Volontariato

Le case aperte dei guardiani d’Europa

Migliaia di immigrati l'anno arrivano in Spagna dal Marocco. E arrivano a Zahara de los Atunes, un paesino di pescatori dove gli abitanti nascondono e rifocillano gli stranieri

di Redazione

Si chiama Zahara de los Atunes e potrebbe sembrare un tipico paesino fra tanti nel sud dell’Andalusia: molto sole, spiagge di sabbia lunghe chilometri e chilometri, tanti turisti d’estate, un’economia basata sulla pesca ma anche un altissimo tasso di disoccupazione. Ciò che lo rende tanto particolare è però la situazione geografica: Zahara de los Atunes si trova infatti a una trentina di chilometri di Tarifa, la punta di terra europea più vicina all’Africa; ed è questa posizione che trasforma gli zareños, insieme ad altri “colleghi” come gli abitanti di Barbate, Conil e Bolonia, in veri e propri guardiani dell’Europa. Vicino alla linea invisibile Come vive Zahara questo compito di essere il punto più vicino alla linea invisibile che divide il Nord ricco del Sud povero? A prima vista, il fatto più notevole è che si tratta di un paese pieno di polizia: gli uomini in verde della Guardia Civil sono dappertutto. A loro è affidato l’ingrato compito di ricevere, a manette pronte, marocchini, tunisini e il resto degli africani per poi rispedirli a casa. Probabilmente non hanno molto piacere di farlo, anche perché i giovani, le donne e i bambini che vengono a cercare un lavoro in Spagna non somigliano affatto allo stereotipo dei delinquenti e criminali dei film polizieschi. «È il nostro lavoro e dobbiamo farlo», è la solita motivazione che ripetono agli abitanti del paese, che invece si aspettano da loro che, una volta ogni tanto, chiudano un occhio e lascino perdere il controllo su questa invisibile dogana di spiaggia. Anche perché, alla fine, il rapporto quotidiano con la morte finisce per far perdere il rispetto di essa: la recente immagine di una guardia che si accendeva una sigaretta davanti a quattro immigrati morti sul bagnasciuga ha destato forte indignazione in tutta Spagna, e provocato severi rimproveri da parte degli alti gradi della Benemerita, che hanno vietato, per il futuro, di fumare in servizio davanti ai morti. (Con la droga, invece, è un altro discorso. Le forze dell’ordine di Zahara lottano anche contro i narcotrafficanti che usano il passo dello Stretto e di questo sì che vanno fieri). Comunque tutto questo forse cambierà fra poco, dato che questa estate comincerà a funzionare il superprogetto tecnologico ideato dal governo di Aznar per la chiusura elettronica dello Stretto. Si chiama Sive (Sistema Integral de Vigilancia Exterior) ed è costato allo Stato 3500 milioni di pesetas. È composto da un sofisticato radar, telecamere notturne e diurne e un’altra telecamera a raggi infrarossi che riconosce fino ad un massimo di 17 miglia di distanza (quasi fino agli imbarchi del Marocco) la temperatura di un corpo umano o di un motore, distinguendolo perfino dalle onde del mare. Molti Stati confinanti con il mare, tra cui Italia, Polonia, Stati Uniti, Portogallo, Emirati Arabi, Cile e Oman si sono già interessati al funzionamento di questo meccanismo. Sarà da vedere se diventerà un argomento abbastanza persuasivo da dissuadere gli africani a emigrare in Europa. Tra religione e pietà Ma, a parte il dispiego di forze dell’ordine, il resto degli abitanti vive senza problemi questa vicinanza con il Nord dell’Africa. Mentre la Spagna si dibatte fra un rifiuto integrale e razzista dell’immigrazione e il desiderio, da parte di un importante settore della società, di dare agli immigrati gli stessi diritti degli spagnoli, Zahara de los Atunes ha già scelto: non è un paese razzista. Forse c’entra il fatto che l’Andalusia sia una delle poche regioni iberiche non governate ancora dalla destra, o forse ha qualcosa a che vedere con la profonda religiosità del popolo andaluso, ma il fatto è che la parola d’ordine quando arrivano le pateras, le precarie imbarcazioni cariche di magrebini, oppure si trovano i morti sulla spiaggia è una sola: «Qué lástima! Pobrecitos! ¿Por qué no les dejamos que se queden?» (Che