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Le città svoltano a destra

Nelle 62 province al voto 26 vanno al centrodestra, 22 al ballottaggio e solo 14 al centrosinistra. Nei 30 comuni capoluogo, il Pdl se ne aggiudica 5, uno va al Pd e 3 al ballottaggio. Con la Lega sempre più decisiva

di Redazione

Continua la maratona di analisi del voto dei quotidiani italiani. Oggi i riflettori sono particolarmente puntati sulle amministrative, che consegnano un risultato largamente favorevole alla coalizione di centrodestra. Numeri, commenti, retroscena.

 

“Amministrative, netto successo di Pdl e Lega”. Questa l’apertura del CORRIERE DELLA SERA di oggi che al dopo voto dedica 27 pagine. Questi i dati: nelle 62 province al voto 26 vanno al centrodestra, 22 al ballottaggio e solo 14 al centrosinistra. Nei 30 comuni capoluogo, il Pdl se ne aggiudica 5, uno va al Pd e 3 al ballottaggio. Angelo Panebianco firma l’editoriale “la svolta nelle città”: Berlusconi non sfonda, «ma il Pdl in realtà segue un trend che è generale in Europa e che vede le forze di centrodestra prevalere nettamente su quelle di centrosinistra. La conferma viene dal voto più importante ai fini della dinamica politica interna, le amministrative». Anche il secondo titolo del quotidiano calca la mano sulla debacle del Pd al nord: “Da Pavia a Cremona e Lodi: Lombardia choc per la sinistra”: «Il Pd si è visto soffiare dal centrodestra il comune di Pavia, quello di Bergamo e le province di Brescia, Bergamo e Sondrio». “Lo schiaffo del nord” è il titolo del corsivo di Giangiacomo Schiavi: «A questo punto la prossima partita si giocherà in casa, nella scelta del futuro presidente della Regione (Lombardia): Roberto Formigoni mette la mani avanti con la sua ricandidatura: l’alleato leghista adesso è un vero competitor, con il 22,7% dei voti il Carroccio diventa il secondo partito, davanti anche al Pd: il futuro per la sinistra in Lombardia è tutto da costruire».
Sull’exploit leghista ragiona anche Antonio Stella “E la Lega superò i confini celtici”: «Alle Europee l’onda di piena della Lega Nord ha cominciato ad allagare l’Emilia, la Romagna, la Toscana, le Marche e a bagnare perfino l’Umbria, l’Abruzzo, il Lazio». Nel centrodestra intanto incominciano ad affiorare i mal di pancia. Fini a cui il CORRIERE dedica l’intera pag 6 dice: «Adesso si sarebbe potuto commentare tutti insieme un buon risultato elettorale, se soltanto Silvio non avesse fatto quella sparata sul risultato da raggiungere a quota 40». Ribatte il premier: «Lo stop (alle Europee) colpa di Sicilia, mia moglie e Kakà». “Il Pd e lo smottamento nelle terre rosse: «non siamo più lo zoccolo duro»” è l’inchiesta che a pag 13 via Solferino offre ai lettori sulla crisi del Pd in Umbria, Marche, Toscana e Emilia. Rita Lorenzetti governatore a Perugia: Bossi pesca fra i nostri.

 

