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Le adozioni internazionali calano in tutto il mondo, ma in Italia…

Secondo i dati presentati nella due giorni milanese di lavoro “EurAdopt 2018” nel mondo le adozioni subiscono cali dal 76% degli Usa fino addirittura al 90% della Spagna. In Italia le adozioni internazionali sono scese del 55% fra il 2010 e il 2016, mantenendo tuttavia la seconda posizione al mondo per accoglienze

di Redazione

Le adozioni internazionali sono in continuo calo, così come la disponibilità di accoglienza delle famiglie ma nel mondo i bambini in situazione di abbandono sono moltissimi. Le cause di questo periodo difficile che l’istituto dell’adozione internazionale sta attraversando sono diverse e articolate:

  • la mancanza di un supporto sia di tipo economico che psicosociale alle famiglie;
  • la sempre maggiore complessità dei problemi psico-fisici, per traumi o malattie, di una ampia parte dei bambini adottabili (i cosiddetti bambini “special needs”);
  • i tempi lunghi e gli alti costi della pratica di adozione e la debole collaborazione con i Paesi di origine dei bambini.

A queste motivazioni se ne aggiunge una di forte attualità: la preoccupazione per la possibilità di pratiche illecite e per il clima di sospetto suscitato dai recenti scandali relativi a presunte adozioni illegali che avrebbero coinvolto anche l’Italia. Un velo d’ombra che è calato sulla trasparenza e sulla correttezza di un intervento di protezione dell’infanzia che oggi si interroga sulla sua efficacia, alla luce delle trasformazioni sociali in corso e dei numeri in forte decrescita.

Sono queste le principali criticità emerse nella due giorni di lavoro EurAdopt 2018, la Conferenza Internazionale promossa dall’omonimo network fondato a L’Aja nel 1993 e composto oggi da 26 enti che si occupano di adozioni internazionali. Organizzata in Italia, a Milano, dopo dieci anni grazie al contributo di CIAI – Centro Italiano Aiuti all'Infanzia, ente del Terzo Settore autorizzato per le adozioni internazionali che da 50 anni si occupa dei bambini soli e abbandonati in diversi Paesi del mondo – la “Conferenza EurAdopt 2018” ha chiamato al confronto sul tema 16 relatori provenienti da 8 Paesi (Italia, Svizzera, Bulgaria, Burkina Faso, Olanda, Gran Bretagna, Stati Uniti d’America, India) per un totale di 280 partecipanti da 25 Paesi.

La situazione nel mondo

I dati mondiali aggiornati al 2016, divulgati in anteprima durante la Conferenza dal Prof. Peter Selman (Docente alla Scuola di Geografia, Politica e Sociologia dell'Università di Newcastle, Regno Unito, e Direttore di Intercountry Adoption: Development, trends and perspective), attestano un progressivo e considerevole calo delle adozioni internazionali finalizzate in tutto il mondo.

Questi i dati 2016 relativi ai principali Paesi di accoglienza:

  • negli USA sono stati adottati 5.372 bambini; in 12 anni il dato è calato di oltre il 76% (nel 2004, anno in cui negli USA si è realizzato il maggior numero di adozioni internazionali, erano 22.989)
  • Anche in Francia la percentuale negativa supera il 76%, tanto che dalle 4.079 adozioni del 2004 si è passati alle 956 del 2016
  • in Spagna il calo è stato addirittura maggiore, quasi del 90%, se si considera il primato spagnolo del 2004 quando erano stati ben 5.541 i bambini oggetto di adozione internazionale in confronto ai 567 del 2016.

