Mondo

Le nostre vie e città non sono realtà immobili

di Redazione

Sono appena tornato da una breve vacanza a Parigi, metropoli dalle tante “via Quarenghi”, e sono tornato in via Quarenghi a Bergamo dove da 18 anni lavoro. Ho tanti pensieri sulla via, spesso esternati anche sulla stampa bergamasca, ovviamente pensieri “di parte” essendo presidente dell’Arci di Bergamo.
Sono tornato e mi ritrovo di nuovo di fronte all’ennesimo proposito di “interventi radicali sulla via”. Purtroppo, gli interventi sono sempre declinati su un singolo punto: la persecuzione del reato e di tanto in tanto ci troviamo la via “militarizzata”, si dimentica, invece, la parte più importante, la prevenzione dei reati e dei conflitti, l’educazione alla cittadinanza, la costruzione di coesione sociale. Cardini che, assieme alla giusta persecuzione dei reati, possono contribuire a costruire una “comunità forte”. Si danno dati importanti che giustifichino “azioni forti” quali arresti per spaccio e per aver eluso la Bossi -Fini, ma non ci si sofferma a valutare come l’impianto della Bossi-Fini favorisca la microcriminalità; si parla di tornare a dare radici di “bergamaschicità” ad un borgo storico dimenticando che la “crisi” del piccolo commercio e dei negozi di vicinato non è certamente dovuta all’immigrazione e che dunque non bastano parole ma servono “fatti” e forse anche pensare che siano alcuni di questi stessi negozi “di cittadini stranieri” che possano diventare “negozi di vicinato”. Non voglio assolutamente con questo dire che non si debba intervenire con le forze dell’ordine, vorrei solo proporre che oltre a curare i sintomi della malattia si curi la malattia stessa. Prendiamo il tema spaccio: lo spaccio è la malattia o il sintomo? Io penso sia la “seconda che ho detto”. Una recente ricerca ad esempio denunciava come molti muratori bergamaschi e bresciani fossero grandi consumatori di cocaina (si dava un rapporto 1/5), i giovani continuano ad ingurgitare pasticche ecc.: forte è la domanda forte è la presenza di spacciatori. Se arresto uno spacciatore ne ho altri due pronti a scendere in campo. Se “presidio” 24 ore su 24 ore (con la polizia che denuncia di avere 1,5 volanti forse è un po’ dura) la via Quarenghi sicuramente non avrò più uno spacciatore nella via, ma li troverò due vie più in la. Partendo da questo mio pensiero le soluzioni alla via Quarenghi che vedo sono solo due: la prima (provocatoria) prevede lo “spostamento” di tutti i cittadini immigrati e delle relative attività commerciali in altri luoghi; la seconda invece che si prenda atto dei mutamenti sociali, demografici, urbanistici avvenuti e che si lavori su questo con tutti gli strumenti che prima richiamavo (prevenzione e persecuzione dei reati, costruzione di cittadinanza e di coesione sociale). Io preferisco la seconda opzione perchè Via Quarenghi, come la città, è cambiata e cambierà ancora, non siamo “realtà immobili”.

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