Welfare

Le buone norme ci sonobasterebbe applicarle

Antonio Dercenno, 365 giorni all'anno on the road

di Redazione

Antonio Dercenno, presidente di Fiori di Strada onlus, associazione che a Bologna opera con due unità di strada ogni giorno, 365 giorni l’anno, giura che in Italia non c’è alcun bisogno di una legge speciale per combattere lo sfruttamento della prostituzione. «Abbiamo una normativa più che eccellente, se solo fosse applicata».
Vita: Quale?
Antonio Dercenno: L’articolo 18 del Testo unico sull’immigrazione. Offre alle migranti vittime di sfruttamento la possibilità di ottenere un permesso di soggiorno particolare, il cosiddetto permesso per “protezione sociale”. In questo modo si comincia un percorso di inserimento sociale che potrebbe vedere la sua conclusione positiva nell’ottenimento del permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
Vita: Come si ottiene?
Dercenno: Qui sta il problema. Questa possibilità è subordinata a due diverse condizioni, oltre alla prova dello sfruttamento e del pericolo per la vittima: un’efficace collaborazione con la giustizia, per lo più sotto forma di denuncia nei confronti degli sfruttatori, oppure l’avvio in un percorso di integrazione sociale senza la denuncia.
Vita: Possiamo immaginare quanto sia difficile la strada della denuncia…
Dercenno: Esattamente. La maggior parte delle ragazze è terrorizzata all’idea di denunciare gli sfruttatori. Le vendette esistono, non sono solo leggende: il padre di una ragazza che abbiamo assistito, che aveva avuto il coraggio di parlare, poco dopo è stato accecato nel suo paese in Nigeria. Ci sono intere famiglie ostaggio della criminalità.
Vita: Quindi resta il percorso sociale?
Dercenno: Sì, peccato che molte questure in Italia si rifiutino di accettarlo come condizione legittimante per ottenere il permesso di soggiorno. Invece della protezione prevale una logica “premiante”: ti diamo il permesso di soggiorno se tu dai qualcosa a noi, la denuncia.
Vita: E voi cosa fate?
Dercenno: Quando una denuncia viene rifiutata perché “priva di interesse investigativo” o viene respinto un percorso sociale facciamo ricorso al Tar, con l’aiuto degli Avvocati di strada. Ci costa 500 euro in carte bollate e almeno un anno di attesa, oltre all’angoscia della ragazza e alla difficoltà di collocarla in tutta la fase di attesa, però la spuntiamo. E a questo punto mi domando: perché ci hanno fatto perdere tanto tempo per un caso lampante di sfruttamento? Perché sconfessano leggi scritte per aiutare queste vittime?

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