Mondo
Le mie richieste di giornalista esule russo ai pacifisti italiani
Aiutate gli esuli russi che hanno molti problemi nel ricevere uno status che permetta loro di vivere, soprattutto tenendo presenti le sanzioni introdotte dall’Unione Europea dopo l’inizio della guerra. Sostenete il settore non profit russo che è stato silenziato e chiuso. E sappiate che il numero di coloro che considerano la guerra un insuccesso, è passato dal 19% di luglio dell’anno scorso all’attuale 33%. Sostenete questa voglia di pace
Riproponiamo l'imntervento di Alexander Bayanov (nella foto), giornalista e sociologo esule, al Convegno del Mean e della Pontificia Università Antonianum
Tra una settimana uscirà il nuovo numero della rivista VITA dal titolo “La mia Russia”, un numero del magazine che mi è stato interamente affidato e che è stato composto dagli interventi di 12 colleghi russi esuli o ancora nel territorio della Federazione e che prova a restituire cosa sia oggi il mio Paese nel racconto di intellettuali, imprenditori, protagonisti delle realtà non profit o della vita religiosa. Non predetelo quindi per in quelle pagine (comprese le illustrazioni) sarà possibile leggere dettagliatamente cosa è successo e cosa sta succedendo nel mio Paese.
Mi soffermerò oggi su tre punti in particolare su cui chiedo aiuto ai pacifisti italiani.
1. Dopo l’inizio dell’ingiusta e folle guerra con l’Ucraina, decine di migliaia di persone sono state costrette a lasciare la Russia. Si tratta soprattutto di giornalisti, politici, attivisti di organizzazioni non governative e non profit. Il governo russo ha introdotto la possibilità di perseguire penalmente queste categorie di cittadini, con condanne fino ai 15 anni di reclusione, nel caso si esprima disaccordo con la decisione delle autorità russe di cominciare la guerra, e poi per il semplice uso della parola “guerra”. Le autorità russe hanno definito la guerra in Ucraina “operazione militare speciale”, e hanno approvato una legge secondo la quale chiamare “guerra” questa “operazione militare speciale” è perseguibile penalmente. Ad oggi ci sono già decine di casi di condanne di questo tipo, a 5, 7, 10 anni di reclusione solo per l’utilizzo della parola “guerra” sui social e sui media, o per la diffusione di informazioni dei media internazionali o ucraini sui crimini di guerra commessi dall’esercito russo.
L’articolo di legge in questione, seguendo la logica distorta delle autorità russe, è definito “diffusione di fake news sulle attività delle forze armate russe”. Come è noto, secondo la propaganda russa le attività dell’esercito sono motivate esclusivamente da scopi “pacifici”, volti a combattere il nazismo che avrebbe preso il potere in Ucraina. Dopo la chiamata alle armi per la guerra contro l’Ucraina, a settembre 2022, hanno lasciato la Russia in tutta fretta altre centinaia di migliaia di persone che non volevano essere richiamate. Secondo valutazioni di diverse organizzazioni umanitarie, stiamo parlando di un milione di rifugiati in Armenia, Georgia, Germania, Francia, Italia e perfino in Mongolia. Si può parlare di catastrofe umanitaria per coloro che sono stati costretti ad emigrare per la persecuzione delle autorità russe. Questa ondata di emigranti può essere paragonata, come numeri, alla prima ondata di emigrazione seguita alla rivoluzione e alla guerra civile negli anni 1917-1922, anni in cui sono fuggiti in Europa dalla Russia due milioni e mezzo di persone. I rifugiati hanno molti problemi nel ricevere uno status che permetta loro di vivere, soprattutto tenendo presenti le sanzioni introdotte dall’Unione Europea dopo l’inizio della guerra. Per esempio, se i ministeri per gli affari esteri della Germania e dell’Italia concedono praticamente sempre i visti di ingresso, a livello locale non sempre è chiaro di che tipo di rifugiati si tratti e perché siano scappati dalla Russia. Attualmente, a livello della Commissione e del Parlamento Europei, si stanno svolgendo delle consultazioni con i rappresentanti di questa ondata di emigrazione dalla Russia, per cercare di chiarire i problemi giuridici legati alla permanenza di queste persone nell’Unione Europea. Ma queste persone ora soffrono, e combattono la propria guerra per la sopravvivenza con la burocrazia nei luoghi dove si trovano. Aiutateci ad ottenere uno status che tenga conto della nostra situazione di perseguitati politici.
