Welfare

Le donne infortunate hanno perso il lavoro, il compagno, gli amici

E' quanto emerge dall'indagine presentata, oggi a Roma, da Anmil e realizzata da Datamining, Interago. Nell'anno del suo 70esimo, Anmil ha voluto dedicare uno studio alle sue associate

di Redazione

«Abbiamo riproposto un'indagine che abbiamo effettuato dieci anni fa per capire  se la società è diventata più attenta, più sensibile  verso certi disagi e certe disuguaglianze che non vogliono più chiamarsi diversità – considera Franco Bettoni, presidente di Anmil-. Riproponendo questa indagine abbiamo scoperto che molto è rimasto uguale, ma non tutto è rimasto uguale: sono sorte nuove opportunità e nuove conoscenze sulle fonti di rischio e danno, soprattutto per le malattie legate, con fili più o meno robusti al lavoro, al mestiere o alla semplice produzione industriale. Proprio per ridimensionare queste cose, abbiamo inteso riproporre l’inchiesta del 2003 su nuove basi, con gli stessi protagonisti professionali e analoghi strumenti di lavoro per consentire valutazioni comparative e conseguenti approfondimenti ma con le esperienze nel frattempo maturate a tutto campo da ANMIL con la sua rete di enti di servizio».

Ecco alcuni dati.

Il 23,5% afferma di aver perso il lavoro dopo l’infortunio perché spinta a licenziarsi. Questo dato risulta drammatico e conferma la persistenza di un comportamento illecito da parte di alcuni datori di lavoro che rifiutano di considerare la donna infortunata come risorsa anzi si adoperano per liberarsi del loro “peso”. La tendenza sale sensibilmente osservando la distribuzione per fascia di età dove notiamo che il 56% delle donne sotto i 50 anni ha perso il lavoro perché spinta a licenziarsi.
La percentuale di donne che cerca lavoro risulta il 46% su coloro che hanno dichiarato uno stato di non occupazione e rappresentano il 100% di quelle che hanno dichiarato uno stato attuale di disoccupazione.

Delle donne intervistate solo il 25,5% imputa la causa di quanto accaduto a qualcosa/qualcuno esterno. Questo dato rimarca l’assoluta necessità di continuare a rafforzare l’attività di formazione e informazione sul tema della sicurezza del lavoro. La campagna di sensibilizzazione deve riguardare sia i datori di lavoro che devono adeguare il luogo di lavoro sia i lavoratori che dimostrano poca consapevolezza sulle condizioni di lavoro non adeguate. Le eventuali mancanze di sicurezza in genere, ricadono spesso sulla responsabilità della donna che individua la causa dell’infortunio in una sua mancanza o distrazione. Sembra esserci dunque poca consapevolezza del fatto che se le condizioni di lavoro fossero adeguate riuscirebbero a prevenire anche gli infortuni causati da distrazione.

Il 57% circa delle donne non ha mantenuto il rapporto con amici e colleghi, questo dato aumenta fino al 63,5% per le donne che hanno subito l’infortunio dopo il 2000. Preoccupa la tendenza delle donne infortunate alla chiusura e all’isolamento che rimane un pericolo da evitare.
Conforta che il 46% dichiara di aver fatto nuove amicizie e la capacità relazionale aumenta per le donne con meno di 50 anni capaci di reagire anche attraverso la costruzione di nuove relazioni amicali.

Le donne che hanno perso il compagno (23%) dopo l’infortunio hanno differenti dati rispetto all’area geografica (29% nord ovest, 15% sud). Dipende molto anche dall’età: le donne più giovani (meno di 50 anni) hanno maggiori problemi, probabilmente anche dal punto di vista dell’aspetto fisico, e il compagno si allontana. Anche il grado  di disabilità incide in modo determinante sulla vita sentimentale. Nelle donne che hanno avuto un infortunio molto grave (punteggio maggiore di 66) solo 1 uomo su 4 rimane vicino alla compagna, la sfera sentimentale e il legame con il compagno è meno solido se il grado di invalidità aumenta. Il comportamento degli uomini di fronte a donne che diventano invalide è comunque di allontanamento, la stessa domanda posta agli uomini infortunati denota una tendenza delle donne a rimanere accanto al marito invalido. Da precisare che questa differente tendenza di genere non è però significativa.

Il 42,5% delle donne del campione soffre ancora di ansia/angoscia o incubi conseguenti all’infortunio: si rileva una tendenza maggiore per le donne sotto i 50 anni (59%) che decresce al salire dell’età, ad indicare un maggior livello di superamento del disagio man mano che il ricordo dell’infortunio si allontana nel tempo. Esiste anche una differenza per genere, fra i maschi il 33% soffre di disturbi che è un dato inferiore rispetto alle donne anche se non trascurabile, ovvero un uomo su tre vive in condizioni di disagio a livello mentale oltre che fisico.


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