Cultura

Le droghe cambiano la nostra battaglia no

Intervista al successore di don Pierino Gelmini alla guida della “Comunità incontro”, storico centro di recupero per i tossicodipendenti

di Alessandro Sortino

Sarà un laico (un operatore e un volontario) il successore di don Pierino Gelmini alla guida della ?Comunità incontro?, storico centro di recupero per i tossicodipendenti. Lui, il ?don?, sembrava davvero un fiume in piena quando domenica 5 ottobre, nell?auditorium del centro di Amelia, annunciava di fronte alla sua gente (ex tossicodipendenti, famiglie, gli ospiti delle comunità, i volontari) la sua decisione. L?occasione era il convegno annuale della comunità, questa volta incentrato sul tema del volontariato cattolico, della necessità di un recupero dello spirito che lo anima. Non a caso dunque la scelta è caduta su un volontario laico, Claudio Legramanti, (47 anni), arrivato nel centro di Amelia nel 1982 come tossicodipendente e poi qui rimasto come volontario e come operatore. Don Gelmini, per spiegare le ragioni di questa scelta, ha concesso a ?Vita? questa intervista. Perché la necessità di nominare un successore in questo momento? Ha ricevuto delle minacce? Le minacce non mi fanno paura, anche se le ho ricevute e le ricevo. Però ho 73 anni, e devo pensare alla morte: un incidente, un aereo che cade. È un passo che dovevo alla mia gente. Ci ho pensato molto. Perché per garantire la continuità del suo messaggio ha scelto un laico? Io vorrei che di questa comunità fosse preservato lo spirito di accoglienza, questo senso di donazione. Ecco: vorrei che si conservasse la precarietà. Ho ricevuto delle pressioni per creare un?istituzione ecclesiale. Ma io ho preferito optare per la precarietà che è lo spirito della nostra opera. Comunque ci saranno dei sacerdoti: seguiranno Claudio e dovranno garantire l?ortodossia… Ma alla guida volevo una persona semplice, che mi avesse dimostrato la sua capacità di servizio. Non una persona di cultura. Dunque crede nel volontariato come il depositario di questo spirito di precarietà… Dovrebbe esserlo: ma il volontariato di adesso non è più volontariato, il volontariato sta diventando parastato. La Chiesa rinuncia a questo suo impegno e preferisce avere la sicurezza di avere compensi e integrazioni dallo Stato molte volte a danno dello spirito e…della libertà. Quando andiamo verso una forma tecnica di volontariato la Chiesa perde la capacità di credere nella forza della Grazia, nella energia della Provvidenza divina, nella originalità di certi suoi figli. Che uscendo dalla strada maestra, riescono ad arrivare davvero dove c?è una necessità obbiettiva. Persino la Caritas ha delle responsabilità: era sorta per sostenere tutte le attività di una diocesi di una parrocchia. per supportarle. Oggi è diventata un?impresa chiusa in se stessa. In che modo questa ?precarietà?, che lei rivendica, riesce a combattere la tossicodipendenza? Stasera, quando tutti saranno andati via, io troverò dei ragazzi che mi chiedono di restare. Che devo fare? Mandarli all?Azienda sanitaria locale, al Sert, chiedere le autorizzazioni, compilare i moduli? Ho conosciuto un pilota di aereo che aveva offerto casa sua a un tossicodipendente: per lo Stato rischia di diventare un contrabbandiere, un contrabbandiere dell?amore: ma l?amore segue queste strade impervie, originali…. Diciotto volte un ragazzo mi chiede di entrare in comunità, e poi magari ogni volta scappa dopo due ore. Come faccio io a incasellare questa situazione in uno schema istituzionale? Ecco a cosa serve la precarietà: a inventarsi delle soluzioni che seguano la vita.. Dunque lei ce l?ha anche con lo Stato.. La Chiesa mi fa arrabbiare, lo Stato mi fa ridere. Lo Stato guarda le patologie, cerca delle cure: nuove droghe quindi nuove strategia. In realtà, cambia la droga ma il problema è sempre lo stesso. Nuove droghe ma antichi malesseri. La droga è il tentativo di autoterapia che questi ragazzi si fanno rispetto a questi malesseri . Eroina cocaina, hashish, marijuana, pasticche sono la stessa cosa: è come se uno si ubriaca con il whisky e un altro con il vino. C?è differenza? Il mio messaggio è questo: non è la droga che ha rovinato i nostri figli. È una vita senso senso che ha portato i nostri figli alla droga. La droga sta alla vita come la muffa all?umidità. Se tu levi la muffa ma non togli l?umidità, la muffa continuerà ad apparire. Dunque le terapie di riduzione del danno non servono… Ci sono dei ragazzi che ?vanno a ruota? di metadone. C?è gente che nelle istituzioni sta sotto metadone per tre o quattro anni. In realtà si assuefanno, e poi non sentono più niente. Uniscono pasticche, alcol, metadone: è una pia illusione pensare di risolvere il problema così. Quando in Olanda hanno legalizzato le droghe leggere il consumo di hashish e marijuana è letteralmente raddoppiato: ma è normale. I ragazzi pensano: ?Non subisco nessun rischio?, si sentono dire che la sigaretta fa peggio. Lo Stato ha emesso un decreto che impedisce a chi ha meno di sedici anni di comprare le sigarette. E contemporaneamente vuole legalizzare la droga, non combatte più l?uso delle pasticche. Poi vengono da me e pretendono di dirmi cosa devo fare, come devo fare: ma il volontariato, l?amore, hanno bisogno di libertà per dare dei frutti. E anche lo Stato ha bisogno di un volontariato di libertà. ?


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