Sostenibilità
Le allegre fucilate del Far West Calabria
Tortore, quaglie e colombacci. Ma anche rapaci e altri animali protetti. Persino i ghiri. Ogni specie è nel mirino, che sia cacciabile o meno (di Pino Paolillo).
di Redazione
Le cose che interessano di più i cacciatori calabresi sono le date di apertura e di chiusura della caccia; a tutto il resto, ci pensano loro. Per avere un?idea dell?impatto di decine di migliaia di fucili puntati su tutto ciò che si agita o vola, bisogna recarsi prima dell?alba, in campagna, il giorno dell?apertura. Di solito il primo settembre, in anticipo rispetto alla legge, come gentile omaggio delle varie giunte regionali (di destra o di sinistra, pari sono), alla vasta categoria votante.Difficile pensare che qualcosa possa sopravvivere allo scoppio della guerra, bisogna credere nei miracoli.Ma i cacciatori meridionali, si sa, sono uomini di fede e dopo aver riscaldato le canne contro tortore, quaglie e colombacci, spazzati via i quattro polli travestiti da fagiani, ecco arrivare come una benedizione celeste il passo di allodole, fringuelli & company a cavallo dei Morti, mentre già negli uliveti i richiami con telecomando attirano ignari «marvizzi» (i tordi) e molti si appostano tra lusco e brusco per la proibitissima, si fa per dire, posta alla beccaccia.I divieti ci sono, come in tutta Italia, ma qui in particolare si avverte nei loro confronti una specie di orticaria, danno fastidio solo a leggerli, rappresentano una intollerabile limitazione alla libertà dell?individuo e per questo vengono tranquillamente ignorati.Anche perché i controlli non solo sono praticamente inesistenti (come se sulle strade ci fosse un autovelox ogni mille km), ma anche irrealizzabili, considerato che per sorvegliare monti, boschi e piane della regione, dall?alba al tramonto (e oltre) ci vorrebbe l?esercito degli Usa.Specie protette? E come si fa a capire se una specie è protetta se prima non le si spara e si vede cos?è? Mica si possono riconoscere tutti gli uccelli, e poi in volo… Guai però a dire che sono stati i cacciatori a sparare alle centinaia di poiane, gheppi e quant?altro che, puntualmente, dall?apertura, finiscono nei centri di recupero: quelli sono «bracconieri» perché gli altri, i veri cacciatori, fino a prova contraria, la legge la rispettano.A cominciare dai «limiti di carniere» che consentono loro di accoppare qualcosa come 25 migratori al giorno, per cinque mesi all?anno, scorrazzando nei terreni degli altri. Nel pieno rispetto della natura, s?intende.Eppure, a sentirli, si sentono «penalizzati» da tutto: dalle aree protette che, secondo loro, coprirebbero mezza Calabria (in realtà siamo appena al 20%), fino ai cosiddetti Ambiti territoriali di caccia, quegli angusti territori in cui possono sparare, grandi appena quanto mezza provincia e voluti dalla legge per «legare il cacciatore al territorio». Ma per non sentirsi troppo «legati» ad appena 200mila ettari, si concedono lo stesso visite di cortesia ai migratori di tutta la regione, in compagnia di toscani, bergamaschi e vicentini che, in nome del turismo venatorio, si portano a casa bagagliai pieni di uccelletti da gustare con la polenta.Questione di gusti, ma di certo i ghiri, proprio come gli antichi romani insegnano, il loro saporino ce l?avranno di certo; non si spiegherebbe altrimenti la passione notturna con cui in tanti si dedicano alla caccia, naturalmente vietata, del grasso roditore prima che cada nel proverbiale letargo.Per non parlare di tutti quelli che sono rimasti orfani della caccia primaverile, quando si attendevano con trepidante attesa le quaglie e le tortore al loro arrivo dall?Africa, per dargli il benvenuto secondo la proverbiale ospitalità calabrese. Ma c?è chi, in nome della tradizione non si è dato per vinto e, da allora, continua a salutare a suon di schioppettate l?arrivo dei falchi pecchiaioli, il mitico «adorno», ritenendo ingiusto che sullo Stretto ci si debba limitare a guardarli, quando poi, giunti in Germania, gli fregano le uova «per farci i cosmetici». Tanto vale risparmiargli questo inutile e dispendioso viaggio. Per fortuna sono sempre di meno quelli che, a primavera, occupano i «passi», altane o rudimentali bunker per sparare agli adorni (e a tutto il resto). Da un po? di tempo, oltre a quei rompiballe degli ambientalisti, ci sono gli elicotteri della Forestale che girano, specie dopo che ad un agente gli hanno sparato in gola, ma ogni anno è una battaglia e guai ad abbassare la guardia. Qualcuno, gli irriducibili, preferisce tirare al falco dal terrazzo di casa: è più comodo e si sta in famiglia. L?unico fastidio è che poi bisogna scendere in strada per recuperarlo.
Pino Paolillo
WWF- programma ERC Mediterraneo
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