Mondo

«Le famiglie partecipano alla costruzione della società»

Presentato il Primo Rapporto realizzato da Cea e Irs

di Maurizio Regosa

ROMA – È stato presentato stamani a Roma il “1° Rapporto sulle Adozioni Internazionali Cea”, realizzato per conto del Coordinamento Enti Autorizzati da Irs (Istituto di ricerca sociale). Un’occasione per fare il punto sull’attività dei 21 enti associati all’organizzazione di secondo livello (realizzano ogni anno oltre il 40% delle adozioni internazionali nel nostro Paese). Sono intervenuti Gianbattista Graziani e Stefano Bernardi, rispettivamente portavoce e segretario del Cea, Sergio Pasquinelli dell’Irs e Carlo Giovanardi, sottosegretario alla Famiglia (ha portato i suoi saluti, ribadendo l’impegno sulla drammatica situazione di Haiti, la disponibilità a un confronto serrato e però allargando le braccia quando il discorso è scivolato, fatalmente, sul cinque per mille).

Perché un rapporto?
Lo ha spiegato con chiarezza Gianbattista Graziani. Vuole essere «l’iniziatore di una lunga serie, ad appuntamento annuale, occasione per fare periodicamente il punto sullo stato di un fenomeno così importante come quello della costruzione della famiglia attraverso un impegno personale e civico di migliaia di persone nel nostro Paese». L’intento naturalmente è quello di comunicare e rendere conto all’insegna della trasparenza. Dunque di offrire alcuni dati oggettivi su cui innestare alcuni ragionamenti. 4mila le coppie ad oggi in carico, 1200 quelle che hanno concluso quest’anno l’iter adottivo, 9 mila le adozioni complessivamente concluse dal 2000 a oggi, 6 mila le relazioni post-adottive da redigere. Quanto alle risorse impiegate, raggiungono quasi i 14 milioni di euro (contributi per lo più familiari, in una percentuale che raggiunge l’84%) e impiegano 966 (fra addetti, volontari e consulenti).

Il metodo
La presentazione del Rapporto è stata, come si diceva, occasione per fare un punto trasparente sul ruolo degli enti, la loro immagine e la percezione di sé all’interno di un percorso di responsabilità condivisa e collettiva. «Occorre maturare la percezione dell’adozione come un valore collettivo», ha spiegato Stefano Bernardi, «sottolineando come per il momento non sia ancora chiaro che le famiglie con progetto adottivo partecipano alla costruzione della società». Certo perché questo passaggio culturale avvenga va sostenuta la reputazione degli enti, la qualità del loro operare, va accompagnato e valorizzato il principio di sussidiarietà e la sua applicazione concreta (entro i confini nazionali e nei paesi da cui provengono i minori). Occorre sostenere insomma, anche con incentivi fiscali (i costi economici e non delle adozioni sono a carico degli adottanti) «le famiglie e le strutture del privato sociale che si collegano tra loro per costruire progetti familiari e, in ultima analisi, per proiettare nel futuro la visione di una società accogliente e incardinata su relazioni personali collettivamente responsabili». Il Cea, dunque, accetta la sfida di «un nuovo movimentismo», come l’ha definito Bernardi, «ovvero l’atteggiamento di un soggetto capace di avanzare proposte anche critiche, ma costruttive e tese al miglioramento della situazione attuale».

Le parole chiave del rapporto
“Domanda” e “offerta”, intervento all’estero, impegno dell’adozione sono le 3 parole chiave tematizzate in occasione del rapporto. Ecco alcuni passaggi.

domanda/offerta

«Il costo dell’adozione, le caratteristiche dei bambini adottabili, la diminuzione dei decreti di idoneità sono tra i fattori che hanno determinato un disequilibrio tra la “domanda” di adozioni internazionali da parte delle famiglie italiane e la disponibilità di bambini adottabili.

La domanda. Le coppie oggi appaiono più informate e consapevoli dei bambini che si possono adottare. Questo ha determinato meccanismi di autoselezione che portano la coppia stessa a rinunciare o rivedere la scelta di adottare. Il costo dell’adozione rappresenta per le coppie una barriera all’ingresso, cui si aggiungono molti costi non economici. La crisi riduce la tenuta delle famiglie su attese lunghe.

L’offerta. I bambini adottati sono sempre più grandi (5,9 anni in media, in altri Paesi europei la media è molto più bassa), sempre più spesso con problemi di salute e più raramente provenienti dai paesi europei. Le coppie scelgono l’Ente in base a diverse variabili, su cui incide molto la qualità della accoglienza iniziale, il numero di adozioni concluse annualmente dall’Ente e il numero di Pesi in cui esso opera.

Maggiore equilibrio. Per favorirlo occorre: a) ridurre i costi economici, attraverso la leva fiscale; b) semplificare l’iter di adozione, i tempi di attesa e i passaggi tra i vari soggetti istituzionali; c) far crescere le relazioni tra le coppie in attesa o che hanno vissuto lo stesso percorso attraverso l’attivazione di iniziative di supporto continuativo».

Intervento all’estero

«Presenza e tempi. Gli Enti CEA sono presenti in 61 Paesi, erano 17 dieci anni fa. Ci vogliono almeno tre anni perché un Ente diventi operativo all’estero, sommando l’attività preparatoria nel Paese, l’attesa media per l’autorizzazione della CAI e l’attesa di accreditamento presso le autorità straniere.

La reputazione. Una positiva finalizzazione degli investimenti, la professionalità che si dimostra sul campo, tutto il follow up generano quella preziosa risorsa che è la buona reputazione, cui si lega la fiducia delle Autorità nazionali e internazionali nell’azione degli Enti. Un ostacolo che gli Enti incontrano all’estero riguarda un certo pregiudizio critico delle Autorità straniere nei confronti dell’adozione internazionale, vista come svalutante le proprie capacità di risposta.

Nuove procedure. È auspicabile un ruolo di maggiore garanzia da parte delle Autorità Italiane nei confronti di Enti e famiglie quando sono all’estero, un alleggerimento delle procedure e dei tempi di autorizzazione da parte della CAI».

L’impegno dell’adozione

«Troppo spesso si rischia di contrapporre un prima e un dopo adozione: con un’enfasi di attività e di impegni sul “pre” e un vuoto di attenzioni, riferimenti e sostegni sul “post”.

Follow up. Sono 6.097 le relazioni post-adozione che i membri del CEA prevedono di realizzare a tutto il 2010. Sostegni particolarmente apprezzati sono quelli orientati a non lasciare sole le famiglie, a tutelarne le prospettive di crescita e di serenità, come i gruppi di mutuo auto aiuto, il sostegno psicologico, il counselling ed altri ancora.

Sostegni mirati. Per favorire migliori condizioni di benessere della neofamiglia è importante lavorare sui sostegni familiari degli Enti autorizzati e dei Servizi pubblici. La collaborazione tra Enti autorizzati e i Servizi all’interno di un sistema che favorisca la chiarezza dei ruoli e l’impegno di ciascun soggetto può far crescere un insieme di sostegni non improvvisati al nucleo adottivo».


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