In anteprima una pagina del nuovo libro di Mauro Magatti, in uscita da Feltrinelli.
Il Capitalismo tecno-nichilista ha, dunque, segnato una nuova stagione nella storia della libertà. Al suo attivo si deve riconoscere lo sforzo di aver cercato di raccogliere le istanze che venivano dai singoli individui, di cui ha ampliato lo spazio di azione.
E, tuttavia, la libertà che si libera appare destinata a fare esplodere le contraddizioni di cui sembra inestricabilmente prigioniera e sulle quali si sono a lungo scervellati i teologi medioevali: come si fa a essere liberi facendo esistere qualcosa, senza cioè cadere nella “sindrome dell’onnipotenza”? E, inoltre, come è possibile ampliare lo spazio del nostro agire senza violentare ciò che ci sta attorno (altri esseri umani, ambiente?)?
Per cercare di riprendere i sentieri interrotti, occorre individuare una via che permetta di sfuggire alla contraddizione di un’apertura all’evento senza responsabilità, di una libertà di scopo senza significato, di un desiderio senza fede.
Inutile pensare che la soluzione sia facile o che sia possibile calarla dall’alto. Se la vittoria della libertà e della democrazia non è – come credo – reversibile, risolvere i problemi che sprigionano dalla potenza non può che presupporre un nuovo immaginario della libertà che torni a interrogarsi sulle questioni lasciate in eredità dalla fase storica alle nostre spalle, tanto sul piano soggettivo, quanto su quello istituzionale. Se mai potrà esserci, l’uscita dal Capitalismo tecno-nichilista potrà avvenire come esito di un processo storico, lento e complesso, in grado di toccare i diversi piani della vita sociale sostenuto da nuovi attori, individuali e collettivi, disposti a sacrificare qualcosa della loro esistenza e desiderosi di trovare il modo per riattivare il processo di significazione.
Perché possa fare presa, questo nuovo immaginario non potrà essere un’evasione o una smentita del mondo, ma una configurazione del possibile, un’apertura al futuro e un’anticipazione del reale a venire: «L’immaginazione, dando consistenza al desiderio di un’assenza, apre all’orizzonte del volontario nel cuore stesso dell’involontario» (Paul Ricoeur). Partendo dalla “mancanza a essere” lasciata insoddisfatta dal Capitalismo tecno-nichilista e dall’ascolto delle irruzioni del Reale, questo nuovo immaginario avrà il compito di riaprire l’orizzonte della libertà attraverso una nuova ricerca di quella verità che ci supera, ma il cui desiderio può permettere di correggere le inadeguatezze e le distorsioni del Capitalismo tecno-nichilista. Il compito di un nuovo immaginario della libertà è quello di conservare alcune istanze originali di questa fase, cercando però di sfuggire alla combinazione distruttiva tra un Io debole e un mondo sempre più potente.
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