2. Il periodo di crescita della Russia di Putin, nel primo decennio del suo potere, ha visto un potente sviluppo del settore delle organizzazioni non profit. Forse ricorderete che all’epoca la Russia e la NATO avevano sottoscritto un accordo di collaborazione, con cosiddetto Accordo di Roma del 2002. E in queste condizioni favorevoli, con l’appoggio dell’Unione Europea, migliaia di cittadini russi hanno cominciato ad operare praticamente in tutti i settori delle attività sociali, dai problemi dell’ecologia, ai problemi del benessere delle categorie dei bisognosi, dall’aiuto ai rifugiati provenienti dalle zone di conflitti locali: un’enorme infrastruttura di organizzazioni non profit e un grande aiuto da parte di donatori, sia cittadini russi che partner e organizzazioni europee hanno permesso di conseguire importanti sviluppi umanitari nella società russa. Oggi, per la guerra con l’Ucraina e le conseguenti sanzioni, così come per la pressione da parte del Governo russo che denuncia come “agenti stranieri” i giornalisti, i volontari, in sostanza tutti quelli che non condividono ciò che sta accadendo e l’attuale situazione di dittatura (come è successo per esempio con Green Peace settimana scorsa), tutto il settore non profit si trova in pericolo. Il messaggio degli operatori delle organizzazioni non profit russe ai loro colleghi europei è una richiesta di non essere dimenticati, che ci si ricordi di loro, che si usino tutti i mezzi possibili per continuare a collaborare. Se non si riesce ad aiutare economicamente, bisogna aiutare con le parole: l’importante è che ci si ricordi di loro. È importante tenere presente fin d’ora che, quando la guerra finirà e il governo russo crollerà, saranno proprio gli attuali emigrati russi e gli operatori delle organizzazioni non profit a definire la politica di una possibile nuova Russia.
3. Le condizioni della società in Russia destano una particolare preoccupazione. Secondo l’opinione espressa dai media, la società russa è per lo più a favore della guerra e, in seguito alla propaganda e l’onda pseudo-patriottica, è anche a favore delle decisioni dittatoriali del Governo. Quando governa una dittatura, è molto difficile valutare l’opinione pubblica, innanzitutto perché non c’è certezza sulla sincerità di chi partecipa ai sondaggi. Nella società si instaura una condizione di “spirale di silenzio”: chi partecipa ai sondaggi, per la propria sicurezza personale, preferisce esprimere un punto di vista in accordo con la maggioranza, per non trovarsi poi in minoranza ed essere potenziale oggetto di attenzione prima e poi di repressione. Tuttavia vengono fatti dei tentativi di capire cosa pensa davvero la gente in Russia. La società Russian Field, formata da un gruppo di sociologi russi di cui non si conoscono i nomi e i numeri, agisce praticamente in clandestinità e pubblica su Instagram i risultati delle proprie ricerche. Grazie a domande poste in modo intelligente, che non richiedono una risposta univoca (o sì o no) e che vengono formulate in modo rassicurante per gli intervistati, si è capito che alla domanda diretta in merito al sostegno alla “operazione militare speciale”, il 70% degli intervistati si esprime a favore. Ma se la domanda riguarda il successo o l’insuccesso dell’“operazione militare speciale” e la possibilità di avviare colloqui di pace e di interrompere le azioni militari, allora la maggioranza si divide in due gruppi, in cui i sostenitori della guerra non superano il 30%, mentre il rimanente 40% è formato da chi ancora non è deciso ed è pronto sia a sostenere la guerra che a passare ai colloqui di pace. E in tutti i sondaggi c’è un abbondante 30% costantemente contrario alla guerra. All’inizio dell’anno, nella valutazione in merito al successo o all’insuccesso dell’operazione militare speciale, è aumentato bruscamente il numero di coloro che considerano la guerra un insuccesso, passando dal 19% di luglio dell’anno scorso all’attuale 33%. Possiamo quindi affermare che l’opinione pubblica in Russia comincia a spostarsi verso posizioni più favorevoli alla pace. Il prolungarsi del conflitto comincia a pesare sia sulla condizione mentale delle persone che sulla condizione economica delle famiglie. Credo che anche questo dato sia importante tenerlo presente.
La situazione in Russia, dal punto di vista della società civile, è catastrofica. E se non è possibile dare un aiuto economico, bisogna cercare di ricordarsi costantemente di ciò che sta accadendo, e sostenere ogni possibile tentativo di pacificazione e ogni attività rivolta all’interruzione di questa guerra nel cuore dell’Europa.
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