Cultura

Le monde sul boom: Quei criteri sono diventati una jungla

polemiche francesci

di Francesco Maggio

Sicuri che il boom dei fondi etici sia la diretta conseguenza di un cambiamento della società e non di uno studio di marketing? A chiederselo è il quotidiano Le Monde che, il 10 dicembre scorso ha dedicato il suo inserto economico al grande sviluppo della finanza socialmente responsabile in Francia invitando i lettori a esaminare cosa si cela davvero dietro l?etichetta ?etico? di cui si fregiano i tanti prodotti finanziari immesi sul mercato. Sul loro successo, l?autorevole quotidiano non ha dubbi: solo i 42 fondi etici francesi, al 15 novembre gestivano un patrimonio collettivo di 924 milioni di euro. Ma sulla loro eticità, e soprattutto sui diversi criteri di esclusione applicati dai gestori del fondo, le critiche non mancano.
A cominciare da quelle di Christian Cambier, presidente della società di gestione Prigest: «Non mi fido della moltiplicazione dei prodotti etici», afferma con decisione, «i criteri di esclusione che applicano variano da fondo a fondo, e quelli che valgono in un certo momento possono non valere più subito dopo. Prendiamo le armi, per esempio: alcuni gestori si rifiutano di investire nell?industria degli armamenti, ma che posizione prendono quando diventa necessario difendersi come hanno dimostrato i recenti fatti di cronaca? Molto più importante sarebbe garantire sulla deontologia dei gestori e delle Borse». Criteri etici che per Cambier sono molto più difficili da certificare. «L?obiettivo di un gestore di fondi, è far guadagnare chi li sottoscrive. Se no, chi paga il costo dell?etica?». Semplice: gli azionisti. Che, stando a uno studio pubblicato da Novethic-Ipsos il 6 dicembre, sono disposti a vendere le azioni di imprese giudicate poco responsabili nei confronti dell?ambiente e della società. Lo ha dichiarato il 70% delle 500 persone intervistate.

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