Welfare

Le Coop al gran bazar dei fondi pensione

Si scatenano gli appetiti sul trattamento di fine rapporto del non profit. Strategie aggressive e pratiche non sempre limpide...a cura di, Christian Benna

di Redazione

La torta è di quelle ghiotte, 12/15 miliardi di euro di (ex?) liquidazioni che fanno venire l?acquolina alla bocca a tutti gli operatori finanziari. Ma che rischia di risultare avvelenata o perlomeno fortemente indigesta allo stomaco del terzo settore.

Flavio Casetti, presidente del fondo chiuso Cooperlavoro, vive incollato al volante l?ultima puntata della riforma del Tfr. Ieri mattina a Nuoro, poi dritto filato a Sassari e domani di nuovo sul continente, a Roma. Un giro d?Italia a tappe forzate per spiegare, entro il fatidico primo luglio – quando 9 milioni di lavoratori saranno chiamati a scegliere il destino del loro Tfr – al largo bacino di 200mila addetti delle coop lavoro pericoli e opportunità del nuovo corso pensionistico italiano. «La riforma della previdenza complementare », dice Casetti, «era assolutamente necessaria. Perché rappresenta l?unica via di uscita per garantire ai nostri figli un?anzianità decorosa. Ma il non profit arriva all?appuntamento con le armi spuntate. E non certo per impreparazione culturale». Il riferimento tutt?altro che velato è al clima da battaglia campale che si respira tra fondi aperti e negoziali – i primi ad adesione libera per tutti e i secondi riservati ai dipendenti di categoria. Una lotta senza esclusione di colpi che vede banche e assicurazioni in trincea per strappare iscritti ai fondi negoziali.

Succede che una coop con una squadra di basket accetti di indirizzare i suoi soci-lavoratori a un certo fondo aperto, piuttosto che a quello di settore, in cambio di una pesante sponsorizzazione sportiva. E capita perfino «che l?attivismo sfrenato di alcuni gruppi bancari porti a offerte davvero invitanti, almeno a breve termine, per le coop». Quasi uno scambio cash contro cash. «Tu, impresa, accompagni i tuoi lavoratori verso il mio fondo, e io banca ti curo le ferite inferte dalla perdita di liquidità con finanziamenti agevolati». E il cerchio si chiude. Sempre più stretto al collo del lavoratore.

«Purtroppo però di soci e dipendenti si parla poco. Anche nel mondo cooperativo. Ed è una indecenza. Penso agli addetti delle coop sociali, ai giovani che guadagnano 900/1.000 euro al mese. Bassi salari e pagamenti sempre in ritardo, per colpa di uno Stato spesso reticente ».

L?ultima grana in casa del terzo settore è arrivata sotto forma di aiuto nell?ultima Finanziaria. Finalmente, come richiesto da più parti, il sistema contributivo dei soci lavoratori viene equiparato a quello di tutti i dipendenti. «Ma per gli altri», continua Casetti, «per quelli che sono rimasti fuori non si è pensato a nulla. E quindi non potranno aspirare che a una pensione minima da fame».

Il presidente di Cooperlavoro teme un un piccolo terremoto nella galassia del terzo settore. «Abbiamo 20mila iscritti. 1.400 nuovi ogni mesi. La quarta miglior performance. E come fondo chiuso compriamo servizi finanziari, mentre altri li vendono. Una differenza che forse in larghi strati della società non è stata ancora colta».

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