Ricerche

Lazio, Terzo settore senza manager

Un'indagine del Centro Studi sul Management e il Lavoro - Cesmal in collaborazione con il Centro Servizi per il Volontariato - Csv del Lazio: «Solo il 6% degli Ets coinvolti ha una persona con contratto di dirigente»

di Ilaria Dioguardi

Il Terzo settore ha vissuto negli ultimi anni una fase di sviluppo intenso, non sempre accompagnato a un’adeguata organizzazione dei processi e a una managerializzazione dei profili coinvolti. In particolare, il tema delle competenze del management appare centrale a fronte della crescente competitività e complessità dei mercati nei quali le strutture non profit si trovano a operare. L’indagine Il management nel Terzo settore, presentata presso la sede regionale del Csv Lazio, è stata realizzata dal Centro Studi sul Management e il Lavoro, Cesmal in collaborazione con il Centro Servizi per il Volontariato, Csv del Lazio; è stata condotta tra maggio e giugno 2023 mediante somministrazione di un questionario anonimo online a un campione di 300 rappresentanti di altrettanti enti di Terzo settore (Ets), individuati grazie alla collaborazione con il Csv Lazio. Alla revisione degli item di domanda ha contribuito il Centro Studi Ricerca e Documentazione presso Csv Lazio. «È la prima ricerca così organica che si concentra a indagare questi aspetti: se ci sono e chi sono i manager degli Ets, cosa impedisce agli Ets di ricorrere a competenze manageriali. Inoltre, guardando al futuro, indaga quale contributo possono dare i manager a una gestione che punti sull’efficienza, a raggiungere degli obiettivi associativi, vogliamo cercare di capire se la managerialità può essere un volano per superare il “nanismo” a cui molti Ets sono costretti in questo periodo», dice Antonio Votino, presidente Cesmal.

Cristina De Luca, presidente Csv Lazio, e Antonio Votino, presidente Cesmal

«Dall’indagine emerge, da una parte, la fragilità del Terzo settore. Il 78% degli intervistati ha affermato di avere meno di 20 volontari, quindi c’è sicuramente un problema di dimensioni da parte degli Ets, almeno nel Lazio. Il 43% ha un bilancio inferiore a 10mila euro, non ha nessun dipendente per il 77%. Solo il 6% degli Ets coinvolti nella ricerca ha una persona con contratto di dirigente», ha continuato Votino. Il 54% del campione non ha mai valutato, potendo farlo, di utilizzare figure manageriali per il raggiungimento dei propri obiettivi. «Dall’altra parte, i punti di forza sono dati da uno zoccolo duro molto ampio di Ets che ha più di 30 soci (36%), il 75% delle associazioni intervistate svolge attività formative per i dipendenti e i volontari. Si registra anche una qualità di costruzione dei progetti di formazione ai dipendenti. L’80% fa una valutazione delle performance finanziarie, con una profonda attenzione del valore sociale degli Ets. Quasi l’85% considera il marketing e la comunicazione come elementi molto importanti, se non fondamentali per la buona riuscita».
Dalla ricerca emerge che la necessità di essere trasparenti è un requisito fondamentale per il 64% degli Ets intervistati. Tra i fattori cruciali che influenzano la reputazione e la credibilità delle organizzazioni non profit, per il 45% è la competenza negli Ets, per il 43% il coinvolgimento dei membri, per il 39% la sostenibilità. Il 56% degli intervistati pensa che una gestione manageriale dell’Ets o associazione di cui fa parte possa garantire una buona gestione operativa e funzionale dell’organizzazione.

I manager possono fare da “ponte” tra la cultura profit, che non piace agli Ets, e un concetto di sostenibilità che è proprio del management

Antonio Votino, presidente Cesmal

«Il Terzo settore si trova, da un alto, ad affrontare una crescente domanda di servizi, che compensano spesso una mancanza dello Stato in alcuni settori fondamentali, per esempio nell’assistenza ai disabili e agli anziani, nell’inserimento del mondo del lavoro. Dall’altro, anche con le nuove tendenze normative, deve far fronte a un’organizzazione che deve essere sempre più efficace ed efficiente», ha proseguito il presidente Cesmal. «Un elemento di criticità di cui soffre il non profit è la sostenibilità economica. Su tutto c’è il problema del rapporto con il profit, che è molto importante. Secondo me i manager possono fare da “ponte” tra la cultura profit, che non piace agli Ets, e un concetto di sostenibilità che è proprio del management, cioè l’intervento che il manager deve avere nelle imprese per favorire gli obiettivi di sostenibilità. Il nostro obiettivo è quello di avere un monitoraggio continuo, confidiamo di ripetere quest’indagine anche nei prossimi anni».

Attraverso l’osmosi tra competenze diverse possiamo realizzare percorsi che aiutino profit e non profit, nel rispetto della storia di ognuno, a condividere una strada che permetta di rendere il nostro paese più capace di far fronte alle sfide che ci attendono

Cristina De Luca, presidente Csv Lazio

«Siamo felici di collaborare con Cesmal sul tema dell’incontro di oggi: la managerialità nel terzo settore e il rapporto tra mondo profit e mondo non profit sono alcune delle questioni centrali su cui si focalizza la riflessione e l’attività del Csv Lazio dei prossimi anni», ha detto Cristina De Luca, presidente Csv Lazio. «Lo scenario entro il quale il Terzo settore si trova ad operare e con il quale deve confrontarsi nella sua azione è cambiato: mondo profit e mondo non profit si sono avvicinati, per una serie di ragioni diverse, a partire dalla necessità di concorrere a costruire un futuro più sostenibile, da un lato, e di migliorare la capacità di misurazione d’impatto delle proprie azioni, dall’altro. Ben venga allora la riflessione che da questa ricerca può prendere il via: le competenze e le sensibilità storiche che caratterizzano e definiscono questi due mondi possono unirsi per costruire qualcosa di nuovo e più importante per il futuro delle nostre comunità. Attraverso l’osmosi tra competenze diverse possiamo realizzare percorsi che aiutino profit e non profit, nel rispetto della storia di ognuno, a condividere una strada che permetta di rendere il nostro paese più capace di far fronte alle sfide che ci attendono».

Come si concilia la presenza di manager, che sono la massima espressione di un profit competitivo e un Terzo settore che cerca di affermare valori in un contesto dove la sopravvivenza economica è ormai una continua ricerca di finanziamenti? «La risposta è il “bene relazionale”», si legge nella ricerca. «Questo del bene relazionale è proprio ciò che unisce la managerialità al Terzo Settore. La leadership propria dei manager si fonda su modelli di riferimento, articolati su differenti e schematici approcci e stili, essenzialmente in funzione della gestione e sviluppo dei collaboratori. Tutti questi modelli possono essere applicati alla gestione delle organizzazioni no profit proprio riguardo alla non negoziabilità del sistema di valori e alla rilevanza peculiare delle relazioni umane».

Immagine di apertura Mohamed_hassan per Pixabay.


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