Inclusione lavorativa

Lavoro per chi è in carcere, «Un raggio di sole»

L'associazione Seconda chance mette in contatto le aziende con le persone detenute nei penitenziari d'Italia, creando per queste ultime opportunità di trovare un impiego. Da ora c'è anche una collaborazione con la realtà di recruiting Hunters group, grazie alla quale è già stato organizzato un career day a Bollate

di Veronica Rossi

Una persona che lavora con una spatola su un muro bianco, facendo un'attività di tinteggiatura

Seconda chance è un ente del Terzo settore nato da appena un anno. Eppure ha già aiutato 190 detenuti a trovare un lavoro. L’attività dell’associazione consiste nel creare un ponte tra gli istituti penitenziari e le aziende del territorio in cui sono inseriti, fornendo opportunità di impiego per le persone in articolo 21. Ammesse, cioè, al lavoro, grazie alla legge Smuraglia, che consente anche delle agevolazioni per chi assume detenuti. Anima del progetto è la presidente, la giornalista Flavia Filippi, che ha dato avvio al suo impegno in questo settore ben prima che nascesse il sodalizio. «Mi occupo di cronaca giudiziaria e ho sempre pensato che in carcere ci sia tanta gente che non è criminale», racconta. «Ci sono tante persone superficiali, ignoranti, nel senso che non hanno avuto la possibilità di erudirsi, disperata, con delle storie tragiche alle spalle, travolti dalle circostanze. Facendo il mio lavoro, ho conosciuto tanta di questa gente, che è finita in questa situazione per mille motivi, che non sono quelli della delinquenza».

Primissimo piano di Flavia Filippi
Flavia Filippi

Ed è così che Filippi, prima da sola, poi assieme ad alcuni volontari – oggi sono quattro a Roma e altri sette, circa, sparsi in altre regione – ha iniziato a tessere rapporti con gli imprenditori del territorio, in modo da portarli nelle carceri a cercare parte della manodopera di cui hanno bisogno. Si tratta di un lavoro impegnativo, che implica una minuziosa organizzazione e un rapporto costante con il personale degli istituti penitenziari. Per molto tempo, l’attività di Seconda chance è stata svolta con fondi propri; ora, tuttavia, il sodalizio si sta facendo conoscere, grazie ai suoi risultati, in tutta Italia. «Nel carcere di Civitavecchia stiamo facendo un bel lavoro», racconta la presidente, «coi fondi che ci sono arrivati, per cui dobbiamo ringraziare Roberto Serafini di 3Epc (Operating Company del Gruppo Officina Verdi per la realizzazione di interventi di riqualificazione energetica nella Grande Distribuzione Organizzata, ndr), Ivano Iacomelli di Conad Nord-ovest e la Cassa di risparmio di Civitavecchia». L’organizzazione, ora, ha anche un protocollo d’intesa con il ministero della Giustizia.

I detenuti ci dicono che siamo un raggio di luce, in situazioni in cui non hanno avuto altre possibilità

Flavia Filippi

Marta Arcoria e Joelle Gallesi, in piedi, una accanto all'altra. Dietro, c'è il cancello del carcere
Joelle Gallesi e Marta Arcoria, (Hr manager di Hunters Group), foto dell’ufficio stampa

Da poco l’ente ha avviato una collaborazione con l’azienda di recruiting di personale qualificato Hunters group, il cui primo esito è stato un career day nel carcere di Bollate. «La giornata è stata aperta da un’ora di formazione ai detenuti rispetto alla possibilità di esporre in pochi minuti il loro profilo professionale», spiega Joelle Gallesi, managing director di Hunters group. «Tra le dieci persone coinvolte ce n’erano con diverse competenze sviluppate fuori ma anche dentro al penitenziario, con esperienza dai cinque ai 20 anni; gli abbiamo consigliato di parlare anche del loro percorso formativo: uno, per esempio, aveva una laurea in filosofia, un altro ne stava conseguendo una in economia». In seguito, c’è stato l’incontro dei dieci detenuti coinvolti con le aziende; una era il gruppo Selini, colosso della movimentazione logistica industriale, l’altra era una grande impresa che preferisce rimanere anonima. In più, Hunters group ha essa stessa selezionato dei candidati, come portavoce delle altre realtà che a lei si rivolgono per trovare personale qualificato. «C’è stato un momento in cui ogni azienda ha avuto dieci minuti per presentarsi», continua Gallesi, «poi ciascuna persona detenuta ha parlato di sé in tre minuti, più il tempo per le domande».

Alla fine della mattinata, sei profili su dieci sono risultati interessanti per una o più aziende. Per chi è privato della libertà, avere queste occasioni è importantissimo: non solo riempie le giornate, ma restituisce la dignità di poter provvedere alla propria famiglia, fuori dal carcere. «I detenuti ci scrivono da tutta Italia, ci dicono che gli portiamo speranza», conclude Filippi. «Ci dicono che siamo un raggio di sole, in situazioni in cui non hanno avuto altre possibilità».

In copertina, persona detenuta al lavoro grazie a Seconda chance, foto concessa da Flavia Filippi

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