Mondo

Le modelliste fiorite nel deserto. Una storia di riscatto dall’Etiopia

Un angolo sperduto su un altopiano di rocce. Ora grazie alle suore salesiane c’è persino una scuola di formazione. (di Valentina Melis)

di Redazione

Èsorta su un deserto di rocce la missione salesiana di Adwa, in Etiopia, 200mila metri quadrati di terreno donati dal governo etiope dove oggi ci sono una scuola materna e quattro classi di scuola elementare per 700 bambini adottati a distanza, oltre a un corso professionale di sartoria per le donne. Il prossimo obiettivo è realizzare altre sei aule e completare così i locali per l?istruzione primaria e secondaria. Per questo è venuta in Italia, a chiedere aiuto, suor Laura Girotto, 58 anni, 35 dei quali passati in missione in Egitto, Siria, Libano, Zaire, India. Ultima tappa, nel 1994, proprio l?Etiopia, uno dei Paesi più poveri dell?Africa, con un reddito pro capite di 560 dollari, una televisione ogni 250 abitanti, un telefono ogni 329. «Nella regione del Tigrai, i missionari non c?erano più dal 1620, quando furono cacciati i Gesuiti», racconta suor Laura mostrando le foto delle case locali, costruite con il fango. «Al nostro arrivo abbiamo trovato una miseria scioccante, anche per me che ero stata in India». A 1.070 chilometri Nella zona dove oggi sorge la missione salesiana, al confine con l?Eritrea, la corrente elettrica c?è solo da due anni, ma mancano le fogne e la rete idrica. Per arrivare alla capitale Addis Abeba, la città di riferimento per spese e rifornimenti alimentari, a 1.070 chilometri di distanza, ci vogliono due giorni di viaggio in fuoristrada e 4 in camion. «Ero seduta sulla mia unica valigia», ricorda suor Laura i suoi primi giorni ad Adwa. «Mi domandavo che indirizzo dare alla missione. Mi si è avvicinato un gruppo di bambini, che ha cominciato a farmi festa. Non capivo che cosa dicevano né loro capivano me, ma lì cominciò tutto. Individuammo il nostro punto di partenza nelle fasce più deboli: i bambini e le donne». Così sono nati i corsi per l?alfabetizzazione delle donne, per la cura dei più piccoli. Il primo passo è stato l?assistenza sanitaria. «Dopo 8 anni», continua Laura, «abbiamo finalmente una piccola infermeria scolastica». Ripercorre le storie di neonati salvati con la respirazione bocca a bocca, di come ha imparato a distinguere, tra i tanti, casi di Aids e di tubercolosi, di come ha salvato una bambina completamente scottata da una pentola d?acqua bollente. «La solidarietà esiste in Italia», dice suor Laura. «Quella bambina aveva scottature da terapia intensiva. Quando ho telefonato , mi hanno messo in contatto con l?ospedale per i grandi ustionati di Cesena: i medici mi hanno mandato unguenti e antibiotici, mi hanno spiegato come fare, mi telefonavano a giorni alterni per mesi. C?è voluto un anno, ma la bambina oggi è guarita e va a scuola». E nella scuola, con lei sono assistiti1.790 bambini adottati a distanza e le famiglie cui questi piccoli, spesso orfani, sono affidati. Non solo scuola, però, anche se questa è la scommessa per il futuro. La missione dà direttamente lavoro a 148 famiglie perché il personale, a parte le 6 religiose e un sacerdote, è tutto del posto, e inoltre collabora con due fabbriche tedesche che lavorano nella zona e producono capi d?abbigliamento per il mercato europeo, in joint venture con il governo etiopico. «Mi fu chiesto di preparare la manodopera», racconta suor Laura. «Prima di entrare in convento facevo la sarta, così chiesi alle due aziende di procurarmi il materiale. Abbiamo avuto le macchine industriali e i computer necessari. Oggi le nostre ragazze sono modelliste che disegnano gli abiti con l?autocad. E con i ritagli del cotone che usano le fabbriche, confezioniamo biancheria intima, che in Etiopia molte donne neanche conoscono». Suor Laura aggiunge un aneddoto, quasi con orgoglio. «Pochi mesi dopo aver avviato questo lavoro, un gruppo di ragazze mi invitò a festeggiare con un vassoio di dolci: due di loro erano riuscite a evitare il matrimonio combinato. Picchiate, e con la minaccia di essere cacciate da casa, quelle donne erano riuscite finalmente a far valere i loro diritti perché il loro stipendio manteneva tutta la famiglia». di Valentina Melis info Per aiuti: Fondazione ?James non morirà?, via G. Nicotera,29-00195 Roma c/c 7103/22 ABI 3512 CAB 3200 Credito Artigiano, via S. Pio X 6/10 – RM


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