Famiglia

Le adozioni frenate dall’adozione aperta e dalla ricerca delle origini?

Vi proponiamo un passaggio dell'ultima edizione della newsletter Dire, fare, baciare del 28 gennaio. Un padre ha scritto all'autrice Sara De Carli introducendo alcune riflessioni che smuovono il senso stesso di diventare genitori adottivi

di Sara De Carli

A proposito del crollo della disponibilità ad adottare di cui parlavo settimana scorsa sulla scia del faro acceso da Ferruccio De Bortoli (qui invece il pezzo in cui Daniela Russo spiega perché alle adozioni il Ciai crede ancora), mi scrive il signor Luigi, genitore adottivo.

Introduce un altro elemento. «Tra ricerca delle origini, adozioni miti, aperte, i social che facilitano il riavvicinamento alle famiglie d’origine anche di minorenni, mi chiedo e vi chiedo se con l’adozione legittimante oggi siamo ancora “genitori veri” e quale considerazione si ha di noi.

Credo si debba dare attenzione al ruolo delle famiglie adottive, persone che volontariamente, consapevolmente e con buone intenzioni si mettono in gioco per la vita. La ricerca delle proprie origini o il riavvicinamento alla famiglia biologica sono esigenze ben comprensibili, ma serve fare chiarezza su come si gestiscono queste nuove situazioni. Lo dico perché ho constatato personalmente che più il caso è difficile, più si è lasciati soli. La trasparenza su questo tema aiuterà l’adozione, perché chi consapevolmente decide di adottare non si fa certo spaventare dalle difficoltà: si scoraggerà invece di fronte alla poca coerenza tra ciò che viene raccontato e la realtà vissuta». 

Che ne pensate? A un anno e mezzo dalla sentenza 183/2023 della Corte costituzionale che nel luglio 2023 ha riconosciuto l’adozione aperta, proverò a fare il punto su che cosa è successo, davvero, sul campo: se vi va, raccontateci le vostre storie.

Leggi la versione integrale di Dire, fare, baciare del 28 gennaio.

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