Mondo

Lavoro nei campi: crescono gli stranieri

A fronte dei dati che registrano un più 3% di lavoratori stranieri in agricoltura, secondo Coldiretti molti distretti di eccellenza del made in Italy possono sopravvivere proprio grazie al lavoro degli immigrati

di Antonietta Nembri

L’agricoltura italiana parla sempre più straniero. E non perché grandi marchi dell’agroalimentare sono controllati da società non italiane, ma perché il numero dei lavoratori stranieri, nonostante la crisi, aumenta. Il dato emerge da un’analisi della Coldiretti che ha collaborato alla realizzazione del Dossier statistico immigrazione, presentato ufficialmente ieri. Coldiretti sottolinea che: «Sono 320mila gli immigrati, provenienti da ben 168 diverse nazioni, che hanno trovato regolarmente lavoro in agricoltura nel 2012, con un aumento del 3% rispetto all’anno precedente». Dato che fa dire che l’apporto del lavoro straniero diventa sempre più determinante in agricoltura, rappresentando il il 25% del totale delle giornate di lavoro dichiarate dalle aziende, che risultano di poco sotto quota 25,6 milioni, con una leggera riduzione rispetto all’anno precedente.

I lavoratori immigrati impegnati in agricoltura – precisa la Coldiretti – hanno un’età media di 35 anni e mezzo e per ben il 72% sono uomini. I primi 12 Paesi di provenienza rappresentano l’87,2 per cento del totale dei lavoratori stranieri (Romania 117.240, India 27.789, Marocco 26.220, Albania 24.624, Polonia 20.423, Bulgaria 15.100, Tunisia 12.445, Slovacchia 9.893, Macedonia 9.235, Senegal 5.738, Moldavia 5.478, Ucraina 4.722).
A livello provinciale le prime 15 province per numero di lavoratori stranieri assorbono il 50,6 per cento della totalità degli stranieri operanti in agricoltura (Foggia 6,4%, Bolzano 5,7%, Verona 5,3%, Trento 4,2%, Latina 4,0%, Ragusa 4,0%, Cuneo 3,3%, Cosenza 2,8%, Salerno 2,7%, Ravenna 2,6%, Reggio Calabria 2,2%, Forlì-Cesena 2,0%, Matera 1,9%, Brescia 1,8%, Ferrara 1,8%).
A ben guardare in queste cifre sono presenti veri e propri distretti produttivi di eccellenza del Made in Italy che – sottolinea Coldiretti in una nota – possono sopravvivere solo grazie al lavoro degli immigrati, dalle stalle del nord dove si munge il latte per il Parmigiano Reggiano alla raccolta delle mele della Val di Non, dal pomodoro del meridione alle grandi uve del Piemonte.

Secondo la Coldiretti i lavoratori stranieri contribuiscono in modo strutturale e determinante all'economia agricola del Paese e rappresentano una componente indispensabile per garantire i primati del Made in Italy alimentare nel mondo su un territorio dove, viene sottolineato «va assicurata la legalità per combattere inquietanti fenomeni malavitosi che umiliano gli uomini e il proprio lavoro e gettano un’ombra su un settore che ha scelto con decisione la strada dell'attenzione alla sicurezza alimentare e ambientale».
 


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