disgrazia! Poverini! Perché non li lasciamo rimanere con noi?). Questa combinazione di compassione e solidarietà si traduce anche nei fatti: spesso i clandestini trovano, la sera, pacchi pieni di cibo e vestiti lasciati nei campi dove, la gente lo sa, si nasconderanno. Nessun poliziotto si aspetti la denuncia di un zareño. Anzi, tanti rischieranno ospitandoli in casa propria per una notte, o portandoli in macchina verso luoghi più sicuri. E si tratta davvero di un rischio, perché, secondo la nuova legge sull’immigrazione, questa condotta è considerata un crimine e punita penalmente. Michel Petri, giornalista zareño, ci racconta della volta che ha portato in macchina un clandestino fino ad Algeciras: «Innanzitutto bisogna evitare la strada nazionale 340, di gran lunga la più controllata dalla Guardia civil. Poi basta nascondersi ben bene ed aspettare il momento giusto per uscire, sperando che non ti fermino». Petri conferma che gli immigrati arrivano in Spagna con le ferma intenzione di trovare un lavoro: «Quando arrivano solitamente portano anche un elenco di contatti e numeri telefonici. Probabilmente rimarranno a lavorare per pochi soldi nel settore agricolo del sud o si sposteranno verso Madrid o Barcellona». Molti sostengono che dietro questi viaggi si nascondano veri e propri trafficanti di uomini. Il fenomeno delle mafie che vendono i passaggi per mare e il loro funzionamento è un campo ancora tutto da studiare. Ma l’ipotesi che ci sia dietro qualcosa di organizzato è confermata da alcune caratteristiche comuni a tutti gli occupanti delle pateras: tutti portano gli stessi pacchi di cibo, con dentro yogurt della stessa marca e la Coca cola. Ma c’è anche chi muore Zahara de los Atunes accoglie, ma non manca qualche eccezione. Un mese fa due ragazzi hanno rapinato gli immigrati appena sbarcati rubando loro i pochi soldi che portavano con sé. Pochi giorni dopo i rapinatori sono stati a loro volta picchiati da ignoti che hanno deciso che la giustizia, in certi casi, va risolta da uomo a uomo. Un’altra scena classica sulla spiaggia di Zahara si vede quando gruppi di pescatori, o chiunque altro abbia una barca, attendono l’arrivo dei gommoni a motore, con o senza immigrati dentro, per sottrarre il combustibile o addirittura il motore in tutta fretta e senza troppi problemi. Tanto, pensano, nessuno vorrà fare il viaggio di ritorno su quel gommone. Ma, oltre ad assistere quotidianamente all’arrivo di centinaia di disperati, gli abitanti di Zahara devono anche subire lo spettacolo della morte. Bambini, donne e uomini: tutti li hanno visti, i cadaveri gonfi e inerti sulla spiaggia. Spesso sono i pescatori della bajura, che cominciano a lavorare all’alba, a trovare i corpi portati la notte dalle onde. Ma altre volte sono loro stessi ad aspettarli, quando arriva la notizia di un naufragio, perché, da uomini di mare, sanno benissimo su quale spiaggia e a quale ora la marea li porterà all’asciutto. Normalmente li ricevono in silenzio, mentre le guardie li tirano fuori dal mare, trascinandoli per i pochi metri che li separano dalla sabbia. A loro è toccato il peggiore fra i destini possibili, morire traversando lo Stretto. Ma neanche agli zareños viene in mente in quel momento ciò che le Nazioni Unite e le statistiche non smettono di ripeterci, senza che nessuno, a quanto pare, riesca a capirlo: che anche questo Paese sta morendo insieme a questi corpi di clandestini, perché è soltanto grazie a loro che la Spagna ha smesso di invecchiare negli ultimi anni. Sono stati i loro bambini a far crescere il numero delle nascite in modo che, per la prima volta in molto tempo, abbiamo superato con le nascite i numeri della morte. Per saperne di più www.acoge.org Sito della Federazione delle associazioni pro migranti dell’Andalusia. www.cruzroja.es/ La Croce Rossa spagnola è presente nel distretto di Cadice (in cui si trova Zahara) con 14 uffici. Sul sito anche le modalità di aiuto. www.solidarityonline.org/solidaridad/chi/atime.htm La ong Atime raccoglie e tutela i lavoratori immigrati marocchini in Spagna.


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