Nelle città avanzano Pdl e Lega”: il titolo in prima di LA REPUBBLICA non lascia dubbi sull’esito delle elezioni comunali e provinciali. Il Pd tiene al centro: in testa a Bologna e Firenze (ma si dovrà andare al ballottaggio).  Emergono però i retroscena, con Claudio Tito che descrive un premier furioso: “Berlusconi incolpa gli ex di An «Ho combattuto solo contro tutti»”. Teme che la lune di miele con il paese si possa inacidire. Deve far fronte alle richieste di Bossi (che preme per il federalismo e contro il referendum) e sarebbe pronto a “cedere” la Lombardia alle prossime regionali. Teme inoltre l’isolamento internazionale. Risultato: il premier pensa a una “rivoluzione” nel Pdl. Tra gli approfondimenti sul voto locale (sulla provincia di Milano, i comuni di Firenze e Bologna), doppia sugli equilibri nazionali. A pagina 12, “«Troppo cedevoli con Bossi» Pdl, i finiani vanno all’attacco”: Francesco Bei riferisce dei mal di pancia interni al Pdl. Tace Fini. Parlano la sua fondazione Fare futuro e i colonnelli, a cominciare da Ignazio La Russa («la prossima volta con la Lega i patti devono essere chiari. Se si decide di fare campagna insieme, non è possibile che i meriti del governo se li prendono sempre solo loro»). Al di là delle analisi (come quella corretta di Fabio Rampelli secondo cui il Pdl fatica a intercettare il bisogno di cambiamento degli italiani), sul piatto c’è il governo prossimo venturo. Giacché come spiegano Alberto Statera (“E la lega di lotta e di governo ora dilaga sopra e sotto il Po”) e Rodolfo Sala (“Il Carroccio alza il tiro «Vogliamo due regioni»), in ballo ci sono gli equilibri nazionali, al di là delle rassicurazioni del senatur («Per il governo non cambia niente», a patto, sottintende, che Berlusconi non si impegni nel referendum). In particolare Statera riferisce il parere di Daniele Marini, della fondazione NordEst: «La Lega è ormai in grado di entrare nei tradizionali territori rossi proprio con l’esaltazione della sua dimensione di rappresentanza territoriale» e quello del politologo Paolo Feltrin, secondo cui «questo non è più il partito del dio Po, delle ampolle e dei miti celtici, ma il partito della sicurezza che dà in qualche modo un’identità al centrodestra». L’editoriale di Ezio Mauro ha un titolo fortissimo: “La crepa”. Il direttore di LA REPUBBLICA sostiene che il mancato exploit del Pdl sarebbe il primo indizio di un cedimento. Quella «era la soglia politicamente sacra», ma non è stata varcata. Se il Pd ha perso 4 milioni di elettori, al Pdl  ne son venuti meno quasi 3. Si infrange il mito della infallibilità del capo, condannato a vincere… Insomma la prima crepa c’è stata. Peccato non se ne sia avvantaggiato il Pd, aggiunge Mauro.

 

Il Pdl batte il Pd: 17 a zero” è il titolo di apertura della prima pagina de IL GIORNALE, che oggi è interamente dedicata ai risultati elettorali. Il titolo si riferisce ai progressi del Pdl nelle province: «il centrodestra governava in 9 province e da oggi è sicuro di averne 26» scrive nell’editoriale Mario Giordano, «il centrosinistra governava in 50: di queste è sicuro di conservarne solo 14». La conclusione è che «il centrodestra di sicuro strappa 17 province al centrodestra». Secondo Giordano il Pd è ridotto a «un partito locale dell’Appennino». “Il vento del Nord spazza via il centrosinistra”, “Crolla la roccaforte del Pd: il Pdl conquista Napoli e fa il pieno in Campania”, “Podestà: Vittoria solo rinviata” sono i titoli degli articoli nelle 23 pagine, in pratica la prima metà della foliazione di oggi, dedicate alle elezioni. E ancora: “A Berlusconi il record di preferenze. Superata quota 2 milioni e 700 mila”. L’articolo sui risultati del Pdl apre mettendo in primo piano le preferenze per Berlusconi sommando tutte le circoscrizioni. A metà del pezzo si cita il «2% in meno» del Pdl rispetto alla politiche dell’anno scorso. Secondo i vertici del Pdl la colpa è dell’astensionismo. A proposito delle polemiche che hanno riguardato il premier (si cita Noemi Letizia) secondo il coordinatore del Pdl Denis Verdini «di certo il risultato del Pdl non è stato condizionato dall’assenza del voto cattolico».
A pagina 8 IL GIORNALE affianca due interviste a due ministri del centrodestra: a Sandro Bondi e Ignazio La Russa. “Prova superata. Al Pdl più consensi di quelli di Fi e An” è il riassunto della posizione di Bondi, “Miracolo Silvio: anche sotto attacco ci ha fatto vincere” il titolo all’intervista a La Russa. A entrambi l’intervistatore fa una domanda sul profilo basso tenuto in campagna elettorale da Gianfranco Fini. Il Primo: «ha dimostrato un alto senso delle istituzioni non prestandosi a mescolare ruoli che devono essere distinti», rispetto alla fondazione finiana “Fare futuro” La Russa dice che non c’è stato disturbo: «la sua influenza, in più o in meno, è di cento voti».

