Non profit

Le 30 ore di Lorella non finiscono mai

Si è guadagnata una credibilità straordinaria. Ha permesso la realizzazione di più di 600 progetti. "L’associazione è in piena attività. Anche senza la tv".

di Benedetta Verrini

L?appuntamento era a Bergamo, il 28 febbraio, alle 10.30. è arrivata puntualissima, insieme al fratello e alla sua primogenita, Sara. Nelle sei ore successive, insieme alla presidente di Trenta ore per la vita, Rita Tedesco, ha visitato sei diversi progetti di solidarietà beneficiari dei fondi dell?associazione. Niente pranzo. Mai un cedimento nel sorriso. Ha salutato familiarmente tutti i responsabili delle associazioni (ma come farà a ricordarseli tutti??), informandosi sulle loro attività. Ha presenziato all?inaugurazione del poliambulatorio pediatrico degli Ospedali Riuniti della città, ma poi si è subito sottratta ai fotografi ed è sgattaiolata nel reparto di pediatria, a chiacchierare con le mamme, fare autografi, scherzare con i bambini. Questa è Lorella Cuccarini in una giornata di “missione” organizzata da Trenta ore per la vita. L?associazione, di cui l?artista è socia fondatrice, sta vivendo una fase di intenso lavoro, dopo essere rimasta orfana del mezzo televisivo. Nel settembre scorso, infatti, le Reti Mediaset non hanno concesso gli spazi per la nona edizione. “Questa difficoltà ci ha permesso di percepire ancora di più la grandezza dell?associazione”, riflette la Cuccarini. “L?evento tv è solo la punta di diamante di un lavoro che viene svolto tutto l?anno”. Vita: Ecco, appunto. Come è nata Trenta ore per la vita? Lorella Cuccarini: Da un gruppo di amici accomunati da una condivisione di valori che andava ben oltre il rapporto professionale. Avevamo l?esigenza di fare qualcosa di diverso e di grande, ed eravamo più o meno tutti operatori nell?ambito della comunicazione. Così è nata la sfida di Trenta ore per la vita: un vero salto nel buio, perché siamo partiti solo con il nostro entusiasmo e la nostra professionalità, ma è andata bene. In questi anni, forse grazie ai criteri posti alla base della raccolta fondi, il pubblico ci ha dimostrato il suo consenso e la sua fiducia. Vita: Come siete arrivati a questi criteri? Cuccarini: Prima di tutto, ci siamo chiesti quali garanzie avremmo desiderato avere se fossimo stati i donatori. E di lì sono nati tutti i pilastri che rappresentano la forza di Trenta ore: raccogliere fondi per progetti precisi, presentare preventivamente i progetti, rendicontare al pubblico dopo la raccolta per far vedere ciò che è stato realizzato. Abbiamo inaugurato un modo nuovo di fare la cosiddetta beneficenza, ispirato a regole di trasparenza che vigono in Paesi come l?Inghilterra. Vita: E perché la scelta del campo sanitario-assistenziale? Cuccarini: Perché si tratta di un ambito in cui la trasparenza è molto percepita dal pubblico. E se ne possono toccare con mano, in tempi brevi, i risultati. Se si fa raccolta fondi solo per la ricerca, ad esempio, la percezione dei risultati è più difficile, perché sono più lontani nel tempo. Per questo abbiamo deciso di rispondere a bisogni più impellenti, optando, per il 70% dei fondi a disposizione, per il campo dell?assistenza. In tanti anni abbiamo realizzato più di 600 progetti: dall?acquisizione di macchinari fino alla costruzione di nuovi centri e reparti ospedalieri. Vita: C?è un progetto che ricorda di più? Cuccarini: Mi ha emozionata moltissimo il nuovo reparto pediatrico ematologico degli ospedali di Pisa e S. Chiara, perché quando l?abbiamo visitato era praticamente pronto per accogliere bambini. Si tratta di presidi ospedalieri molto importanti, non solo perché rispondono ai bisogni di tutta la regione e oltre, ma anche perché accolgono molti bambini provenienti dall?Est Europa, che hanno molti problemi da questo punto di vista. Toglie il fiato sapere che hai contribuito a creare una cosa così preziosa, e che è stato possibile attraverso un programma tv. Vita: è amareggiata al pensiero che in tivù non c?è stato spazio per l?evento? Cuccarini: Beh, dire che siamo stati felici della scelta sarebbe proprio la bugia più grande del secolo! In qualsiasi caso, non posso non ringraziare le Reti Mediaset per tutto lo spazio che abbiamo avuto negli anni passati. Mi rendo conto che una trasmissione di questo tipo non può essere al primo posto nella mission di una televisione privata. Resto convinta, però, che per il periodo in cui Trenta ore è andata in onda sia stata davvero una perla all?interno del palinsesto. è stata la dimostrazione che anche una tv commerciale poteva aprire una finestra vincente sul sociale. Vita: E adesso? Cuccarini: L?associazione non si ferma, continua a fare raccolta fondi attraverso altri canali, come il mailing e le manifestazioni sul territorio. Cerchiamo di realizzare i progetti, forse con un po? più di tempo a disposizione, in attesa di avere di nuovo uno spazio tv. Confido sul fatto che questo possa di nuovo realizzarsi. Vita: Come racconta questo impegno ai suoi bambini? Cuccarini: Credo sia importantissimo renderli partecipi. Infatti, Sara (che alla prima edizione di Trenta ore aveva un mese, ndr) viene spesso con me. Desidero che i miei figli, che vivono in una famiglia assolutamente fortunata, si rendano conto che la vita non è sempre così. Vita: E lei, scusi, come si divide tra mondo dello spettacolo e solidarietà? Cuccarini: Per me questo coinvolgimento è una ragion d?essere. Mi fa sentire parte di una comunità. Una comunità allargata, in cui puoi conoscere tutto ciò che succede. La globalizzazione si può vivere solo così, con la lente della solidarietà. Info: Per approfondire il tema e conoscere le attività dell’associazione Trenta Ore per la Vita

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