Pochi forse lo sanno, ma ogni anno si festeggia nel mondo il 15 marzo la Giornata delle Buone Azioni, la Good Deeds Day. Un sacco di gente di tutto sceglie di mettersi a disposizione e di agire insieme per gli altri e per il pianeta.
E’ un’iniziativa nata da un’imprenditrice e filantropa Shari Arison che è semplicemente partita dall’idea che ognuno può fare qualcosa di buono: assistere un anziano, pulire una spiaggia o un parco, distribuire cibo o vestiti ai poveri, aiutare in bambini in difficoltà.
Ognuno con le sue singole azioni può rendere migliore questo Pianeta. E’ una storia vecchia, ma tremendamente attuale.
La capitale delle buone azioni quest’anno sarà a Roma ed è organizzata grazie al supporto dei Centri di Servizio al volontariato del Lazio (Spes e Cesv), sempre in prima fila per promuovere la cultura del volontariato in un contesto non certo facile come quello romano e laziale.
Aldilà di chi la festeggia, sarebbe bello che ogni giorno, non solo il 15 marzo, ognuno di noi si mettesse in testa di fare una buona azione: senza cadere nel retorico, ma a volte basta un sorriso invece che un muso duro a far cambiare il vento ad una giornata. Basta raccogliere una bottiglia di plastica da terra anziché lamentarsi di chi non lo fa.
Perché il risultato di tante buone azioni, anche individuali, è contribuire al benessere di tutti e al rispetto del Pianeta, in sintesi al bene comune insomma.
Tanto che gli organizzatori italiani hanno deciso di mutare le buone azioni in bene comune, dedicando la giornata italiana, appunto, al bene comune. Niente male come elaborazione culturale e sociale, la condividiamo in pieno anche per superare la logica dell’individualismo.
Guardandoci intorno, però, non è possibile far finta di non vedere quanto bene comune ci sia sparso in lungo e largo che non nasce da buone azioni, bensì da belle parole che rimangono un po’ appese, come le nuvole in questa giornata grigia di fine inverno. Belle intenzioni che non innescano catene di responsabilità -soprattutto in chi governa o amministra i Paesi-, ma danno una verniciata di retorica e basta. Chi più ha voce più la usa.
Vivano le buone azioni dunque. E che il 15 marzo possano vincere, nonostante che in Italia non verranno chiamate così, sulle belle intenzioni. Di cui, diciamocelo, è ormai annoiato il mondo. In questo modo arriverà anche il bene comune. Ma dopo, non prima.
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