Cultura

Le anime sempre vive del grande Sebald

Narrativa/ Un altro capolavoro mai tradotto dello scrittore, di Maurizio Crippa

di Redazione

Quando si dubita che la grande letteratura sia quella capace di macinare e metabolizzare la realtà, bisognerebbe avere davanti l?esempio di Winfried Sebald. Il grande scrittore austriaco, morto nella piena maturità artistica per un incidente automobilistico nel 2002, era noto per il suo capolavoro, Austerlitz, in cui proprio per dare più forza e più verità alla propria scrittura aveva ?inventato? l?escamotage di accompagnarla con immagini strettamente connesse alla narrazione. La stessa cosa era avvenuto con Storia naturale della distruzione, una ricostruzione storicamente fedele e narrativamente potente dei bombardamenti inglesi su Amburgo del 1944. Ora Adelphi propone quest?altro libro di Sebald, mai tradotto in italiano e scritto nel 1992. Gli emigrati racconta in quattro ?atti? la storia di altrettanti personaggi che hanno intrecciato la loro vita con quella dell?autore o l?hanno anche soltanto sfiorata. Sebald con un lavoro umile si mette a inseguire tracce che sembrano di nessun interesse. Le biografie infatti hanno qualche tocco di epicità, ma non sarebbero degne di un romanzo se su di loro non fosse planata la capacità narrativa di Sebald. Lo scrittore con tenacia si mette invece sulle loro piste, perché alla fine è convinto che in quei frammenti di universo può trovare spezzoni delle verità di se stesso. Della propria natura di anima senza patria.

La sua scrittura è sobria e incisiva come quella di un cronista. L?osservazione dei particolari (e su quanti particolari Sebald si sofferma!) non è mai fine a se stessa, ma occasione per calare in profondità, per toccare un nervo decisivo dell?esistenza dei suoi personaggi. In questo modo loro, che dovrebbero essere ?anime morte? ormai consegnate alla memoria, tornano a essere vive, a vibrare di una presenza che tiene tutti con il fiato sospeso. Hanno un destino noto e risaputo ma ad ogni pagina siamo lì a chiederci che ne sarà di loro, come se in realtà l?ultima parola non sia ancora detta.

Infatti Sebald procede con la sua narrazione come se si trovasse ai confini tra il tempo e l?eterno (lui stesso parla «di una lezione di geografia che ha per confini l?eternità») e non si lascia mai scappare parole che evochino una reazione sentimentale e che potrebbero rendere tutto sentimentale o banale. Quel sottile confine chiede infatti il massimo dell?oggettività, perché sia la realtà a riemergere dalle nebbie del tempo, perché non sia soltanto memoria ma alito di una vita che non ha cessato di essere tale.

Winfried G. Sebald
Gli Emigrati
Adelphi, pp. 254, euro 18

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