Mondo

Le due Simone, Vita vi aspetta

In queste giornate abbiamo provato a capire e a ragionare intorno a tre nodi ineludibili. Perché si colpiscono i pacifisti? Sono stati sottovalutati i pericoli? Cambia il giudizio sull'Iraq?

di Riccardo Bonacina

Non perdete il settimanale in edicola da venerdì con servizi dall’Iraq e da Beslan, interviste e commenti Sono le 16,31 di martedì 7 settembre, un?agenzia piomba come un macigno nella redazione di Vita, il settimanale che ho fondato 10 anni fa e che è la voce delle associazioni italiane e delle organizzazioni non governative: la tv del Qatar Al Jazeera annuncia che due donne italiane appartenenti a una ong sono state rapite a Bagdad. Scopriremo di lì a poco che le due italiane rapite da un commando armato nella sede delle ong italiane in pieno centro a Bagdad dove hanno una sede comune Intersos, Ics e ?Un ponte per??, sono Simona Torretta (in Iraq dal 1996) e Simona Pari (in Iraq da un anno), entrambe di 29 anni e operatrici di ?Un Ponte per??, storica ong nata proprio per sostenere iniziative umanitarie in Iraq, nel 1991 ai tempi dell?embargo si chiamava?Un ponte per Baghdad?. Con loro un ingegnere iracheno, Rahad Alì Abdul, che con la ong collaborava e Nahnanz Bassan una giovane irachena di 29 anni che collaborava con Intersos. In queste due giornate febbrili abbiamo chiamato tutti gli amici cooperanti che insieme a noi fanno questo giornale, pieni di sgomento e di domande. Siamo andati a rileggerci i pezzi e le corrispondenze che Simona Pari ci aveva trasmesso parlando del suo lavoro e della sua non paura: ?Perché dovrei aver paura, il mio lavoro non fa paura, è un lavoro per e con il popolo iracheno?. Abbiamo provato a capire e a ragionare intorno a tre nodi ineludibili. Il primo: perché ora si colpisce anche chi porta l?acqua a Najaf o le medicine a Fallujia, chi raccoglie ed insegna ai bambini di strada di Baghdad, rifiutando persino di farsi proteggere da scorte armate? Evidentemente, chi vuole destabilizzare l?Iraq non guarda più in faccia nessuno. Fino a qualche settimana fa, sia pur nel delirio dei loro comunicati e proclami, chi rapiva o uccideva faceva almeno dei distinguo tra stranieri costruttori di pace e stranieri occupanti e portatori di guerra. Oggi non è più così, dal giorno del barbaro assassinio di Baldoni qualcosa è cambiato, c?è qualcosa di strano e di nuovo. Il rapimento delle due Simone, poi, non è avvenuto in strada o in viaggio ma con un?azione di commando avvenuta in pieno centro a Baghdad, un?azione pianificata, voluta, diversa dal solito. In Iraq, quindi è in atto una vera e propria strategia della tensione. Una strategia che mira a distruggere tutto ciò che sta in mezzo allo scontro tra fazioni violente, più o meno legittime o legittimate, che vuole levare di torno chi costruisce ponti e gesti pace a rischio della sua stessa vita. La seconda questione: sono stati sottovalutati i pericoli? E? la domanda più grave che ci facciamo in queste ore. Sono stati sottovalutati i pericoli da parte del nostro Governo e della Farnesina? Non dovevano intimare ai civili italiani di rientrare dopo la barbara esecuzione di Baldoni? Basta a giustificarsi il fatto che il nostro Governo non sia finanziatore dei progetti umanitari messi in campo dalle ong italiane per assolversi da responsabilità di fronte agli eventi? Non è piuttosto un aggravante? E l?Unione Europea che dei progetti in cui lavorano le due italiane e i due iracheni era soggetto finanziatore perché tace? E i presidenti delle ong non hanno sottovalutato i pericoli per una visione troppo utopistica i idealista? Nino Sergi, presidente di Intersos, una delle tre sole ong che hanno deciso di mantenere personale italiano in loco, ci ha risposto così: ?E? vero lo scorso 3 settembre una granata era esplosa appena fuori i nostri uffici, ma di granate a Baghdad ne cadono decine e decine ogni giorno, nessuno lo racconta, ma è così. Nella stessa giornata del rapimento dei nostri operatori a Baghdad sono morte più di 40 persone e oltre duecento sono rimaste ferite. Per il resto, il nostro capo progetto Marco Buono, che è rientrato da tre giorni per ferie, così come Simona Torretta e Simona Pari, ci rassicuravamo ogni giorno si sentivano protetti dalla loro attività?. Cambia il giudizio politico del pacifismo italiano sull?Iraq? E? questa la terza questione. In molti già dicono ?Avete visto che il terrorismo non guarda in faccia nessuno?? I cooperanti che abbiamo interpellato rispondono così: ?Forti della condivisione che abbiamo con la vita degli iracheni da molti anni in qua, possiamo dire con assoluta certezza che questo terrorismo non rappresenta l?Iraq. Non sappiamo chi davvero rappresenti questo terrorismo crudele, ma non l?Iraq e gli iracheni, questo lo diciamo a voce alta e con sicurezza. Chi pratica la violenza in Iraq non è il popolo iracheno, tutt?al più è qualche frangia minoritaria cosciente che il processo di pacificazione e le elezioni li metterebbero nell?angolo. Gli attori della violenza in Iraq sono soprattutto stranieri, occidentali o arabi, fa differenza?? In un momento in cui il virus della violenza pare essere scoppiato e in cui sembra non esserci più nessuna ragione politica dietro questi atti, se non una violenza fine a se stessa, bisognerebbe meditare a lungo le parole che il Papa a indirizzato al raduno intereligioso promosso dalla Comunità di Sant?Egidio a Milano: ?La guerra spalanca le porte all?abisso del male. Con la guerra tutto diventa possibile, anche ciò che non ha logica alcuna?. Perciò tutte le organizzazioni che promuovono il settimanale Vita e i giornalisti che ci lavorano si augurano che tutti collaborino perché sia possibile il mondo che le due Simone stavamo promuovendo anche nel mattatoio iracheno. Una possibilità che oggi coincide con una prima ineludibile cosa: liberatele.


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