Volontariato

Le ferie sono finite, ma quelle solidali le hanno cominciate in pochi

Solo il 4,4% delle intese fra i datori di lavoro e le rappresentanze sindacali contempla la possibilità di cedere le ore di riposo e soprattutto i giorni di ferie eccedenti a colleghi che ne hanno bisogno per assistere i figli minori colpiti da malattia. Il dato emerge dal Terzo rapporto sulla contrattazione di secondo livello nel periodo 2019-2021 elaborato dalla Cgil e dalla Fondazione Giuseppe Di Vittorio

di Francesco Dente

Le ferie solidali restano la cenerentola della contrattazione aziendale nonostante i piccoli passi in avanti registrati nell’ultimo triennio. Solo il 4,4% delle intese fra i datori di lavoro e le rappresentanze sindacali contempla la possibilità di cedere le ore di riposo e soprattutto i giorni di ferie eccedenti a colleghi che ne hanno bisogno per assistere i figli minori colpiti da malattia. Il dato emerge dal Terzo rapporto sulla contrattazione di secondo livello nel periodo 2019-2021 elaborato dalla Cgil e dalla Fondazione Giuseppe Di Vittorio. Le ferie solidali risultano presenti solo in 80 accordi sui 1.839. Un dato in crescita dello 0,6% rispetto al triennio precedente – sospinto probabilmente dalle necessità della pandemia – ma ancora basso. Troppo basso. «L’intera area dei diritti e delle prestazioni sociali fatica purtroppo a ritagliarsi un ruolo nella contrattazione aziendale: nel complesso raggiunge il 2,5%», fa notare Nicoletta Brachini dell’Osservatorio ad hoc del sindacato guidato da Landini.

Vita ha chiesto alla Cgil di estrapolare dei dati più dettagliati per aver un quadro chiaro del ricorso a questo istituto solidale. Ebbene, quanto al settore produttivo, la metà degli accordi riguarda il terziario, in particolare il commercio e turismo e il credito e assicurazioni.


La maggior parte delle intese del manifatturiero risulta firmata invece nell’ambito meccanico e chimico-farmaceutico. Interessante anche il dato sulla dimensione delle imprese che hanno contrattualizzato le ferie solidali. «Più della metà degli accordi riguarda aziende di grandi dimensioni, oltre i mille addetti, ma va precisato che, in generale, il campione di accordi è piuttosto sbilanciato su aziende di medio grandi dimensioni», fa notare Brachini. Per la precisione, si va dal 53% di imprese con più di mille dipendenti al 6% di quelle fino a 49 addetti. La zona geografica delle aziende, riguarda invece in due casi su tre (66%) ambiti nazionali o multi territoriali.

«Si tratta soprattutto di grandi gruppi industriali: un dato in linea con quanto ricordato a proposito della dimensione aziendale», chiosa la ricercatrice della Cgil. La quota restante si divide fra Centro (14%), Nord-Est (9%), Nord-ovest (7%), Sud e Isole (4%). Quanto all’ambito applicativo delle clausole risulta ampliato rispetto alle previsioni del Jobs act (L.183/2014) e al decreto attuativo (d.lgs 151/2015). Le intese integrative estendono la platea dei beneficiari (oltre i figli) ai familiari del lavoratore e al dipendente stesso. E nel pubblico? Secondo Cgil (il campione però prende in esame il privato più che il pubblico) solo il 5% degli accordi integrativi prevede l’istituto. «Le ferie solidali sono presenti comunque nei contratti di primo livello di larga parte della pubblica amministrazione e dunque già applicativi. Il vero problema si verifica negli enti con poco personale, pensiamo ai piccoli Comuni, dove rischia di non essere efficace perché ci sono meno giorni da cedere», spiega Federico Bozzanca, segretario della Funzione pubblica Cgil.

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