L’Italia secondo paese di accoglienza al mondo

In Italia le adozioni internazionali sono invece progressivamente aumentate fino al 2010, anno in cui sono stati adottati 4.130 bambini, per subire poi un calo costante fino al 2016 con soli 1.872 bambini adottati (pari a una decrescita del 55%) fino al dato più basso registrato nel 2017: 1.439 pratiche a buon fine (dati CAI, la Commissione italiana per le Adozioni Internazionali). La Commissione quest'anno ha scelto di pubblicare mensilmente i dati statistici: nel primo trimestre del 2018 sono stati autorizzati all’ingresso in Italia, con adozione internazionale, 273 bambini. 118 di essi vengono dall’Europa, 70 dall’Asia, 60 dall’America, 25 dall’Africa. 181 di essi, il 66%, ha uno special needs. Mese per mese, i numeri sono in crescita: il report mensile della Commissione Adozioni Internazionali conta 114 minori adottati a marzo da 88 coppie (1,3 minori in media per coppia), dopo i 67 bambini adottati nel mese di gennaio da 59 coppie e i 92 minori entrati a febbraio, accolti da 77 coppie. Da alcuni anni l’Italia si attesta come secondo Paese di accoglienza al mondo, dopo gli Stati Uniti e prima di Spagna, Francia e Canada, a dimostrazione che il sistema italiano delle adozioni internazionali, nonostante le criticità, funziona e che le famiglie italiane rappresentano una valida risposta all’accoglienza dei bambini in stato di abbandono.

«Sono dati molto significativi che implicano un’analisi più dettagliata per comprenderne motivazioni e trend futuri», dichiara Paola Crestani, presidente di CIAI. «La lettura non si esaurisce certo né in chiave positiva, è diminuito il numero dei bambini che hanno bisogno di trovare una famiglia all’estero, né negativa, le famiglie non si rendono più disponibili all’accoglienza in adozione. Oggi tutti gli esperti convengono su quello che definiscono un fenomeno certamente complesso: fattori culturali, sociali, scientifici, economici, religiosi e politici hanno mutato progressivamente la realtà dell’adozione internazionale in tutti questi anni, ridimensionando di fatto il fenomeno. Talvolta, però, il sistema si inceppa a causa di episodi illegali: per questo è indispensabile che ciascuno degli attori coinvolti nel processo adottivo metta in atto le misure necessarie, per ciò che gli compete, a garantire che ogni singola adozione sia fatta nel superiore interesse del minore e nel rispetto dei suoi diritti».

Il primato della Lombardia

Guardando ai dati relativi alle adozioni nel nostro Paese va segnalato che negli ultimi due anni (2016 e 2017) il maggior numero di famiglie adottive si trova in Lombardia, circa il 16% del totale italiano. Una delle ragioni può essere individuata nel fatto che proprio in questa Regione sono nati i primi enti autorizzati per l’adozione internazionale, ancora prima che la legge sancisse obbligatoriamente il loro ruolo con la ratifica della Convenzione de L’Aja del 1993. Attualmente la Lombardia con 29 sedi di enti che vi operano è seconda solo al Lazio, dove se ne contano 31.

Gli scenari del futuro

Le prospettive non sono positive: le famiglie italiane infatti si stanno allontanando sempre di più dal progetto adottivo e gli enti autorizzati fanno fatica a trovare una famiglia ai tanti bambini adottabili segnalati dall’estero.

Nei due giorni intensi e ricchi di confronti e proposte i membri delle organizzazioni accreditate ad “EuroAdopt 2018” – come ISS e UNICEF, operatori del settore, accademici, psicologi, avvocati – sono giunti alla conclusione che l’adozione può ancora rappresentare una risposta che tutela il superiore interesse del bambino, a patto che vengano poste in essere alcune azioni. Innanzitutto una maggiore preparazione delle coppie aspiranti all’adozione, a fronte di bambini con storie più complesse. Altrettanto importante è che le coppie vengano seguite anche dopo l’adozione e che vi sia, in generale, una gestione professionale dell’adozione. Infine, gli addetti ai lavori considerano auspicabile il sostegno economico alle famiglie adottive da parte dei Governi.

«La XII Conferenza di EurAdopt ha raggiunto i suoi obiettivi», dichiara Angelo Moretto, presidente di EurAdopt. «Insieme abbiamo valutato le statistiche, discusso le ipotesi di cambiamento, cercato di comprendere come essere d’aiuto ai bambini che hanno bisogno di una famiglia, analizzato l’esito delle adozioni, identificato il migliore supporto da dare ai bambini adottati e ai loro genitori, valutato l’importanza della tematica delle origini. Ma soprattutto, abbiamo condiviso esperienze e fatto rete. Questo è ciò che serve all’adozione del futuro».

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