Volontariato

Le autorizzazioni del Tesoro. Banca di Roma è sempre armata

Quattro istituti di credito hanno fatto la parte del leone nelle transazioni del 2003. Ma dopo l’addio di Banca Intesa, la questione di coscienza brucia...

di Francesco Agresti

Un miliardo e 155 milioni di euro. Tanto valgono le transazioni bancarie autorizzate in Italia nel 2003 per il commercio di armi. Banca di Roma, Gruppo bancario S. Paolo Imi, Banca Intesa, Société Générale e la Bnl sono, nell?ordine, le banche che hanno negoziato il 75% delle operazioni autorizzate. Le cifre sono state rese note dalla Direzione rapporti finanziari internazionali del ministero dell?Economia, e contenuti nell?allegato all?annuale Relazione sulle operazioni per il commercio di armamenti. Lo scorso anno il ministero dell?Economia ha concesso 707 autorizzazioni allo svolgimento di transazioni bancarie per il commercio di armi, il 5% in più rispetto all?anno precedente: di queste, la maggior parte, 544, riguarda esportazioni definitive. Il valore complessivo delle transazioni è stato di 1,155 miliardi di euro, gran parte dei quali, 723 milioni, per esportazioni, confermando un globale incremento (del 50%), rispetto al valore delle transazioni autorizzate nel 2002. Gli istituti di credito che hanno intermediato una percentuale superiore all?1% degli importi autorizzati sono 12, di questi quattro sono stranieri: Abn Amro Bank, gruppo olandese primo azionista con il 9% di Capitalia; Commerzbank, Barclays Bank e Société Générale. La parte del leone la fanno quattro istituti di credito: il primato va alla Banca di Roma che, da sola, ha intermediato il 31% di tutte le transazioni, seguita da Gruppo bancario S.Paolo Imi con il 12,7%, Banca Intesa con il 12,3%, Société Générale con il 9,7% e la Bnl con il 9,6%. Da segnalare l?attivismo della Cassa di risparmio di La Spezia, che ha conquistato un posto d? onore con il 4,7% del totale intermediato. Tra le banche segnalate nella Relazione 2003 risulta ancora Unicredito, che a maggio del 2001, cedendo alle pressioni della campagna Banche armate promossa da Missione oggi, Mosaico di pace e Nigrizia, annunciò di non voler più sostenere le esportazioni di armi: “Abbiamo principi etici di lungo periodo, ai quali vogliamo attenerci”, disse l?allora presidente Francesco Cesarini. A tre anni di distanza il nome del gruppo è ancora lì. In compenso, l?annuncio di Unicredito fece proseliti: qualche mese più tardi fu la volta di tutte le aziende del gruppo Monte Paschi di Siena, e un anno dopo anche il Gruppo Banca Popolare di Bergamo – Credito Varesino decise di uscire da questo business. Il 18 marzo scorso ha annunciato il ritiro anche Banca Intesa, mentre qualche giorno fa le organizzazioni sindacali dei dipendenti del Gruppo San Paolo hanno scritto ai vertici della società piemontese, chiedendo di non sostenere più il commercio di armi.


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