliente, consumatore, lavoratore, addirittura stakeholder. Così stoppiamo subito l?elenco, abbiamo la sensazione di non aver dimenticato nessuno e ce la caviamo con le definizioni ?chiuse?. Ciascuna è esaustiva, ciascuna parla chiaramente di noi a seconda del ?segmento? della nostra vita in cui la collochiamo, in cui ci collochiamo. Poi però arriva il ?cittadino? ed ecco che scompagina tutto. Le rassicuranti parole chiave lasciano il posto a un?espressione piuttosto inafferrabile. Comunque continuamente in evoluzione. In ogni caso mai sufficientemente delineata e spiegata nei suoi stessi significati fondanti. A meno che non si cimenti nell?intento chi del cittadino conosce così bene le caratteristiche e le potenzialità che lo vorrebbe ?attivo?. Come Gregorio Arena, ordinario di Diritto amministrativo all?università di Trento e presidente di Cittadinanzattiva, movimento di partecipazione civica nato nel 1978 con il nome di Movimento federativo democratico, su impulso di Giovanni Moro. Vita: Professore, chi è oggi il cittadino italiano? Gregorio Arena: Sul piano giuridico è abbastanza chiaro: è cittadino italiano colui che risponde a determinati requisiti, che è nato da genitori italiani, eccetera, eccetera. La novità è che oggi si può essere cittadini in vari modi e quindi bisogna capire di quale cittadino parliamo. Vita: Andiamo allora con ordine: che differenza c?è tra cittadino italiano e cittadino europeo? Arena: Non esiste il cittadino europeo, esiste invece la cittadinanza europea come insieme di diritti che si aggiungono alla cittadinanza nazionale. Tu acquisti una cittadinanza europea solo se acquisti la cittadinanza nazionale. Si pensi alla possibilità di poter attraversare le frontiere senza dover presentare il passaporto. Diverso è il caso se il confronto è tra cittadino italiano e cittadino americano o inglese. Qui la differenza sta nel senso di appartenenza a una comunità, il senso di responsabilità verso i beni comuni. Vita: Da cosa dipende questa differenza di consapevolezza? Arena:Dal fatto che quando sono arrivati in America, ma anche in Inghilterra, hanno dovuto cavarsela da soli, senza poter fare affidamento sulla pubblica amministrazione perché questa era lontanissima per via delle enormi distanze che nell?Ottocento dividevano quei luoghi. Le difficoltà li hanno subito costretti a mettersi all?opera per affrontare problemi molto concreti come difendersi dagli animali, coltivare la terra, mantenere l?ordine, istruire i bambini. Tra l?altro questo è un processo molto simile a quello verificatosi nello stesso periodo in Europa nell?arco alpino con il fenomeno dei pompieri volontari: nel Nord Tirolo come nel Sud Tirolo, sui Pirenei come in Svizzera se scoppiava un incendio, l?intera comunità si precipitava a spegnerlo perché non poteva aspettarsi i soccorsi da qualcuno che doveva arrivare da chissà dove. Vita: Ci sono soglie minime e massime di cittadinanza? Arena: Ci sono innanzitutto quelli al di sotto della soglia minima di cittadinanza, quelli che io chiamo i cittadini parassiti che dalla comunità prendono ma non danno nulla: gli evasori fiscali, quelli che pagano in nero, che non votano. Sulla soglia minima ci sono, invece, quelli che prendono e danno, votano, partecipano in qualche modo alla vita collettiva, pagano le tasse, rispettano le leggi, e questo è sufficiente per essere definito un buon cittadino. Poi andando oltre questa soglia minima c?è uno spazio vuoto che potenzialmente può essere riempito dalla cittadinanza attiva e in fondo a questo spazio vuoto c?è il massimo della cittadinanza attiva, rappresentato dai cittadini che fanno volontariato, che dedicano una parte significativa del proprio tempo agli altri, che assistono i malati, guidano le ambulanze, fanno soccorso alpino, fra la soglia minima e la soglia massima, grazie alla sussidiarietà orizzontale prevista dall?articolo 118 della Costituzione, si possono avere tanti modi di essere cittadino attivo e questa è la grande novità dei giorni nostri. Fino al 2001 questo era uno spazio che non si poteva ?riempire? perché appena si usciva dalla soglia minima per fare qualche cosa che spettava all?amministrazione pubblica o che, comunque, riguardava l?interesse generale ti dicevano «tu non puoi». Per denunciare tale anomalie Cittadinanzattiva qualche anno fa fece la campagna Imputati per eccesso di cittadinanza. Vita: Quale metamorfosi ha subìto la parola cittadino dal varo della Costituzione italiana? Arena: Dal 1948 al 1970, il cittadino italiano era il cittadino minimo. Il 1970 rappresenta una frattura nella storia delle nostre istituzioni, perché inizia il processo di regionalizzazione ed è l?avvio di un decennio in cui la parola