Famiglia

Le molte ombre di una riforma necessaria

Tutti d’accordo che la vecchia legge sul collocamento obbligatorio andasse cambiata. Le voci discordano su metodo (poca concertazione) e sostanza.

di Francesco Agresti

L o scorso 31 luglio il governo ha definitivamente approvato il decreto legislativo che dà corpo alla delega concessagli dal Parlamento lo scorso mese di febbraio per riformare le regole del mercato del lavoro. L?articolo 14 di questo provvedimento ha introdotto alcune modifiche all?articolo 12 della legge 68. Se vi è quasi consenso unanime nel decretare il fallimento della legge 68, opinioni discordanti dividono le parti interessate su come si è deciso di intervenire.
«La legge 68», precisa Giacomo Libardi, responsabile area Sviluppo del Consorzio Cgm, «è una pessima legge per tre motivi: primo, sottrae all?obbligo una serie di imprese; secondo prevede che i disabili vengano assunti ex novo, per cui un dipendente che subisce una riduzione della capacità lavorativa (inferiore al 60%, ndr) non viene compreso nella quota di riserva; infine, gli invalidi psichici possono essere assunti solo su chiamata nominativa da parte dell?impresa, ragion per cui, tranne rare eccezioni, le imprese non assumono disabili psichici».

Un meccanismo contorto
La 68, spiega Libardi, ha provocato effettivamente una serie di problemi che bloccano la sua attuazione. Con l?articolo 14 della cosiddetta legge Biagi si prova a rendere percorribile lo scambio dell?obbligo, anche se (e qui, secondo Cgm, si sbaglia) si pretende di continuare a voler applicare il meccanismo dell?obbligo «anche dove non può funzionare».
L?articolo 12 andava modificato anche per Federsolidarietà, che durante il confronto che ha portato alla formulazione dell?articolo 14 ha avanzato degli emendamenti, che però non sono stati accolti. «Da tempo», spiega Gianfranco Marocchi, consigliere di presidenza di Federsolidarietà, «proponevamo una modifica alla legge 68 e in particolare all?articolo 12, che ha mostrato dei limiti. Il problema è come si è intervenuti. Accogliamo con favore l?eliminazione del vincolo imposto alle imprese di assumere il lavoratore disabile, che poi veniva avviato al lavoro da una cooperativa sociale, perché era un meccanismo contorto che ha fatto desistere i datori di lavoro. Avremmo preferito però che nel testo fossero stati inseriti vincoli per la successiva assunzione da parte delle imprese del disabile una volta completato il periodo di inserimento nella coop sociale».

No alla ghettizzazione
Uno degli emendamenti di Federsolidarietà prevedeva infatti che, salvo i casi più gravi, l?assunzione della cooperativa fosse a tempo determinato in vista di una successiva ricollocazione presso le imprese. «In questi anni il numero degli svantaggiati inseriti dalle coop sociali è cresciuto di 1000-1500 unità l?anno», conclude Marocchi. «Credo ci si possa aspettare un incremento degli inserimenti dell?ordine di circa 500 lavoratori in più l?anno».
Di tutt?altro tono il giudizio della Federazione italiana per il superamento della disabilità-Fish. « L?articolo 14», dice Salvatore Nocera della Fish, «è un ulteriore colpo di piccone alla legge 68 e riapre la strada ai ?lavoratori protetti?, una deriva gravissima che spero i sindacati riusciranno ad arginare negli accordi che dovranno sottoscrivere con le altri parti sulla formulazione delle convenzioni-tipo previste da quell?articolo». Il rischio, sostengono quelli della Fish, è che si vada verso una ghettizzazione dei lavoratori disabili: i datori di lavoro infatti non avranno più l?obbligo di riassumerli.

Lavorare all?applicazione
Sulla stessa lunghezza d?onda Costanza Fanelli, a capo della cooperazione sociale in Legacoop, che a Vita poche settimane fa dichiarò che l?articolo 14 è una «norma con debolezze, che poco tutela le pari opportunità dei disabili e che dà vita a un meccanismo per ora impraticabile che invece dovrebbe partire da una visione della cooperazione sociale come diretta protagonista di politiche innovative, non sostituiva di altri soggetti produttivi».
Ed è proprio sulla contrattazione tra le parti che il consorzio Cgm è già a lavoro: «L?importante ora», dice Silvia Guazzini, autrice del quaderno di Impresa sociale Inclusione sociale e lavoro, «è lavorare all?applicazione dell?articolo 14 per non raccogliere l?eredità dell?articolo 12, che è rimasto lettera morta. Elaboreremo linee guida di applicazione che possano permetterne l?attuazione. Il rischio infatti è che venga applicato solo in alcune zone, e rimanga inattuabile in quelle in cui i rapporti tra imprese e cooperative sociali non sono sviluppati. Per noi un punto qualificante di queste linee deve essere il ruolo del consorzio come interlocutore nella contrattazione con le altre parti sociali».
Per le coop sociali, insomma, questa pare essere una nuova opportunità che se colta bene potrebbe facilitare l?inserimento lavorativo e realizzare dei distretti industriali che abbiano una connotazione sociale, se gestita male rischia di essere più deleteria dell?articolo 12
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