Guerra
Le due vite dell’Ucraina divisa tra città e villaggi rurali
Visto da dentro sembra che il Paese vada a due lunghezze diverse: «Da un lato le città e le aree metropolitane», dice Piero Meda, rappresentante Paese dell’organizzazione umanitaria WeWorld, «e dall’altro chi vive nelle zone rurali, nei villaggi che si sono svuotati di uomini e giovani. Dopo tre anni tutti sono stanchi. Ma i primi sono più attenti alle dinamiche politiche della guerra, i secondi, invece, non ce la fanno più a vivere tra case bombardate e campi minati»
di Anna Spena

Gli Stati Uniti hanno sospeso gli aiuti militari all’Ucraina, fermando anche oltre un miliardo di armi già in transito per Kiev. Il Cremlino ha definito la scelta “il miglior contributo possibile alla pace”. Intanto Von der Leyen ha annunciato un piano per la difesa europea da 800 miliardi di euro. Sembrerebbe che l’amministrazione Trump e l’Ucraina abbiano in programma di firmare comunque l’accordo sui minerali che era saltato dopo il disastroso incontro nello Studio Ovale. Ma dopo tre anni di guerra qual è il clima in Ucraina e come le persone hanno accolto la notizia del blocco degli aiuti militari da parte degli Usa?
In tre anni di guerra più di 10 milioni di persone sono state costrette a lasciare la loro casa. 3,7 milioni sono sfollati interni, e 6,9 milioni sono rifugiati all’estero. Dal febbraio 2022, la guerra ha ucciso più di 12.600 civili e ne ha feriti 30mila. Oltre il 10% del patrimonio immobiliare ucraino è danneggiato o distrutto. Più di 3.600 scuole e università sono state danneggiate, costringendo 600mila bambini a continuare l’apprendimento a distanza. Sono stati oltre 2.200 gli attacchi contro strutture sanitarie. Circa 12,7 milioni di persone necessitano ancora di assistenza umanitaria.
In questo articolo “Ucraina, da Kharkiv sentiamo solo le sirene e la voglia di vivere come europei”, proprio dalla città il portavoce del Mean Angelo Moretti scrive: «Il mondo intero commenta lo scontro in Tv tra Trump e Zelensky, come una svolta storica che di qui a breve determinerà, in un modo o nell’altro, le sorti della guerra. C’è un solo posto nel mondo, probabilmente, in cui la notizia non ha avuto la stessa intensità drammatica, ed è l’Ucraina».
«La popolazione è tutta stanca», racconta Piero Meda, rappresentante Paese dell’organizzazione umanitaria WeWorld in Ucraina. «E questa stanchezza viene percepita soprattutto da chi vive nelle zone del fronte o in quelle rurali. I villaggi si sono completamente svuotati di uomini e giovani. Sono rimaste le donne, soprattutto over 70. Ad oggi loro rappresentano il 70% dei beneficiari di tutti i nostri progetti».
In questo momento l’organizzazione è attiva negli oblast di Kyiv, Kherson, Mykolayiv, Kharkiv e Donetsk, dove ha aperto centri di assistenza integrata, prevedendo attività di cash assistance, supporto psicosociale, distribuzione di cibo e beni non alimentari, tra cui medicinali e kit igienici. Nelle comunità maggiormente colpite dal conflitto l’ong è impegnata a procurare servizi igienico-sanitari, assistenza medica, fornitura di attrezzatura specializzata, sostegno psicologico e educativo.
«Le persone vogliono la pace», continua Meda, «l’impressione è che vogliano la pace più della vittoria. La popolazione non si esprime molto sulla visione di Zelensky, è comunque in vigore la legge marziale. E in ogni caso è impossibile generalizzare l’opinione di un’intera popolazione. Quello che abbiamo registrato è che dopo l’incontro con Trump gli ucraini hanno dimostrato vicinanza al loro presidente. Gli ucraini non vogliono svendere il loro Paese, non vogliono i piedi in testa né dalla Russia né dagli Usa. Sono persone solide e non vogliono essere prese in giro».
Dopo l’arrivo della notizia della sospensione degli aiuti militari da parte degli Usa «nelle persone sono aumentate la paura e l’incertezza», continua Meda. Ma è innegabile che l’Ucraina stia vivendo su due binari: «La situazione è molto diversa tra chi vive nelle città e nelle aree metropolitane, e chi vive invece sulla linea del fronte. Per i primi c’è più contezza anche dalle logiche politiche che alimentano o indirizzano una guerra, e si rendono conto più degli altri a cosa si andrà incontro senza il sostegno logistico degli Usa. Per il resto della popolazione, invece, il discorso cambia. I colleghi sul campo ci riportano di come le persone che vivono nelle aree più rurali e nei villaggi, quelli che citavo prima, sono meno interessati agli aspetti politici. Non ce la fanno più a vedere le loro case bombardate, a vivere nelle campagne disseminate di mine. Gli ucriani sono una popolazione resistente e resiliente, ma vogliono vivere». Nelle ultime due settimane gli attacchi russi si sono intensificati: «Nella regione di Kharkiv lo scorso sabato notte, nel centro della città, è stato bombardato un hub per bambini gestito da un nostro partner locale. E un hub per bambini non è un obiettivo militare».
AP Photo/Andrii Marienko, File
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