Volontariato

Le armi scoppiano di salute

Un boom da oltre un miliardo di euro: è l’ammontare del portafoglio ordini 2003 delle aziende belliche italiane. Lo rivela la nuova relazione del governo sul commercio di armi.

di Benedetta Verrini

Il made in Italy che non conosce crisi. Che non risente dell?euro. Che guarda all?incertezza politica mondiale come a un?ottima opportunità di crescita. Il settore degli armamenti, dai primi dati della Relazione sull?export delle armi relativa al 2003, sta vivendo una stagione boom: il valore delle autorizzazioni all?esportazione è incrementato del 39,36% rispetto al 2002, con un valore complessivo di commesse pari a circa un miliardo e 282 milioni di euro (contro i 920 milioni dell?anno precedente). Un picco simile, negli ultimi anni, c?era stato solo nel 1999, con esportazioni per oltre 1 miliardo e 300 milioni di euro, imputabili in gran parte a una maxi-commessa, di apparati elettronici per l?aeronautica, da 644 milioni di euro verso gli Emirati Arabi, effettuata da Elettronica spa in joint venture con la francese Thomson. L?export autorizzato dal governo, peraltro, negli ultimi anni si era mantenuto su una media di 8-900 milioni di euro all?anno, mantenendo il nostro Paese tra i primi sette Paesi esportatori mondiali. Chissà quale posto prenderà adesso, con questa performance. Ma a chi abbiamo esportato, nel 2003? Il primo acquirente in assoluto è stata la Grecia, con autorizzazioni per 248 milioni di euro. A seguire, nell?anno della guerra in Iraq e del terrorismo globalizzato, l?industria bellica italiana i migliori affari li ha fatti con la Malaysia, che risulta al secondo posto con il 12,95% del totale delle autorizzazioni (pari a circa 166 milioni di euro); con la Cina, al terzo posto con il 9,91% delle autorizzazioni (pari a circa 127 milioni) e con l?Arabia Saudita, con l?8,52% delle autorizzazioni (pari a circa 109 milioni). E si prosegue, più oltre, con il Pakistan (con il 5,43%, circa 69 milioni di euro), la Siria (in questo caso, 55 milioni di euro di armi non solo autorizzate, ma già consegnate), e Paesi africani come Ghana, Kenya e Zambia. Dopo un elenco di acquirenti così ingombranti, è curioso notare come la relazione ribadisca con solennità che fra le autorizzazioni rilasciate nel 2003 non vi sia “alcun Paese rientrante nelle categorie indicate nell?articolo 1 della legge 185”. Eppure, quell?articolo stabilisce il divieto di esportare a Paesi in guerra, che si macchiano di ?gravi? violazioni dei diritti umani, che sono sotto embargo internazionale o altamente indebitati. Come sia possibile aver autorizzato, dunque, esportazioni d?armi alla Malaysia, oggetto di una risoluzione del Parlamento europeo nel 2002 per la sua legge sulla sicurezza interna (Internal Security Act – Isa), in base alla quale è permessa la detenzione senza processo fino a due anni, rinnovabile in modo indefinito, per qualsiasi persona ritenuta una minaccia alla sicurezza nazionale o all?ordine pubblico, non è dato sapere. Per non parlare della Cina, sotto embargo Ue nel 1999, a seguito della repressione degli studenti di piazza Tienanmen e tuttora protagonista di gravi violazioni dei diritti umani. La battaglia promossa l?anno scorso dalla società civile per difendere la legge 185 può apparire ben vana se si passano in rassegna le altre transazioni autorizzate: verso la Siria, già messa all?indice dagli Usa e probabile ?cancello? per l?approvvigionamento di armi al regime di Saddam; il Pakistan, in stato di conflitto perenne con l?India; lo Zambia e il Ghana, Paesi nel programma Hipc, che certamente non dovrebbero spendere per la propria difesa più che per lo sviluppo. Ma tant?è. La seconda domanda che sorge, scorrendo la relazione, è “chi esporta cosa”. Nel 2003, i migliori affari sono stati conclusi dalla Galileo Avionica (già alla ribalta per la discussa fornitura di puntatori ottici alla Siria), con oltre il 22% delle esportazioni, pari a circa 285 milioni di euro. Società del colosso Finmeccanica, la Galileo è tra i leader mondiali per i radar avionici e radiobersagli. Sviluppa e produce velivoli tattici senza pilota (Uav) e simulatori di volo e partecipa ai principali programmi aeronautici europei (Eurofighter, NH-90, EH-101). La seguono altre aziende della galassia Finmeccanica: la Alenia Aeronautica (con il 20,19%, pari a circa 258 milioni di euro), che è la maggiore industria aeronautica italiana con velivoli da combattimento e da trasporto militare come l?Eurofighter/Typhoon, l?Amx, il Tornado. La Oto Melara (con il 9,85%, pari a circa 126 milioni di euro), leader mondiale nel campo delle artiglierie navali di piccolo e medio calibro. Cioè obici, cannoni, lanciatori di missili. Anche se non è possibile incrociare venditori con acquirenti, perché la Relazione su questo preferisce rispettare la “riservatezza commerciale delle aziende”, una cosa è certa. Chi si è aggiudicato questi armamenti, prima o poi li userà.


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