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Le coppie di fatto alla prova dei fatti

Per la politica è la battaglia del momento.Ma per Maurizio e Anna,che convivono da tredici anni e hanno due figlie, non è così. Non cercano riconoscimenti dallo Stato.

di Gabriella Meroni

Maurizio Carrara: Vivo con Anna Pezzica da tredici anni, io sono presidente del Cesvi, lei è insegnante. Lo Stato ci vuol mettere in riga. Vuole decidere chi dobbiamo essere, cosa dobbiamo fare. Questa è una mancanza di libertà. Se due persone si mettono insieme e scelgono di affrontare diritti e doveri della vita in due ne devono poter rispondere solo a loro stessi. Se scelgono di non suggellare la loro unione è una scelta individuale, da rispettare. E invece che succede? Vogliono iscriverci in un registro. È paranoico che questo Stato che si dice liberale, ma poi di liberale non ha niente, pensi di ingabbiare una scelta di libertà con i registri delle coppie di fatto. Io il registro non lo voglio. Liberamente non mi sono sposato, liberamente non voglio che mi rompano le scatole. Soprattutto non voglio essere incasellato in una sottospecie di matrimonio.
Irene Bertuzzi: Sono sposata da venticinque anni con Marco Griffini, il presidente dell?Ai.Bi., l?associazione dove sono impegnata anch?io come volontaria. Secondo me Maurizio ha ragione. Se si arriva a stabilire un registro per le coppie di fatto non si capisce che differenza ci sia con il matrimonio civile. A che pro dichiarare allo Stato che due stanno insieme? Che bisogno c?è?
Nuccio Iovene: Sono sposato con Marilena Miceli da quasi otto anni, e da quasi cinque faccio il coordinatore del Forum del Terzo settore. Rispetto chi fa scelte diverse dalla maggioranza e mi auguro che si vada verso un riconoscimento totale dei diritti delle coppie di fatto. Ma questo deve comportare anche qualche passo da parte loro. È come tutte le altre scelte che riguardano la vita in società: così come bisogna denunciarsi quando si nasce e quando si muore, occorre rispettare alcune regole utili alla convivenza. Il registro è da intendere in questo senso, secondo me. Poi è vero che c?è il rischio della burocrazia e di altri appesantimenti, ma è un rischio che bisogna correre.
Anna Pezzica: Perché per forza? A parte i primissimi tempi, io ho sempre vissuto la nostra convivenza come qualcosa di eccezionale, come un fiore all?occhiello, e dopo tanti anni più di prima perché la considero una situazione molto autentica: stiamo insieme perché lo vogliamo, perché il nostro amore è solido. Da questo punto di vista per me essere moglie o convivente è la stessa cosa, anzi: convivente è meglio.
Marco Griffini: Non sono d?accordo. La libertà non è fare tutto quello che si vuole. Se si distrugge il matrimonio, su cui la famiglia si fonda, si distrugge anche la famiglia. L?unione di fatto, mi dispiace, non è una famiglia.
Maurizio Carrara: E chi lo dice? Lo Stato? La garanzia di un?unione sta negli individui e non nelle istituzioni che la suggellano. Chi si sposa in chiesa fa bene perché ci crede, e vorrei che rispettasse il proprio impegno per tutta la vita. Forse in questo senso ha ancora più valore, ma per quello che riguarda me personalmente il mio impegno ha un valore altissimo.
Marco Griffini: Ma il matrimonio è riconosciuto anche dal nostro sistema sociale, dalla Costituzione, dalla legge: qualcosa vorrà dire. Perché buttare a mare tutto?
Maurizio Carrara: Vorrei spiegarmi meglio: non ho detto che voglio violare le regole che lo Stato si dà, infatti le rispetto, ma ci sono regole che sono una cialtroneria. Rispetto la legge ma la contesto. Perché, ad esempio, il nostro desiderio di adottare un bambino non può essere accolto?
Irene Bertuzzi: Il diritto ad avere dei figli non esiste in sé. Se vuoi un figlio, almeno sposati. Questo rovescia il discorso dalla parte dei bambini, che hanno diritto a una famiglia stabile perché sancita. Perché si parla sempre del diritto dell?adulto e il bambino non è mai considerato? Di questo passo si arriverà a stabilire che ciò che l?adulto vuole è diritto. Invece tra desiderio e diritto c?è una bella differenza.
Nuccio Iovene: È evidente che quando decidi di avere un figlio o di adottarlo devi garantirgli un futuro sicuro, o almeno una ragionevole probabilità che non finisca male. Nel caso dell?adozione è fondamentale rassicurare chi è preposto alla tutela del bimbo che quell?adozione verrà fatta nell?interesse del tutelato. Non si possono avere solo diritti, non si possono fare le cose con leggerezza. Non ti vuoi sposare? Liberissimo di farlo, ma nel momento in cui decidi di adottare devi offrire tutte le garanzie possibii, matrimonio incluso. Insomma, devi dimostrare qualcosa.
