Cultura

Le Banche di buon credito

Un volume ricostruisce la storia del credito cooperativo in Italia. È l’occasione per capire come la solidarietà abbia saputo organizzarsi nel passato, Dotandosi di strumenti che sono da imitare.

di Redazione

Da quando a partire dal Medioevo ci si rese conto che il credito era essenziale perché «addolcisce le inevitabili ineguaglianze e feconda con felice trapasso quei beni che forse giacerebbero inerti o isteriliti» (Luigi Luzzatti, citato da Pietro Cafaro a pagina 7), continua è stata la preoccupazione che anche le classi più povere ne potessero beneficiare. Soprattutto il cristianesimo, sia nella versione cattolica sia in quella protestante, ha ispirato istituzioni che coniugassero il credito con l?etica di solidarismo. Dapprima si diffusero i Monti di pietà, a partire dal Quattrocento; poi tra Settecento e primo Ottocento fu la volta delle Casse di risparmio. Ambedue le istituzioni erano non profit e si basavano su di un capitale iniziale raccolto da persone abbienti che non ne richiedevano la remunerazione. Come Pietro Cafaro, autore di questo volume dedicato alla storia del credito cooperativo in Italia, mette bene in evidenza nel capitolo iniziale, il credito cooperativo nasce con una diversa impostazione, quella del self help, che si diffuse a partire dalla seconda metà dell?Ottocento. Nella sua versione cittadina, le banche popolari, si tratta di un credito cooperativo che lavora prevalentemente a vantaggio delle classi medie, mentre nella sua versione rurale, appunto le casse rurali, si rivolge proprio alle classi meno fortunate, anche se la categoria più diseredata in assoluto, ossia quella dei braccianti, figurava solo marginalmente fra i soci. In Italia, per la verità, le prime casse rurali che sorsero su sollecitazione di Leone Wollemborg a partire dal 1883 non furono cattoliche, ma già nel 1897, a fronte delle 125 casse ?neutre?, se ne contavano 779 cattoliche, benché queste avessero iniziato a diffondersi solo l?anno dopo della famosa enciclica di Leone XIII Rerum Novarum (1891), che aprì la Chiesa cattolica alle dinamiche della società moderna. Il corposo volume di Pietro Cafaro, dopo una assai interessante analisi delle origini, dipana le vicende del movimento delle casse rurali con particolare attenzione all?aspetto organizzativo. Ogni cassa rurale, infatti, era una realtà di piccole dimensioni, pur con notevoli differenze, e talora esisteva solo nel registro tenuto da un parroco in una sacrestia. Per potersi assicurare continuità e operatività, occorrevano delle basi di appoggio presso istituzioni creditizie più ampie e solide oppure occorreva costituire degli istituti di secondo e terzo livello che sostenessero il peso dei servizi necessari ma irrealizzabili all?interno di ciascuna piccola cassa. La storia tracciata da Cafaro è quella dei continui tentativi, più o meno riusciti, di costituire appunto casse centrali (la prima si costituì a Parma nel 1896), federazioni, crediti centrali, banche nazionali. Tali tentativi ebbero uno sbocco che sembrava promettere bene con la costituzione legale della Federazione italiana delle casse rurali cattoliche nel 1917, ma poi le vicende travagliate dell?ascesa del fascismo portarono all’esautorazione della Federazione, alla fondazione di una Associazione (1926) e, 10 anni dopo, dell?Encra – Ente nazionale delle casse rurali, agrarie ed enti ausiliari. Il periodo fascista con i suoi travisamenti del movimento cooperativo, che però non viene azzerato, è ben coperto dall?analisi dell?autore. Si analizza anche l?importantei Testo Unico del 1937 voluto da Oddone Fantini, che creò le Cra – Casse rurali e artigiane, facendo un ulteriore passo avanti nel rafforzare il credito diffuso, ma non necessariamente legato ai lavori dei campi, e permettendo alle casse rurali di affrontare bene il secondo dopoguerra. L?analisi approfondita del testo termina nel capitolo finale con la fondazione dell?Iccrea nel 1963, destinato a diventare il vero e proprio istituto centrale delle Cra (poi Bcc – Banche di credito cooperativo). Ma i successivi sviluppi che hanno visto il credito cooperativo fiorire insieme alla piccola impresa specialmente nei distretti industriali vengono tracciati, sia pur con rapide pennellate, nelle conclusioni dell?autore e nella prefazione del governatore Antonio Fazio, rendendo questo volume completo e di appassionante lettura, anche per i numerosi dibattiti e le riflessioni che vengono riportati a ogni svolta importante della storia. Dall’ introduzione Baluardo all’ usura In virtù della presenza in 2.100 comuni italiani, dove risiedono 30 milioni di cittadini, il sistema del Credito cooperativo contribuisce a ridurre l?area di potenziale diffusione dell?usura. La conoscenza profonda del tessuto socio-economico delle zone di insediamento e della caratteristiche della clientela, acquisita attraverso il contatto con gli oltre 600mila soci, pone le banche di credito cooperativo nelle condizioni di soddisfare richieste di finanziamento di operatori che troverebbero altrimenti difficoltà ad approvvigionarsi di fondi. Antonio Fazio


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