Formazione

Le Banche non si fidano del non profit

Una ricerca condotta sul territorio romano da Lunaria evidenzia le difficoltà di rapporto tra terzo settore e istituti di credito. I soldi vanno a pochi e i piccoli restano a bocca asciutta

di Barbara Fabiani

A Roma il non profit muove circa 8mila milioni di euro, pari al 21% delle entrate complessive delle organizzazioni senza scopo di lucro in Italia. Una cifra considerevole, soprattutto se cosi confronta con quella dell?economia romana in generale che incide sul quella nazionale per circa l?8%.
Ma il credito bancario nei confronti del terzo settore romano è poco e soprattutto è per pochi.
Infatti solo il 29% delle organizzazioni romane riesce ad accedere al credito.
Facciamo un passo indietro. Nella capitale sono presenti 16mila istituzioni non profit, pari al 7% del totale nazionale (contro le 12mila di Milano, le 11mila di Torino e le 10mila di Napoli). Si tratta nel 75% dei casi di associazioni (quasi tutte non riconosciute), le cooperative sociali sono 187 (cioè solo 4 su 100mila abitanti, meno della metà della media nazionale), 75 le fondazioni e il restante 25% è composto da altre istituzioni (enti religiosi, sindacati, partiti, case di cura etc…).

Secondo i dati di Banca d?Italia il terzo settore a Roma riceve credito per circa 7,5 miliardi di euro (14mila miliardi), pari al 16% del totale dei finanziamenti al non profit in Italia. Detta così è una cifra di tutto rispetto che però rappresenta il 2% del credito complessivo sulla piazza romana.

Dunque, solo un terzo delle organizzazioni non profit riesce ad accedere al credito; in compenso , però, ottiene fidi il cui valore medio è pari a 1,475 milioni di euro (circa tre miliardi), contro la media nazionale di 1milione (poco meno di due miliardi).
In particolare, il 12% delle istituzioni non profit romane assorbono il 79% degli importi, con una media di 3,36 milioni di euro ( 6 miliardi e mezzo), cioè oltre tre volte la media nazionale.

Ma, l?amplio ombrello del termine ?non profit? (dall?ente religioso, al partito politico alla cooperativa di tipo B) insieme ad una sottoclassificazione poco chiara delle diverse categorie sia nei dati Istat che nei sistemi informatici delle banche, rende difficile capire quali siano le tipologie di soggetti non profit più finanziati.
Dalla natura dei crediti (anticipazioni su fatture 11%, mutui ipotecari 44% e fidi in conto corrente 45%) si intuisce che si tratta delle organizzazioni più grandi che possono presentare delle garanzie convincenti (le leggi sulla privacy e sul segreto bancario impediscono di sapere quali siano queste organizzazioni).
Questo significa che al resto del non profit non restano che le briciole. Nei migliori dei casi le piccole organizzazioni possono ottenere un credito medio di 600mila euro (meno di un miliardo emezzo), un valore sotto la media nazionale del 42%.

Nel condurre la sua ricerca Lunaria ha incontrato notevoli difficoltà di comunicazione con gli istituti di credito del campione, ed un generalizzato scarso interesse sull?argomento. In particolare è emersa una scarsa conoscenza del mondo del non profit da parte dei dirigenti bancari, che tendono a trattare questi candidati al credito come qualunque altro soggetto profit o singolo privato.
In particolare il credito agli enti non profit è considerato altamente rischioso perchè, come è noto, soffrono di sottocapitalizzazione e hanno ridotti patrimoni; in altre parole non offrono garanzie.
Una percezione che, secondo i ricercatori di Lunaria, sarebbe più il risultato di un pregiudizio che di un?analisi delle effettive sofferenze bancarie.

Prendendo il caso della Banca Popolare Etica risulta che sui mille progetti finanziati in Italia in meno di 4 anni, soltanto in due casi ci sono state difficoltà nelle restituzione del fido.
A Roma la finanza etica ha finanziato progetti per circa 9 milioni di euro (19miliardi di lire), importo equamente diviso tra la Banca popolare Etica e Cosis, una merchant bank delle imprese sociali costituita dalla Fondazione Banca di Roma.

info: www.lunaria.org

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