 

Le Province rilanciano il centrodestra» questo il titolo di apertura de LA STAMPA che sottolinea come Berlusconi sia «deluso dalla Sicilia». La delusione del Premier per le europee deriva dall’errore di aver fissato quell’asticella del 40%, sfumata proprio per l’astensionismo siciliano alimentato anche dalla lite con Lombardo. Neanche il risultato positivo delle provinciali sembra rincuorare il presidente del Consiglio. Fini appare turbato perché «scappano i moderati» a causa dell’errore del Pdl di inseguire la Lega sul suo territorio. Altro errore imputato al premier dagli ex An è l’aver disertato totalmente la campagna elettorale di piazza. Insomma una coalizione, quella della maggioranza, che comincia a scricchiolare al suo interno. Il cruccio di Berlusconi rimane il capire perchè si è ottenuto un risultato così basso. Tra le ipotesi, oltre alla questione siciliana e all’estremismo leghista, c’è anche l’esodo dei voti cattolici che dopo il richiamo della Cei a «sobrietà e senso di responsabilità» avrebbero deciso di affidare i propri voti all’Udc.  LA STAMPA inoltre sottolineac che dopo il voto per europee e provinciali nel «Pd si prepara il match Franceschini-Bersani». All’interno del partito di centro sinistra stanno cominciando a muoversi le correnti in vista della stagione congressuale che vedrà la scelta del nuovo segretario. Infatti è cosa nota che Franceschini sia un traghettatore, anche se non è da scartare una sua ricandidatura, e desideroso di prendere il suo posto c’è, come sempre, Pierluigi Bersani, sostenuto dai dalemiani. Se poi si aggiunge l’investitura dell’ex Veltroni alla novità Serracchiani, che ha raggiunto in Friuli per un comizio congiunto, le candidature sembrano fatte.  Sul fronte più europeo, LA STAMPA segnala che la Turchia è in allarme per la svolta a destra europea che allontana le possibilità del suo ingresso in Europa. Intanto è bagare per le nomine alla presidenza di Commissione Ue ed Europarlamento. Se per la Commissione si ripresenta per un bis Barroso e non sembra avere avversari, per il parlamento si profila un testa a testa. Il presidente arriverà dal gruppo più numeroso il Ppe. Due i candidati Il polacco Jerzy Buzek e l’italiano Mario Mauro. Nel Ppe sono tre le correnti molto forti: tedesca, polacca  e italiana. Berlusconi si attendeva un risultato più largo e la conquista della supremazia nel partito popolare europeo così non è stato. Dunque Mauro avrà difficoltà a battere il suo avversario sostenuto da tedeschi (che hanno la maggioranza nel Ppe) e polacchi. 

 

AVVENIRE si rifà della mancata uscita di ieri e si lancia per oltre 14 pagine nella panoramica elettorale (arrivando un pò in ritardo su molte cose già riportate ieri dagli altri giornali). “La nuova Europa riparte dai popolari” è il primo titolo del quotidiano. Nell’editoriale, Marco Tarquinio (“Quadro stabile tra vecchie e nuove sfide”) sostiene che «l’attitudine – non solo, ma soprattutto italiana – di raffrontare l’esito di un voto con la realtà virtuale proiettata da sondaggi e slogan propagandistici ha fatto sì che i due principali risultati della consultazione europea, il 35,3% del Pdl ( -2,1 rispetto alle politiche, +1,7 rispetto alle europee del 2004) e il 26,1 del Pd (-7,1 e -4,9) non venissero valutati per quel che sono, ma per quel che avrebbero potuto essere», vale a dire, il 43-45% vaticinato da Berlusconi come premessa alle grandi riforme, e il 25% indicato come soglia di tenuta del Pd. Praticamente, «un autogol del “grande comunicatore” di Palazzo Chigi», anzi, un assist a Franceschini «occupatissimo a segnalare vere o presunte sconfitte altrui per non far emergere quella sonoramente incassata dal Pd». A pag. 4 un’intervista a Nando Pagnoncelli sull’astensionismo: «di sicuro», dice l’a.d. di Ipsos, «è in corso un appannamento dell’immagine Ue, per diversi motivi». Il primo è che in assenza di una forte identità europea il momento della crisi viene vissuto dalla gente in senso nazionalista, soprattutto quando è in gioco il futuro di grandi aziende locali oppure se l’immigrazione torna a far paura. Inoltre, in tutti i paesi la campagna elettorale si è tradotta «in una discussione sulla politica interna e il voto europeo è diventato un megasondaggio nazionale sui partiti». A pag. 7, invece, un’analisi del politologo Paolo Feltrin sulle ragioni del successo leghista e sulla sua avanzata lungo la dorale appenninica. «Anzitutto la lega ha approfittato dei problemi del Pdl»; poi, è diventata «partito di lotta e governo… (e) le riesce di governare a livello locale e nazionale. Rinunciando all’identità territoriale, oggi è divenuto il partito localista italiano contro il partito mondiale della globalizzazione, spingendosi fino all’antieuropeismo». Infine, è riuscita a diventare una «formazione interclassista», intercettando non solo operai, piccoli artigiani e commercianti, m anche professionisti e ceti medi produttivi. Ripercussioni sul governo dopo le rivendicazioni di Calderoli che chiede due regioni? «Quello dei posti sarà il tormentone dei prossimi mesi… La mia impressione è che questo condurrà inevitabilmente a riaprire un dialogo tra Pdl e Udc».

