Sostenibilità

Le pagelle d’Anselmi

Bilanci sociali sotto la lente: Coop Italia. Cooperativi, quindi responsabili. E viceversa

di Redazione

L?amara pillola campeggia sul <i>Rapporto sociale 2005</i> di Coop: «farmaci + liberi: prezzi + bassi» legge lo slogan. Amara perché rinnova lo stigma sociale sul farmacista a chi è cresciuto nel retrobottega di una farmacia, giusta perché il monopolio distributivo non ha senso.

La pillola è simbolo della proposta di legge popolare promossa da Coop nel 2005. Diffusa nella seconda metà del 2006, viene bruciata da Bersani che accoglie la proposta nel decreto di metà anno. La cosa fa apparire oggi lo slogan una piaggeria verso il ministro…

Il sottotitolo «Sistema coop nazionale » fa pensare a tutta la Lega nazionale delle cooperative, le cosiddette cooperative rosse, l?omologo di Confindustria. No: Coop è solo la operativa del food. È sistema perché sono tante e collegate insieme. Decine di entità su 16 regioni. Roba grossa: il 18% del cibo nazionale. Per cui qui non si parla di politica. Controlla una serie di altre entità, maggiore tra le quali è Unipol, per cui il report salta subito coi piedi nel piatto e racconta il fattaccio della tentata acquisizione di Bnl. Coraggio e chiarezza.

Specificità al centro

Il tema chiave è la specificità cooperativa. Tesi: la csr di una cooperativa si vede dallo sviluppo di indicatori dell?essere cooperativa. Non è (più) una mutua di operai dell?inizio del ?900 bucati dalle cannonate di Bava Beccaris.

Sono persone che, forti di una storia e di una adesione ideologica, fanno impresa su grande scala. Si tratta quindi di misurare in modo moderno l?essere cooperativa perché la coop ha un vantaggio fiscale: non tassazione dei profitti, che non possono essere distribuiti.

Coop ha sei milioni di soci. Più 7% sul 2004. Come si diventa soci non è specificato nel report. Da Ferrara ci informano che la tessera costa 25 euro: è come fare una card di fedeltà, ma Coop fa molto outreach e tiene in vita un articolato sistema di partecipazione che ha successo con l?1% dei soci, cioè alle assemblee ci vanno 66mila dei 6 milioni. Realizza così una figura di stakeholder distinta sia dal consumatore che dal socio di una spa. Le assemblee creano un momento di aggregazione sociale. Si parlerà pure di cibo, ma è sempre meglio che andare da Costanzo e poi trovi ciò che cercavi: il programma sul controllo della obesità a pag. 64, per esempio, e si potrebbe magari sperimentare la tassazione del colesterolo.

Tra gli eventi documentati c?è l?assemblea generale dal tema <i>Uguali. Diversi. Unici. Soci Coop:</i> un?ossimorìa che lascerei alle manifestazioni del Centro Pio Manzù.

Incontriamo poi il concetto di prevalenza, che rappresenta la quota di vendite fatte ai soci: 70%, cioè il 70% del fatturato è fatto con i 6 milioni di soci. Questo numero è un indicatore della natura di cooperativa di consumo dell?azienda in oggetto, cioè una sodalitas che serve a fare massa critica e consumare in maniera vantaggiosa. È un gruppo di acquisto.

Persone e non risorse umane

Fare cooperativa inoltre non è copertura di profitti fatti in altro modo, per esempio attraverso i salari ai dirigenti e sarebbe carino dirlo con qualche numero. Viene però documentato con grafici acuti che l?azienda ha assorbito pezzi di inflazione e/o pezzi di aumento dei costi rinunciando a profitti.

Spiace leggere che «la Cooperativa è un?impresa solidale e senza fini di speculazione privata», speculazione è il profitto degli altri: anche il non profit fa profitto (<i>Communitas</i>, 10/06, pag. 84). È bello che i dipendenti vengano chiamati persone e non risorse umane e c?è disclosure nel report per cui la tesi vale anche al ritorno: la cooperativa si vede dalla csr. A prova contraria di concorrente.


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