Marilena Miceli: Secondo me invece dovrebbero poter adottare tutti, non credo che sia necessario sposarsi. Il matrimonio non dev?essere la discriminante. Perché non sperimentare forme familiari nuove? La realtà è molto più fantasiosa della legge. In uno Stato civilmente evoluto ci devono essere le più ampie libertà.
Irene Bertuzzi: La coppia non sposata ha maggiori probabilità di sfasciarsi. Lo vediamo nei Paesi con cui lavoriamo come cooperanti: i milioni di bambini in difficoltà che poi vanno in adozione sono risultato di unioni di fatto, dove il concetto della famiglia non esiste più e si fanno dei figli che vengono poi lasciati a loro stessi, non curati. Non è questione di essere retrogradi o modernisti, minare il matrimonio vuol dire andare incontro a uno sfacelo totale specialmente per i bambini.
Nuccio Iovene: Noi ci siamo sposati anche perché volevamo un bimbo, e volendo progettare un futuro sicuro per lui e per noi, volendoci tutelare abbiamo fatto questa scelta che in realtà non aggiunge e non toglie niente al nostro rapporto. Ma è stato importante decidere di adeguarci ad alcune regole che esistono prima e oltre noi.
Maurizio Carrara: Quante persone al giorno d?oggi si sposano solo per fare una bella festa, per avere i regali? Poi però non reggono alla prova della vita, con o senza figli. Ormai anche il matrimonio religioso nella testa di molti non ha più lo stesso valore di una volta, tanti si sposano e non sanno nemmeno perché lo fanno. Tra l?altro lo Stato prevede che ci si possa sposare più volte. E la stabilità dove va a finire? E allora perché devo dire sì davanti allo Stato?
Marco Griffini: Ma di che Stato stiamo parlando? Lo Stato siamo noi, sono anch?io, aderisco a delle regole che mi sono dato. E ho il coraggio di dire a tutti che io e mia moglie cercheremo di amarci. Perché le coppie di fatto non vogliono dare questa prova pubblica? Perché non credono nel valore della testimonianza? Il pezzo di carta non garantisce che due persone staranno insieme tutta la vita, è vero, ma almeno mi dice che si sono impegnati un giorno a farlo.
Anna Pezzica: Non c?è bisogno di una prova pubblica se si sente che la convivenza è un legame interiore, un impegno serio. Certo la controprova non ce l?ho: non ho mai detto a Maurizio ?se non ci sposiamo me ne vado?, ma non ci ho nemmeno mai pensato.
Marilena Miceli: Il matrimonio per noi è stato più che altro un fatto privato, non tanto perché crediamo in assoluto nel valore dello Stato.
Nuccio Iovene: È stata una cerimonia molto intima, alla presenza di pochissime persone.
Marilena Miceli: Abbiamo semplicemente voluto festeggiarci, festeggiare il fatto che dopo anni di convivenza l?idea di stare insieme aveva ancora un valore.
Maurizio Carrara: Ho scelto di essere libero da tutto, dalla società, dai canoni, dai criteri comuni, ma non dalla mia famiglia. E non è vero che non ho responsabilità: se hai figli le hai per forza. Anzi, semmai le libertà me le hanno tolte: ad esempio sull?eredità. Io ho due figlie e la mia casa passerà direttamente a loro e non ad Anna. Lei ha diritto solo a una quota, e solo perché l?ho messo per iscritto. Non posso lasciare la mia casa a chi voglio io. Ma è una mancanza di libertà che sta nel codice, non in noi.
Anna Pezzica: Infatti io l?ho accettata. Anzi paradossalmente questo fatto di non dipendere da lui, di essere libera, di non ereditare niente, di non avere la sua pensione per me è un?ulteriore libertà, un?indipendenza che fa piacere. Certo capisco che per altre donne in situazioni diverse potrebbe essere una condizione spiacevole, forse sono una privilegiata.
Marilena Miceli: È una discussione che ho affrontato tante volte con alcune amiche che convivono. Mi rendo conto che chi ha fatto una scelta così personale non vuole che sia messa in discussione o imbrigliata, ma ci possono essere coppie di fatto che vivono qualche difficoltà in più. Allora sarebbe giusto studiare qualche misura che senza irregimentare i sentimenti possa però garantire alcuni diritti fondamentali.
Irene Bertuzzi: La mia paura è che quello che alcuni fanno debba diventare la regola. Sono contraria a considerare ?per tutti? una scelta libera.
Anna Pezzica: L?unica condizione che ho posto a Maurizio è stata quella dei figli: se la nostra convivenza avesse pregiudicato in qualche modo il loro futuro, avremmo dovuto sposarci. Non ci siamo sposati perché la legge, per fortuna, tutela i nostri figli esattamente come tutti gli altri. E questa secondo me è la cosa più importante.

