Welfare

Lavoro. Sindacati: “Bene Nike ma ora basta”

Sfruttamento del lavoro minorile, violazione delle norme contrattuale, disprezzo dei diritti dei lavoratori, la denuncia dei sindacati dopo il caso Nike

di Ettore Colombo

Sfruttamento del lavoro minorile, violazione delle norme contrattuali, disprezzo di alcuni dei diritti fondamentali dei lavoratori: questa, per i sindacati, continua a essere la realta’ di molte fabbriche all’estero che producono per multinazionali e aziende italiane. Grave e’ il ritardo nella costituzione del previsto Osservatorio al ministero delle Attivita’ Produttive, prevista dal 2001. E i settori piu’ a rischio – denunciano Cgil, Cisl e Uil – restano il tessile e i nuovi servizi, vedi le telecomunicazioni. Il rinnovato allarme arriva il giorno dopo la svolta della Nike, piu’ volte nell’occhio del ciclone, che per la prima volta ha reso nota la lista tutti i suoi siti produttivi nel mondo, ammettendo in molti casi l’esistenza di condizioni di lavoro al di fuori di ogni regola. ”Il cambiamento di rotta della Nike potrebbe essere il primo positivo passo verso un diverso riconoscimento del valore delle risorse umane”, afferma la segretaria confederale della Uil, Nirvana Nisi, che auspica la diffusione della pratica dei bilanci sociali per porre fine ”alle azioni di quotidiana discriminazione e violazione dei piu’ elementari diritti della persona”. Anche per Carla Cantone, della Cgil, ”quello della Nike, pur se arrivato con grande ritardo, e’ un segnale. Ma bisogna fare molto di piu”’. La segretaria confederale della Cgil invita infatti a colmare i ritardi e ad agire su due fronti: ”Da un lato – spiega – bisogna insistere perche’ ogni azienda adotti dei codici etici di comportamento, dall’altra mettere in piedi efficaci strumenti di controllo, per verificare se le imprese multinazionali e quelle che delocalizzano seguono effettivamente norme di comportamento idonee”. Sul fronte dei codici di condotta i sindacati sono molto attivi, e attraverso la contrattazione li hanno ‘imposti’ in molte aziende: ”Ma si tratta ancora di una pratica volontaria”, spiega Giorgio Santini, segretario confederale della Cisl, ricordando l’intesa raggiunta con la Benetton ”dopo il caso dello sfruttamento di lavoro minorile negli stabilimenti in Turchia”. Santini, pero’, denuncia soprattutto i ritardi con cui ci muove nell’altra direzione, quella dei controlli: ”E’ dal 2001 che e’ prevista la costituzione di un Osservatorio al ministero delle Attivita’ produttive con la partecipazione delle parti sociali – spiega – cosi’ come e’ previsto in ogni Paese su direttiva dell’Ocse. Un Osservatorio che dovrebbe avere il compito di vigilare sulle aziende italiane che vanno a produrre all’estero. Purtroppo, dopo oltre tre anni, questo strumento non e’ ancora operativo”. Non che il comportamento delle aziende italiane sia peggiore di quelle di altri Paesi: ”Anche perche’ – sottolinea Santini – nel nostro Paese le multinazionali e le realta’ che delocalizzano all’estero sono di meno. Ma e’ chiaro – aggiunge – che la guardia va tenuta alta, perche’ quando si presenta l’occasione anche le aziende italiane peccano”. E non solo quelle che vanno all’estero. Da tempo, per esempio, Cgil, Cisl e Uil denunciano con forza le condizioni di lavoro nei call center delle varie aziende telefoniche. ”Troppi di questi centri che oggi operano in Italia – spiega il segretario generale della Slc Cgil, Emilio Miceli – non rispettano i contratti. Alcuni lavorano in nero. Altri scambiano vere e proprie mance per salari. Per questo, serve a poco dotarsi di codici etici nelle imprese se poi queste vengono inquinate da comportamenti discutibili di imprese a loro collegate”. Miceli chiede quindi che ”anche le aziende telefoniche, cosi’ come ha fatto la Nike, rendano noti gli elenchi dei loro fornitori e dei loro appaltatori, per permettere controlli sul rispetto dei diritti dei lavoratori”.

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