Welfare

Le bande ribelli pagate dal Sudan. Uganda, il genocidio prossimo venturo

Nel nord del Paese la situazione è sempre più drammatica. Le bande di Joseph Kony terrorizzano la popolazione. Rapiscono i bambini per armarli.

di Emanuela Citterio

“Un uomo folle non si riconosce tanto dalle sue parole quanto dalle sue azioni”. Recita così un proverbio degli acholi, la popolazione del Nord Uganda che in questi giorni subisce incessanti attacchi dei ribelli dell?Esercito di resistenza del Signore (Lra). Joseph Kony, è il ?folle dalla mente lucida? che da quindici anni tiene le popolazioni del Nord Uganda appese al filo del terrore e della violenza quotidiana. Oggi si stima che il gruppo ribelle sia arrivato a 4mila unità e che sia per il 90% formato dagli adolescenti rapiti in questi anni nei villaggi della zona. Indottrinati, drogati e costretti a combattere con la forza. Cresciuti all?ombra della follia di Kony. Una follia lucida, appunto. Dietro la quale si celano più vasti interessi, in primis il braccio di ferro fra Uganda e Sudan. È stato lo stesso presidente sudanese, Omar Hassan el Beshir, ad ammettere di aver utilizzato il gruppo ribelle in funzione anti ugandese. A partire dal 1994 il governo di Kartoum ha fornito a Kony armi e munizioni oltre che basi operative nel Sud Sudan, in cambio del suo impegno a destabilizzare l?Uganda del presidente Yoweri Museveni. Kony ha portato avanti la strategia del terrore reclutando forzatamente bambini (prevalentemente dagli 8 ai 16 anni) nei distretti acholi e lango del Nord Uganda. Nel dicembre del 99, gli accordi fra i due Paesi africani sono sembrati un motivo di speranza per le martoriate popolazioni. Ma dopo un breve tempo di tregua Museveni ha ripreso a foraggiare l?esercito di liberazione sudanese (Spla), e il Sudan a fornire armi e munizioni a Kony, la scheggia impazzita della politica ugandese. Nel 2002 i rapimenti hanno subito un?impennata passando da meno di cento dell?anno precedente a 4.500. E in questi ultimi mesi la situazione si è fatta sempre più drammatica. Nel mirino di Joseph Kony sono finite soprattutto le parrocchie e le missioni cattoliche, perché sono ben equipaggiate e rappresentano un punto di riferimento per i civili che fuggono dai villaggi. Secondo padre Giulio Albanese, direttore dell?agenzia Misna appena tornato dal Paese africano, “la guerra civile si sta trasformando in un lento genocidio delle popolazioni nilotiche che vivono nei distretti di Gulu, Kitgum, Pader, Apac e Lira”. Le condizioni della popolazione sono disperate. Su un milione e 400 mila abitanti d?etnia acholi e lango, circa 850mila sono sfollati. Né la comunità internazionale né il governo ugandese sta facendo qualcosa per proteggere la gente da attacchi e rapimenti di massa. A denunciarlo di recente è stata una delle voci più autorevoli della società ugandese, quella del Movimento dei leader religiosi acholi per la pace (Arlpi – Acholi Religious Leader Peace Initiative), formato da rappresentanti delle diverse religioni. “Perché il Consiglio di Sicurezza dell?Onu non ha inserito la questione nordugandese nella propria agenda?”, si è chiesto l?arcivescovo cattolico di Gulu, monsignor John Baptist Odama. I leader religiosi hanno raccolto anche testimonianze dirette secondo le quali il governo del Sudan continua a fornire equipaggiamento militare ai ribelli recapitandolo a Nisitu, una località del Sud Sudan controllata dallo Lra.


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