Il flop dei registri nei Comuni italiani

Le coppie di fatto italiane sono 316 mila (dati Istat ?97), poco più del 2% del totale. Tra loro 162 mila hanno figli. Nel 1996 (ultimo dato Istat) i figli nati fuori dal matrimonio sono quasi 44 mila (più dell?8% dei bimbi nati). Ma delle 316 mila libere unioni, ad oggi solo 7 risultano effettivamente ?famiglie di fatto?. E vivono tutte a Pisa. L?unico, tra i numerosissimi comuni italiani che l?hanno annunciato, ad avere istituito un vero e proprio ?Registro delle Coppie di fatto?, presso cui i cittadini che convivono al di fuori del matrimonio possono chiedere di essere iscritti da otto mesi a questa parte. Stando alle pochissime iscrizioni avvenute il problema non è molto sentito neppure a Pisa, comunque questo è l?identikit delle 14 persone iscritte: in media under 40, laureate, sia etero che omosessuali. Sette coppie di conviventi che, di fatto, non hanno acquisito alcun diritto. L?iscrizione al registro non cambia, infatti, lo status giuridico della persona. E dunque niente pensione di reversibilità, adozione o eredità. Ma allora perché iscriversi? «Per testimoniare che le unioni di fatto esistono, perché lo Stato se ne renda conto e, un giorno, possa trattarle come famiglie» rispondono dall?anagrafe di Pisa. «A livello locale, inoltre, l?istituzione di un registro delle coppie di fatto testimonia una vera e propria rivoluzione culturale». Una posizione non condivisa da altri comuni come Empoli, Siena, Trieste e Latina dove la proposta di istituire un ?Registro delle coppie di fatto? è stata bocciata. Curioso il caso di Bologna che dopo tanti dibattiti ha optato per un iscrizione all?anagrafe più ?soft?: come famiglia coabitante per vincoli affettivi. Dal 1° febbraio ci sono state 10 iscrizioni volontarie, tra cui anche quelle di chi, per ?vincolo affettivo?, intende semplicemente dividere l?affitto e la bolletta di acqua e gas, come alcuni studenti o amiche anziane.

Insieme, liberi e felici

Famiglia Carrara. Maurizio e Anna: 45 anni lui, 42 lei, vivono insieme dal 1986. Maurizio, bergamasco, è il presidente della ong Cesvi; Anna invece è di Carrara («un segno del destino» lo definisce lei) e insegna lettere in una scuola superiore. Non si sono mai sposati, per scelta. «All?inizio il più convinto era lui» spiega Anna. «Se fosse stato per me mi sarei sposata
civilmente. Ma poi mi sono convinta: così è meglio»

Le figlie

Ecco Caterina e Tosca,le due figlie di Maurizio e Anna.Caterina,la più grande, ha 11 anni e frequenta la prima media in una scuola statale;Tosca ha appena
compiuto 6 anni e andrà alle elementari(statali)a settembre

Un sì al sindaco

Famiglia Iovene. Lui, Antonio detto Nuccio, è spesso presente su ?Vita? grazie alla sua attività di coordinatore del Forum permanente del Terzo settore. Calabrese, 43 anni, ha sposato con rito civile Marilena Miceli, di cinque anni più grande, nel 1991 dopo parecchi anni di convivenza. Si conoscono dal 1983 e si sono decisi al ?grande passo? «per festeggiare un progetto di vita insieme» come spiega Marilena, che di professione fa l?impiegata part-time.

Il figlio.

Questo è Tommaso,6 anni,il figlio di Nuccio e Marilena.Anche lui come Tosca Carrara frequenta l?ultimo anno della scuola materna, ma è iscritto in un istituto privato gestito da una cooperativa di genitori: alle elementari andrà a settembre

Un sì all’altare

Famiglia Griffini.Marco e Irene, cinquant?anni lui, 49 lei, si conoscono da ben 31 anni e sono sposati in chiesa da 25. Entrambi impegnati a tempo pieno nelle attività dell?Ai.Bi., di cui Marco è presidente, sono diventati genitori adottivi di tre ragazzi, due femmine e un maschio. «La coppia di fatto può andare bene a chi decide di formarla» dice Marco. «Ma non è detto sia una scelta approvata dai figli».

I figli. In senso orario, i fratelli Griffini: Greta, 22 anni, Valentina (16) e Francesco (12). Greta studia all?università Cattolica, Valentina frequenta un liceo statale e Francesco fa la seconda media in una scuola privata

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