 

“Nord e Napoli, vince il centrodestra”   il titolo del SOLE24ORE, che affida un’interessante analisi del voto amministrativo a Roberto D’Alimonte. Osserva D’Alimonte che «questa volta il Sud ha tradito il Cavaliere» visto che se a livello nazionale il Pdl ha perso il 2%, al Sud ha ceduto il 4%; se poi si guarda il Nord in media addirittura guadagna lo 0,4% (in Piemonte e Liguria cede però in favore della Lega) e al Centro perde la stessa percentuale, quindi sostanzialmente rimane uguale. MA chi ha tradito di più Berlusconi? Non c’è dubbio: Sicilia e Sardegna, in Sicilia addirittura l’elettorato si è dimezzato. Quindi da oggi «il Pdl è un partito un po’ meno meridionale di ieri». Sempre in prima pagina, due articolesse di Mario Monti e Giulio Tremonti sul voto europeo: il primo sollecita vere riforme che portino alla creazione di un effettivo mercato unico europeo, il secondo punta l’attenzione sull’Italia «duale» con le differenze enormi tra Nord e Sud che si dovranno colmare altrimenti «ci costerà caro». Quanto al voto amministrativo italiano, il focus è sul successo della Lega (soprattutto in Emilia Romagna, a Reggio per esempio è al 13% in città e al 20% addirittura in provincia) e sull’effetto-Noemi che secondo Marcello Dell’Utri, intervistato dal SOLE, «c’è stato e non ha aiutato il premier».

 

IL MANIFESTO punta sulle provinciali più che sulle europee. E infatti titola “Il provinciale” con sotto manifesto di Berlusconi strappato. E nell’occhiello: “Il Pdl strappa una ventina di province alla sinistra, conquista Umbria e marche, straripa a Napoli, avanza a Milano, porta Torino al ballottaggio…». Nell’editoriale, Rossana Rossanda sostiene che le elezioni hanno inferto diverse sberle: la prima «ai due rissosi spezzoni di Rifondazione», colpevoli di aver disperso oltre il 6% dei voti espressi; la seconda al Pd, somministratagli dallo «sceriffo dell’Italia dei valori e col suo pasticciato programma ha subito lo stesso colpo degli altri socialismi europei, privi di qualsiasi idea in proprio». La terza sberla l’ha presa Berlusconi, col suo sogno del 40% e un Lega che anziché farsi condizionare, condiziona in peggio il Pdl. Gli uomini di Fini, del resto, non si sono dati da fare per il Cavaliere: «se lavorano, lavorano per il loro capo che si sta volonterosamente fabbricando un’immagine di destra presentabile, cosa che a Berlusconi e a Bossi è impossibile». Per Rossanda l’astensione ha giocato più a sinistra che a destra, «nell’idea dura a morire che le sinistre rifletteranno sicuramente su chi gli ha rifiutato per sdegno il voto». Peccato che «l’astensione non le ha mai corrette». E poi si scaglia con pungente ironia contro chi nel Pd sostiene che il partito «sta tenendo bene il campo». Segue l’elenco delle malefatte berlusconiane che, secondo Rossanda, il Pd starebbe legittimando. L’Europa si prende i contropiani di pagina 2 e 3 col titolo “Il sorriso verde della sinistra” sull’alternativa ecologista che si fa largo a Strasburgo grazie all’exploit francese, ma non solo. La prima battaglia? «Contro la conferma del liberista Barroso alla presidenza della Commissione».