d?ordine è ?partecipazione?. Il cittadino è colui che partecipa: in quegli anni, per esempio, nascono i comitati di quartiere che poi diventano circoscrizioni. Nei consigli di amministrazione degli enti pubblici entrano i rappresentanti dei sindacati e degli utenti. Gli anni 80 sono quelli della delusione della partecipazione, perché ti fanno partecipare ma quando tu entri nelle stanze dei bottoni scopri che tutti i moduli li hanno portati al piano di sopra. Cioè le decisioni sono già state prese. Il 1990 è poi un anno cardine perché è l?anno della legge sul procedimento amministrativo, l?anno in cui si riconosce ai privati il diritto a partecipare al processo decisionale della pubblica amministrazione, che è altra cosa rispetto al processo decisionale politico. Vita: Cioè? Arena: Mi riferisco al diritto di accesso ai documenti amministrativi, al diritto a usare l?autocertificazione, al diritto all?efficienza e all?efficacia della pubblica amministrazione. Mentre la cittadinanza politica tradizionale dal 1948 al 1990 era esercitabile solo da coloro che erano formalmente cittadini italiani, la cittadinanza sociale e soprattutto quella amministrativa diventa esercitabile anche da cittadini di altri Stati. Per esempio un extracomunitario non può votare, non può essere eletto ma ha diritto di accesso ai documenti della pubblica amministrazione, ha diritto a usare l?autocertificazione, a ricevere la comunicazione di avvio del procedimento. La cittadinanza amministrativa diventa più ampia di quella politica. Vita: È corretto affermare che anche l?impresa, oggi, è in un certo senso ?cittadino?? Arena: Una simile affermazione ha senso se ci riferiamo alla cosiddetta cittadinanza d?impresa per indicare che anche le aziende possono diventare, se lo decidono, soggetti attivi nel perseguimento dell?interesse generale così come le persone fisiche. Ciò significa riconoscere che le imprese non sono soggetti che perseguono esclusivamente profitto, sviluppo, lavoro, ma possono svolgere anche una funzione di interesse generale, perseguire e curare beni comuni. D?altronde le imprese si rendono sempre più conto che non possono più distinguere tra cliente, consumatore, cittadino, la stessa persona come cittadino si batte per difendere il verde nel proprio quartiere e come consumatore non è disposto a comprare prodotti inquinanti. Vita: Come evolverà secondo lei la parola cittadino? Arena: Il punto cruciale è l?assunzione di responsabilità. Bisogna far capire ad alcuni milioni di persone che essere cittadini oggi non può più significare limitarsi a osservare le leggi e a pagare le tasse, ma c?è bisogno di assumersi responsabilità verso i beni comuni. Senza per questo diventare volontari a tutti i costi, cioè cittadini che si collocano nella sfera della cittadinanza massima. Vita: Ma come si concilia l?esigenza di avere più cittadini ?responsabili? con i tempi lunghi che un simile obiettivo necessariamente comporta? Arena: La questione sta in termini un po? diversi. Io ho verificato che i cittadini diventano attivi se posti davanti a questioni concrete. Noi abbiamo fatto un?indagine tra gli iscritti a Cittadinanzattiva e abbiamo chiesto loro: «Perché vi siete iscritti al movimento?». La prima risposta è stata: «Perché non voglio che succeda ad altri quello che è successo a me». La seconda è stata, ma con percentuali decisamente più basse: «Per cambiare il mondo». La prima è una risposta straordinaria perché è la risposta di chi di fronte a un problema personale per il quale non trova più soluzione, reagisce cercando la soluzione per gli altri. Vita: Esiste la figura del cittadino modello? Arena: Direi che il cittadino modello è una donna. Secondo me è più facile che oggi a mobilitarsi sia una donna piuttosto che un uomo. Per tante ragioni, a cominciare dalla circostanza che le donne hanno maggiore concretezza nell?affrontare i problemi, sono più abituate ad essere minoranza, e quindi hanno imparato a reagire non utilizzando il potere ma usando invece la persuasione e, soprattutto, l?alleanza fra gli interessi. Chi è Gregorio Arena Il ?riformista?della pubblica amministrazione Gregorio Arena è professore ordinario di Diritto amministrativo presso l?università di Trento e professore incaricato di Diritto dell?informazione e della comunicazione pubblica presso lo Spisa di Bologna. È autore di numerosi saggi riguardanti diversi aspetti del rapporto tra amministrazione e cittadini. Ha partecipato attivamente alle riforme amministrative degli ultimi anni, con particolare riferimento alla realizzazione del diritto di accesso e alla semplificazione della documentazione amministrativa.


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