 

“Ha Vinto Proprio Noemi” è il titolo dell’editoriale in prima pagina di ITALIA OGGI firmato da Franco Bechis. La tesi di Bechis è che quello che è uscito dalle urne è una sorta di avviso di garanzia elettorale al premier. Qual è il contenuto di questo avviso di garanzia? Scrive Bechis:«Qui più che ipotesi non ci sono. Ma sembra, visto il mese trascorso e l’evidente punizione inferta nelle urne europee, che il tema sia proprio quello delle note vicende personali del premier. Secondo gli analisti anche la questione familiare, la causa di separazione da Veronica, può avere inciso sul voto dei sostenitori cattolici. Possibile, anche se Miriam Bartolini è la seconda moglie, e la sua unione con il premier non è riconosciuta dalla chiesa. Ma il tema in generale è che la vita privata di un presidente del Consiglio ha comunque un valore politico e non può essere priva di reazione con la carica istituzionale ricoperta». Ancora Bechis:«Il referendum sulle attività del governo, che può essere di traino al voto quando mancano altre ragioni forti, è stato banalizzato dalla questione Noemi e dintorni che di grande interesse politico poi non era». Nella sezione Primo Piano, molto spazio alla vittoria della Lega. Il perché anche sotto il Po la Lega sa farsi apprezzare è spiegato così:« Del resto il Carroccio si è fatto apprezzare dai cittadini, non solo per una politica porta a porta, ma anche al governo, con provvedimenti su temi popolari come la sicurezza, gli immigrati, il lavoro. Argomenti che fino a qualche tempo fa nel centro destra erano di competenza di Alleanza Nazionale».
Per quanto riguarda il Pd invece, in seconda pagina Pierluigi Magnaschi scrive:«Purtroppo il Pd ha perso in modo clamoroso e indiscutibile il Lombardo -Veneto, cioè l’Italia dell’Innovazione. Questo è il dato vero sul quale un Pd che volesse iniziare la sua riscossa, dal fondo in cui è finito, dovrebbe meditare ben oltre il pur preoccupante -7% che il Pd ha perso rispetto alle politiche di un anno fa. Insomma, è una vera e propria disfatta della quale il Pd potrà riprendersi solo se ne prenderà coscienza e rivedrà radicalmente la sua politica e i suoi uomini e solo se capirà che Roma non è in grado di interpretare l’Italia del Nord che è costretta a correre e a produrre. Per riuscire ad interpretare il nuovo», conclude l’editoriale di Magnaschi, «il Pd deve portare a Roma, dando loro il potere che meritano, i grandi amministratori del Nord di cui il Pd dispone ancora:da Chiamparino a Penati, da Illy a Reggi, da Oldrini a Corsini e così via. E mandare a casa i giovani-vecchi che si sono formati alle Frattocchie. Rigidi protagonisti di una politica che ha fatto il suo tempo. E cha ha portato a questi risultati».

 

E inoltre sui giornali di oggi:

 

BANCA DEL TEMPO

LA REPUBBLICA – R2 fa un focus su “Il mercato senza soldi”, ovvero come è tornato nelle nostre vite il baratto. Un italiano su tre ha già fatto esperienza di questo tipo di scambio, uno su due vorrebbe farlo. Un po’ per la crisi, scrive Vera Schiavazzi, un po’ perché le reti immateriali funzionano, ma sta prendendo sempre più piede questa forma di relazione (sono 120 le banche del tempo iscritte al coordinamento nazionale). A Torino una associazione, Manamanà, a settembre lancerà la prima banca scolastica, per promuovere in tutto il Piemonte giornate senza moneta. In appoggio Franco La Cecla, “L’economia dal volto umano che spazza via gli egoismi”

 

GRAN BRETAGNA

IL GIORNALE – “Brown sfugge al golpe mentre il Labour precipita al terzo posto”. Il partito di governo britannico, battutto da Tory e euroscettici registra il peggior risultato dal 1910, si legge in un articolo sui risultati di Londra. Ieri un altro ministro, quello dell’ambiente, ha rassegnato le dimissioni dicendo di non sentirsi più in grado di sostenere Gordon Brown. Da parte sua il primo ministro fa di tutto per rimanere in sella. «Se è sopravvissuto alla débacle delle europee non è affatto scontato che riesca a rimanere alla guida del partito fino alle prossime elezioni» scrive la corrispondente da Londra. Il Times ha anticipato che molto probabilmente Brown lancerà «la tanto invocata inchiesta sulla guerra in Iraq» per placare gli animi più esacerbati del partito.

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